Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Una stima della perdita di valore aggiunto provinciale dovuta al Covid-19: un’analisi spazio-temporale

Print Friendly, PDF & Email

di: Barbara Martini

EyesReg, Vol.10, N.3, Maggio 2020

Il Covid-19 è un virus estremamente contagioso, ed in alcuni casi letale, per il quale non esiste ancora un vaccino. La migliore soluzione, attualmente disponibile, per controllare il numero di contagi è rappresentata dal cosiddetto “distanziamento sociale”. I dati forniti dal Ministero della Salute e riportati nella Figura 1 evidenziano una grande differenza in termini di percentuale di contagi sul totale della popolazione, che varia non solo tra le diverse regioni ma anche tra province della stessa regione.

Figura 1: Percentuale di contagiati sulla popolazione a livello provinciale

Fonte: Ministero della salute, dati aggiornati al 7 maggio 2020

Nell’ambito della Lombardia, ad esempio, la percentuale minima di contagi si ha a Varese (0.345%), mentre la percentuale più alta si ha a Cremona (1.721%) rispetto ad una media di contagi nazionale di 0.3575%. La motivazione di queste differenze esula dall’obiettivo di questo lavoro. La Figura 1 evidenzia che le province con un numero di contagi al di sopra della media nazionale sono per lo più localizzate nel nord Italia.

Le politiche adottate dal Governo italiano per affrontare l’emergenza Covid-19 possono essere brevemente riassunte come segue. Il primo caso di Covid-19 si è avuto a Codogno, Lombardia, il 18 febbraio 2020. Il 22 febbraio scuole ed università sono state chiuse in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, ed i viaggi di istruzione sono stati cancellati. Il 4 marzo, dato l’elevato numero di contagi, scuole ed università sono state chiuse ed il lavoro da remoto (smart working) vivamente raccomandato. Il 7 marzo il Governo ha adottato “Misure urgenti per il contenimento del virus” in Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino,  Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia. Dal 13 marzo gli italiani sono stati chiusi in casa. Il 17 marzo è stato emanato un decreto legge “Cura Italia” con l’obiettivo di adottare supporto economico per le famiglie e le imprese. I punti rilevanti del decreto possono essere sintetizzati come segue. Sono vietati i licenziamenti fino al 18 maggio. I lavoratori possono essere messi in cassa integrazione ordinaria o in deroga per nove settimane. I lavoratori autonomi e le partite Iva riceveranno 600 euro ad integrazione del reddito per il mese di marzo. Lo stesso ammontare sarà corrisposto ai lavoratori stagionali nel settore turismo e del settore spettacolo. Al 23 aprile le domande di cassa integrazione ordinaria ammontavano a 7.139.048 (Fonte: INPS). Il 26 aprile è stato fatto un nuovo decreto in cui si prevedeva la riapertura di alcuni settori produttivi, l’estensione del divieto di licenziamento fino alla cessazione dell’emergenza, la cassa integrazione ordinaria e in deroga; i lavoratori stagionali, autonomi e le partite Iva sarebbero stati destinatari di di un assegno di 600 euro per i mesi di aprile e maggio. Il 4 maggio le misure restrittive si sono allentate e alcuni settori stanno progressivamente riaprendo.

Obiettivo del lavoro è quello di studiare l’impatto che le politiche di contenimento (c.d. fase 1) hanno avuto sul valore aggiunto a livello provinciale. Poiché alcuni settori sono stati oggetto di chiusura mentre altri sono rimasti aperti, l’analisi sarà svolta non solo utilizzando come unità di osservazione le province, ma anche prendendo in considerazione diversi settori ATECO. Data la disponibilità dei dati, i settori che saranno presi in considerazione sono riportati nella tabella 1:

Tabella 1: Aggregazione settori Ateco

Codice Denominazione
A  AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA
C  INDUSTRIA MANIFATTURIERA
F COSTRUZIONI
G-I COMMERCIO ALL’INGROSSO E AL DETTAGLIO, RIPARAZIONE DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI, TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO, SERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE
J SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
K ATTIVITÀ FINANZIARIE E ASSICURATIVE
L  ATTIVITÀ IMMOBILIARI
MN ATTIVITÀ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE, AMMINISTRAZIONE E SERVIZI DI SUPPORTO
OQ AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E DIFESA, ASSICURAZIONE SOCIALE OBBLIGATORIA, ISTRUZIONE, SANITÀ E ASSISTENZA SOCIALE
RS ATTIVITÀ ARTISTICHE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTIMENTO, RIPARAZIONE DI BENI PER LA CASA E ALTRI SERVIZI

L’ISTAT, in data 26 marzo, ha predisposto una memoria (1) in cui viene calcolata la percentuale di addetti appartenenti ai settori sospesi dal DPCM 11 marzo 2020 e dal DM Mise 20 marzo per regioni (2). I settori oggetto di sospensione[ (3) sono l’agricoltura (A), il settore manifatturiero (C), il settore delle costruzioni (F), il settore commercio, alloggi e ristorazione (G-I) ed il settore delle attività artistiche e dei servizi alla persona (R-S).

