Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Un modello di sviluppo per le aree interne: il caso del cratere del terremoto del 2016-2017

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di: Fabiano Compagnucci e Gabriele Morettini

EyesReg, Vol.10, N.1, Gennaio 2020: numero speciale “Nuove sfide per lo sviluppo delle aree interne”

A tre anni di distanza, i territori colpiti dal sisma del 2016 e 2017 appaiono sospesi tra gli ambiziosi proclami di una ricostruzione dov’ era, com’ era, e la difficile rigenerazione di contesti logorati da un prolungato declino. La percezione di uno Stato centrale lontano, e a volte assente, alimenta un diffuso risentimento (Rodríguez-Pose, 2017) e stimola la generosa ma estemporanea intraprendenza delle comunità locali, ad esempio nell’ edificazione di nuove scuole, destinate però ad accogliere un esiguo numero di studenti. La dicotomia tra proliferazione di alcuni servizi e la scarsità o scomparsa di altri è sintomo di un’afasia strategica non più tollerabile, nel rispetto dei territori e degli abitanti.

La sfida è particolarmente impegnativa per l’ampiezza e l’eterogeneità del “cratere sismico” (esteso su 140 comuni, 10 province e 4 regioni), l’avversa congiuntura economica, le ristrettezze delle finanze pubbliche e le carenze strutturali di ambiti periferici e montani. L’accesso ai servizi pubblici è una determinante essenziale della residenzialità (Espon, 2013; Camagni, 2009), particolarmente problematica in territori policentrici (Amatrice annovera ben 49 frazioni), dove il campanile contava più del palazzo comunale (Morettini, 2019).

Tale paradigma insediativo è stato a lungo trascurato da analisi regionali concentrate sulle città, sui distretti industriali o sulla fascia litoranea. L’evoluzione demografica dell’Appennino si estrinseca su una scala sub-comunale, capace di cogliere il processo di redistribuzione della popolazione verso le sedi municipali o il fondovalle e il crollo della fitta rete di località disseminate in aree impervie o remote (Pongetti, 2006). Questo tessuto insediativo antico e fragile, già soggetto a numerose smagliature, rischia di lacerarsi irreparabilmente dopo il sisma.

È quindi necessario proporre una strategia di ricostruzione people- and place-based, condivisa e fondata sulle esigenze della popolazione, ma rispettosa dei caratteri sociali, economici, storici dei luoghi. Ciò richiede l’utilizzo di strumenti idonei a conciliare la pianificazione centrale con le esigenze locali, di garantire la presenza e l’accessibilità ai servizi essenziali (Cass et al., 2005). A tal fine, ogni partizione di comuni individuata dalla “Strategia Nazionale per le Aree interne” (SNAI) deve possedere una dotazione minima di funzioni basilari, localizzate in modo da valorizzare il patrimonio territoriale esistente nell’area (Magnaghi, 2010) e fruibili in tempi ragionevoli da ogni località abitata.

L’approccio proposto è parsimonioso, sistematico ed efficiente poiché riprende e affina una strategia già concettualizzata e avviata (Barca et al., 2014), incentiva una governance intercomunale che evita ridondanze localistiche, propone una visione organica del territorio (Milbourne, 2007), riconosce le vocazioni locali e rispetta il pluricentrismo insediativo dell’area (Bonelli, 1967).

La localizzazione dei servizi essenziali e delle funzioni qualificanti

La SNAI rende finalmente centrale anche all’interno del dibattito politico la convinzione che le strategie di sviluppo locale debbano necessariamente fondarsi sui sistemi intercomunali, specialmente nelle aree interne. In tali contesti, l’adozione di una metrica sovracomunale potrebbe meglio identificare i cicli circadiani dei cittadini, ma anche limitare alcune criticità connesse alla ridotta scala demografica ed economica delle singole unità amministrative, alla carenza di risorse umane e di una visione strategica di medio-lungo periodo. Infine, l’utilizzo di un approccio meso-territoriale fra regione e comuni concorre a colmare il vuoto lasciato dalla soppressione delle province.

Rispetto a tale esigenza la SNAI individua le località centrali (poli e cinture) nell’offerta di servizi essenziali (trasporti, istruzione, sanità) a scala sovra locale, e i territori che da esse dipendono per l’approvvigionamento di quei servizi (le aree interne) (IFEL, 2015). Al contempo però manca un’indagine sull’eventuale presenza di polarità di ordine inferiore in seno alle aree interne. Nel territorio del cratere sismico, inoltre, l’ampiezza delle cosiddette aree progetto non garantisce l’individuazione di contesti omogenei dal punto di vista socioeconomico, ambientale e geografico. In molti casi, infatti, la distanza tra i comuni situati agli estremi delle aree progetto è superiore all’ora.

Tali considerazioni hanno ispirato una modalità di individuazione dei sistemi intercomunali del cratere sismico basata sulla nozione di prossimità, sulle relazioni di tipo funzionale (pendolarismo), sulla specializzazione di ciascun comune in servizi di ordine inferiore a quelli dei poli (scuole elementari e commercio al dettaglio) e nelle attività manifatturiere (Compagnucci, 2019). In questo lavoro vengono analizzati tre sistemi intercomunali (Visso-Pieve Torina, Fiastra-Valfornace, Comunanza-Amandola), localizzati nella parte marchigiana del cratere sismico (Carta 1) ed oggetto di ricerca sul campo.

Carta 1a: Il cratere sismico rispetto al contesto nazionale

*In grigio più scuro il cratere sismico. In grigio scuro le quattro regioni in cui è localizzato il cratere sismico

Carta 1b: I sistemi locali intercomunali analizzati

I sistemi intercomunali così identificati costituiscono l’ancoraggio territoriale rispetto al quale garantire la fornitura dei servizi indispensabili, ossia quelli educativi (scuola elementare), sanitari (casa della salute) e sociali (residenza per anziani). In assenza di servizi fondamentali a scala locale, da coordinare con quelli di ordine superiore, sembra difficile, se non impossibile, mitigare o invertire il processo di marginalizzazione socioeconomica delle aree interne. 

Accanto ai servizi essenziali (0 ≤ j ≤ 2), verranno considerate anche le localizzazioni relative ad alcune funzioni “qualificanti” (3 ≤ j ≤ 8) per lo sviluppo: attività produttive (manifattura, ristorazione, agricoltura), la promozione turistica, la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, il supporto alle iniziative sociali (centro per gli immigrati), sportive e ricreative.

La localizzazione “ottimale” di questi asset discende dalla massimizzazione del seguente algoritmo:

1) Pi/P > 10%

2) Ki= {max. Qij = (Pij/Pj / Pi/P)}, con Ki = comune “ottimale”

3) distanza (zi, ki) ≤ 30 minuti (solo per j=0, 1, 2), dove i è il comune appartenente al cluster selezionato, j è lo specifico sottogruppo di servizi esaminato (0 ≤ j ≤ 8) e zi sono la località abitate di ogni comune.

La prima condizione restringe la localizzazione ai comuni in cui risieda almeno il 10% della popolazione del sistema locale. Il secondo criterio (ottimo allocativo senza vincolo distanza) alloca il servizio in questione nel comune con il più elevato quoziente di localizzazione rispetto ai potenziali utenti (popolazione over 65 nel caso della residenza per anziani; ragazzi sotto i 14 anni nel caso delle scuole; la quota della popolazione sul sistema locale per la casa della salute).

La terza condizione (ottimo allocativo con vincolo di distanza) impone che almeno il 95% dei residenti nelle località (centri e nuclei abitati) del sistema locale possa accedere al servizio in meno di 30 minuti. Questo limite temporale (calcolato utilizzando Google Maps) definisce l’areale giornaliero dei residenti e assicura un livello accettabile di “equità spaziale”.

Le funzioni “qualificanti” sono distribuite sulla base delle condizioni 1. e 2., prescindendo dal vincolo della distanza, che rileva solo nel caso dei servizi essenziali.

Carta 2: Sistema intercomunale di Visso-Pieve Torina: distribuzione territoriale dei servizi “essenziali”

Tabella 1: Sistema intercomunale di Visso-Pieve Torina – distribuzione territoriale delle funzioni “qualificanti”

Carta 3: Sistema intercomunale di Fiastra-Valfornace*: distribuzione territoriale dei servizi “essenziali

* I comuni di Pievebovigliana e Fiordimonte si sono fusi nel comune di Valfornace il primo gennaio del 2017

Tabella 2: Sistema intercomunale di Fiastra-Valfornace*: distribuzione territoriale delle funzioni “qualificanti”

Carta 4: Sistema intercomunale di Comunanza-Amandola: distribuzione territoriale dei servizi “essenziali”

Tabella 3 – Sistema intercomunale di Comunanza-Amandola: distribuzione territoriale delle funzioni “qualificanti”

Le Carte e le Tabelle sopra riportate evidenziano almeno tre fatti stilizzati. In primo luogo, la localizzazione “ottimale” dei servizi cambia sensibilmente quando vengano prese in considerazione tutte le località abitate all’interno di un comune; tale evidenza impone un’accurata riflessione sulle politiche territoriali. In secondo luogo, la pluri-localizzazione sia dei servizi essenziali che delle funzioni qualificanti a livello di sistema locale può consentire di valorizzare maggiormente tutto il capitale territoriale presente, mettendolo a sistema. In terzo luogo, la ricerca effettuata sul campo indica che le mappe cognitive dei cittadini delle aree analizzate cominciano a considerare la possibilità di un’organizzazione del territorio sulla base della metrica dei sistemi locali intercomunali.