Obiettivo del lavoro è quello di stimare la perdita di valore aggiunto (VA) derivante dal blocco delle attività produttive poste in essere dal Governo italiano durante la “fase 1”. La relazione tra il valore aggiunto e l’occupazione è descritta dalla equazione (1):

Dove β rappresenta l’elasticità della variazione valore aggiunto rispetto alla variazione dell’ occupazione. La stima di β richiede l’utilizzo di metodologie ad hoc. In questo caso la tecnica utilizzata è quella spazio-temporale (Elhorst 2014, 2017, Anselin 1988, 2020) con dati del valore aggiunto e dell’occupazione settoriale a livello provinciale forniti dall’Istat per il periodo 2004-2017. La necessità di prendere in considerazione anche la dimensione spaziale è legata al fatto che è ragionevole ipotizzare che la perdita di valore aggiunto in una provincia impatti anche sulle provincie circostanti in accordo con i risultati ottenuti dal Censimento permanente delle imprese realizzato dall’Istat nel 2018 secondo cui il 70% delle imprese della Sicilia e della Sardegna hanno relazioni commerciali solo con le imprese della stessa provincia o delle provincie vicine. Questa percentuale è del 50% per le imprese situate in Calabria, Puglia e Liguria mentre scende al 30% per le imprese localizzate in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, and Piemonte. Per stimare l’elasticità settoriale sarà utilizzato un modello SAR (Spatial Autoregressive Model) della equazione (2):

dove ρ rappresenta il coefficiente di correlazione spaziale della variabile dipendente (il VA nel nostro caso), W la matrice dei pesi che assume valore 1 se le provincie sono confinanti e 0 altrimenti e la covariata X è rappresentata dalla occupazione. Questa tecnica ci consente non solo di ottenere una elasticità per ogni settore ma di scomporla in effetti diretti ed indiretti (splillover effects) dove gli effetti diretti rappresentano la perdita di valore aggiunto derivante dalla sospensione delle attività produttive della provincia mentre gli effetti indiretti sono gli effetti sul valore aggiunto causati dalla sospensione delle attività produttive della provincia i sulla provincia j ad essa confinante. Utilizzando la relazione descritta dalla equazione (1) è possibile ottenere la variazione di valore aggiunto in ogni settore derivante dalla variazione dell’occupazione in termini di effetti diretti ed indiretti.  Per brevità espositiva saranno mostrati, nella Figura 2.1 e 2.2, solo i risultati relativi alla perdita di valore aggiunto provinciale del settore manifattura (C) e del settore commercio trasporto alloggio e ristorazione (G-I) relativamente agli effetti diretti ed indiretti.

Figura 2.1: perdita percentuale di valore aggiunto nel settore manifattura e nel settore commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli, trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e di ristorazione; Effetti diretti

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Le politiche di contenimento adottate dal Governo e la conseguente chiusura di alcuni settori nel comparto manifatturiero ha comportato una caduta media, in termini di valore aggiunto pari al 9.7%. Questa perdita media non è uniformemente distribuita tra le provincie.  Fermo, Prato, Pordenone, Vicenza e Treviso, maggiormente specializzate nella manifattura hanno registrato perdite tra il 18.5 ed il 22%. Roma, al contrario, ha riportato una perdita di valore aggiunto in questo settore di circa il 2.5%. Per quel che concerne i settori commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli, trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e di ristorazione, la provincia che perde la maggiore percentuale di valore aggiunto è Venezia con il 19%.