Alcune considerazioni conclusive

Il sisma del 2016 e 2017 ha segnato una rovinosa cesura nella vita di molte comunità ma può anche fornire lo stimolo per ridare visibilità e prospettive a luoghi in declino, che necessitano di interventi incisivi e non più differibili. Se si vuole contrastare l’abbandono degli Appennini, se si ritiene che mantenere un presidio umano in queste aree abbia un ruolo e un valore bisogna creare le basi per una nuova socialità, rispettosa dal passato ma proiettata sul futuro. Una politica di recupero limitata agli edifici sarebbe anacronistica rispetto ai processi evolutivi di lungo periodo e perpetuerebbe la segregazione topografica di luoghi già “svuotati” prima del sisma. Dovrebbe invece favorire la residenzialità, elaborando strategie di sviluppo capaci di rinvigorire contesti socioeconomici da tempo asfittici, di offrire aspettative di vita non più limitate alla semplice sussistenza (Dematteis, 2016). Quest’operazione si interseca con l’impianto teorico della SNAI ed enfatizza le interdipendenze ed esternalità con i territori limitrofi.

La ricostruzione dovrebbe promuovere strumenti di governance multilivello senza indulgere a un localismo improvvisato e incoerente ma nemmeno mutuare passivamente modelli organizzativi tarati su altri contesti. Politiche autenticamente placed-up coniugano la dimensione locale e la visione globale, connettono i comuni e le comunità, forniscono funzioni territoriali ma evitano la frammentarietà e la ridondanza delle stesse. Tale approccio rilancia il ruolo dei comuni, che costituiscono l’architrave delle politiche di sviluppo purché riescano ad avviare una mutua collaborazione finalizzata al presidio del territorio attraverso la condivisione delle esigenze locali (Barca, 2018). Per favorire l’accesso ai servizi essenziali e ridurre la vulnerabilità di luoghi in cui si sono disgregate le identità tradizionali è necessario potenziare le relazioni funzionali tra centri spesso distanti per orografia e tradizioni.

Nel presente studio, una più dettagliata partizione delle aree interne del cratere sismico è volta a garantire a tutti i residenti una sufficiente accessibilità ai servizi indispensabili. Il metodo proposto mira a valorizzare le specializzazioni locali e contenere la distanza dai centri di erogazione delle prestazioni per tutte le località abitate nei contesti esaminati. In questo modo la razionale allocazione di risorse scarse si concilia con la riduzione delle diseguaglianze territoriali, valorizzando e responsabilizzando comunità talvolta pervase da risentimenti e chiusure ma che rappresentano “porti” in cui trovare riparo da un declino strutturale e da improvvise, ripetute catastrofi (Castells, 2014).

Fabiano Compagnucci, Gran Sasso Science Institute, Social Sciences

Gabriele Morettini, Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali

Riferimenti bibliografici

Barca F., Casavola P., Lucatelli S. (2014), Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, Materiali Uval, n. 31.

Barca F. (2018), In conclusione: immagini, sentimenti e strumenti eterodossi per una svolta radicale, in Rossi A. (ed.), Riabitare l’Italia: le aree interne tra abbandoni e riconquiste, Roma: Donzelli, 551-566.

Bonelli F. (1967), Evoluzione demografica ed ambiente economico nelle Marche e nell’Umbria dell’Ottocento, Torino: ILTE.

Camagni R. (2009), Territorial impact assessment for European regions: A methodological proposal and an application to EU transport policy, Evaluation and Program Planning,32: 342–350

Cass N., Shove E., Urry J. (2005), Social exclusion, mobility and access, The Sociological Review,53: 539–555.

Castells M. (2014), Il potere delle identità, Milano: EGEA.

Compagnucci F. (2019), Terremoto e aree interne: l’organizzazione spaziale del cratere del sisma del 2016-2017, Proposte e ricerche, 82, 37-60.

Dematteis G. (2016), La città ha bisogno della montagna. La montagna ha diritto alla città, Scienze del territorio, 4: 10-17.

ESPON (2013), SeGI: Indicators and perspectives for services of general interest in territorial cohesion and development, Luxembourg: ESPON and Royal Institute of Technology

IFEL (2015), I Comuni della strategia nazionale aree interne, Roma: Fondazione Anci, Studi e Ricerche.

Magnaghi A. (2010), Il progetto locale: verso la coscienza di luogo, Torino: Bollati Boringhieri.

Milbourne P. (2007), Re-populating rural studies: migrations, movements and mobilities, Journal of Rural Studies, 23, 3: 381-386. 

Morettini G. (2019), All’ombra dei mille campanili. Dinamiche demografiche di lungo periodo nell’area del cratere sismico del 2016 e 2017, Popolazione e Storia, 2: 19-42.

Pongetti C. (2006), L’organizzazione del territorio, in H. Desplanques (ed.), Campagne umbre: contributo allo studio dei paesaggi rurali dell’Italia centrale, Perugia: Quattroemme, 1213-1238.

Rodríguez-Pose A. (2017), The revenge of the places that don’t matter (and what to do about it), Cambridge Journal of Regions, Economy and Society, 11, 1: 189-209. 

Teti V. (2017), Quel che resta: l’Italia dei paesi, tra abbandoni e ritorni, Roma: Donzelli.

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