Oltre agli effetti diretti, che misurano l’impatto di un cambiamento della covariata della regione i sulla dipendente  della stessa regione, è necessario prendere in considerazione gli effetti indiretti che misurano come  cambiamento della stessa covariata nella regione i influenza la dipendente della regione j con i ≠ j. I risultati in termini di effetti indiretti sono riportati nella Figura 2.2:

Figura 2.2: perdita percentuale di valore aggiunto nel settore manifattura e nel settore commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli, trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e di ristorazione; Effetti indiretti

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Gli effetti indiretti hanno un impatto notevole sul valore aggiunto provinciale e sono in media più elevati nel settore G-I che non nel settore manifattura. Questo risultato meriterebbe ulteriore approfondimento poiché nel settore G-I sono inclusi i servizi di alloggio e ristorazione.

Per calcolare la perdita di valore aggiunto provinciale è necessario rapportare la perdita di valore aggiunto nei settori sospesi al valore aggiunto provinciale. I risultati sono descritti nella Figura 4 sotto forma di effetti diretti ed indiretti.

Figura 3: perdita percentuale di valore aggiunto per provincia; Effetti diretti & indiretti.

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

La Figura 3 evidenzia che le province italiane, a causa della sospensione delle attività produttive hanno perso, in termini di effetti diretti, un valore aggiunto complessivo che varia tra un minimo del 2.33% della provincia di Rieti ad un massimo di 10.5% di Vicenza. La media nazionale stimata di perdita di valore aggiunto complessivo derivante dagli effetti diretti è di 5.24 (4). Per quel che concerne gli effetti indiretti, la media nazionale è 1.77% di perdita di valore aggiunto. Questi ultimi devono essere sommati agli effetti diretti. Come evidenziato dalla Figura 3 le provincie che perdono il maggior valore aggiunto sono quella caratterizzate da una più elevata specializzazione nel settore manifattura per lo più localizzate al nord. Il settore manifattura, non solo è stato oggetto di sospensione ma ha anche una elasticità stimata della variazione del valore aggiunto rispetto alla variazione dell’occupazione superiore agli altri settori (0.86 nel settore industria, 0.74 nel settore commercio e servizi di alloggio e ristorazione). Le province del sud sono state meno toccato dalla sospensione delle attività produttive grazie anche ad un maggiore peso del settore pubblico che non è stato soggetto a sospensione. Questa situazione, complessa dal punto di vista economico, è ulteriormente acuita dal fatto che le province che perdono la percentuale più alta di valore aggiunto non solo producono una alta percentuale di valore aggiunto a livello nazionale ma sono anche quelle che hanno registrato la percentuale di contagi più elevata rispetto alla popolazione.

L’analisi svolta ha evidenziato che le politiche di contenimento messe in atto dal Governo Conte, indispensabili per far fronte all’emergenza Covid-19, hanno avuto degli impatti economici importanti non solo sotto forma di effetti diretti ma anche attraverso effetti indiretti. Le province che hanno avuto una perdita di valore aggiunto minore sono quelle meno interessate dalla sospensione, ed in cui la presenza del settore pubblico risulta essere più elevata. La situazione appare non solo polarizzata in termini Nord-Sud con un Nord che perde, in termini di valore aggiunto, molto più del Sud, ma differisce tra province all’interno della stessa regione. Le politiche da attuare per la ripresa economica, compatibilmente con le esigenze sanitarie, dovrebbero tenere conto di questa frammentazione.

Barbara Martini, Università “Tor Vergata” – Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa

Bibliografia

Anselin, L. (1988). Spatial Econometrics: Methods and Model. Dordrecht: Kluwer Academic Publisher.

Anselin , L. (2010). Thirty years of Spatial Econometrics. Papers in Regional Science, 89, 1: 3-25.

Elhorst, J. P. (2014). Spatial Econometric. From Cross-Sectional Data to Spatial Panel . Springer.

Elhorst, J. P. (2017). Spatial Panel Data Analysis. In S. Shekhar, Xi, H. Xiong, & X. Zhou, Encyclopedia of GIS (p. 2050-2058). Springer.


Note

(1) Memoria scritta dell’Istituto nazionale di statistica e presentata alla 5a Commissione programmazione economica e bilancio Senato della Senato della Repubblica – Roma, 26 marzo 2020-

(2) Tavola 3 Memoria Istat che si riferisce ai dati 2017. I dati sul VA e sull’occupazione provinciale sono disponibili solo fino al 2017.

(3) Tavola 7 Memoria Istat

(4) Questi risultati non differiscono sostanzialmente da quelli ottenuti dall’Istat e diffusi il 30 aprile che stimano una perdita di Pil di circa il 4.9%.

Condividi questo contenuto
 
 
 
 
 
 
 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *