Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Open Science, la scienza per la società

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di: Elena Giglia

EyesReg, Vol.10, N.4, Luglio 2020. Numero Speciale: “Nuovi orizzonti di ricerca per le Scienze Regionali”

Dedicato a Jon Tennant,
che per l’Open Science
 ha speso tutta la sua (breve ma intensa) vita

Cos’è la Open Science

Open Science e Open Access sono modi alternativi di fare e comunicare la scienza, spesso ancora conosciuti solo per via di pregiudizi o falsi miti (Tennant et al., 2019a): plagio, mancato rispetto del copyright, editoria predatoria, ecc.

Open Science significa mettere a disposizione il prima possibile ogni passaggio del ciclo della ricerca, ovvero la metodologia, la strumentazione, i protocolli i software usati, i dati stessi delle ricerche, gli articoli scientifici che ne discutono i risultati, i commenti che arricchiscono il dibattito scientifico.

“Open Science” è un concetto-ombrello, che comprende tutte le possibili etichette “Open”, quali il software Open source, l’Open Access alle pubblicazioni, le Open Educational Resources, gli Open Data, la “citizen science” nella sua duplice valenza di scienza fatta dai cittadini, attraverso la raccolta di dati, e scienza fatta per i cittadini, ovvero la divulgazione scientifica.

I principi della Open Science sono trasparenza, riproducibilità, rigore, riusabilità, interoperabilità, inclusione (Tennant et al., 2019b), In altre parole, “Open Science is just science, done right”, per cui l’opposto di Open Science non è “Closed science”, ma “Bad science” (Tennant et al., 2020).

Apertura, trasparenza ed efficacia

L’idea di Open Science è perfettamente funzionale al concetto di scienza come “grande conversazione”, che più è aperta più è ricca; non solo, al contrario dell’estrema sintesi imposta dall’articolo scientifico tradizionale su carta, che poteva riportare solo il risultato finale, l’Open Science grazie alle potenzialità del web dà conto di tutto il processo che porta alla “cristallizzazione” della conoscenza (Stern, Guédon e Jensen, 2015), con innegabili vantaggi in termini di trasparenza ed efficacia.

Far leva su un sistema distribuito di comunicazione e di intelligenza collettiva è la base per affrontare le sfide comuni; anzi, la comunicazione è l’essenza stessa della scienza (Guédon, 2017). Poiché la scienza è un processo incrementale, se non si ha accesso ai dati e ai risultati si rischia ogni giorno di reinventare la ruota, o, dal punto di vista degli enti finanziatori, di finanziare la stessa ricerca due volte.

La scienza è per definizione riproducibile, ma negli ultimi anni è stata denunciata una forte crisi della riproducibilità, che arriva a fallire fino al 70% dei casi (1): non è un caso che John Ioannidis (2014) includa una serie di strumenti offerti dalla Open Science (pre-registrazione delle ricerche, condivisione di metodi e dati…) quali correttivi per rendere i risultati della ricerca più veri – e verificabili. Ogni volta poi che la ricerca è finanziata con fondi pubblici è necessario che i risultati siano pubblicamente disponibili, e non solo per una questione di trasparenza.

Collaborazione e accessibilità

Open Science, Open Innovation, Open to the World è stato il trinomio che ha guidato l’azione politica della Commissione Juncker, con la visione della scienza che sia a servizio dell’innovazione e della crescita (Moedas, 2016). La European Open Science Cloud – di cui si parlerà fra poco – trova qui le sue basi. Le Nazioni Unite, infine, hanno individuato nella Open Science lo strumento ineludibile per raggiungere i Sustainable Development Goals.

Tutto questo perché la scienza è, per sua natura, collaborativa, per cui condividendo dati e metodi si arriva prima, in modo condiviso, a un risultato. I criteri di valutazione della ricerca, purtroppo, hanno invece reso la scienza competitiva oltre misura.

L’esigenza di procedere collaborativamente risulta particolarmente evidente in tempi di crisi quali la pandemia scatenata dal Coronavirus: sui media si legge – con note di stupore o sottolineandone la novità – di come gli scienziati condividano sequenze dei virus, dati e pubblichino i risultati delle proprie scoperte in modo aperto (Crowe, 2020). Questo stride infatti con il sistema attuale della comunicazione scientifica, che è totalmente chiuso e funzionale a interessi che non sono quelli del progresso scientifico.

Il sistema mainstream della comunicazione scientifica

Oggi il sapere finanziato con fondi pubblici resta confiscato dietro riviste con abbonamenti dal prezzo inaccessibile, con una spesa che nel 2015 è stata quantificata in 7,6 miliardi di euro e che continua a crescere (Schimmer, Geschuhn e Vogler, 2015). Questo significa che oggi leggere un articolo scientifico costa: precisamente, in regime di abbonamento (e non di Open Access), il prezzo per un singolo articolo è stato quantificato fra i 3.800 ai 5.000 euro.

e istituzioni di ricerca hanno crescenti problemi di budget per coprire queste spese. Un professionista, o una start up, o chi fa innovazione a maggior ragione non può farvi fronte.

Il problema dell’accesso è diffuso, se no non si spiegherebbero i sei milioni di download mensili del sito pirata Sci-Hub (Bohannon, 2016). Ma Sci-Hub è appunto un sito pirata, illegale. Il Rettore emerito dell’Università di Liegi, Bernard Rentier, invita a riflettere che se condividere la conoscenza è diventato illegale, c’è qualcosa che non funziona nel sistema (Rentier, 2018).Chi ne trae vantaggio sono i grandi editori commerciali internazionali (Elsevier, per esempio), che hanno guadagni netti intorno al 38% – Google arriva al 25% e gli editori di fiction raramente al 5-6% (Holcombe, 2015). Il tutto su un lavoro che né agli autori né ai revisori viene retribuito, e i cui tempi medi di pubblicazione sono fra i 9 e i 18 mesi: che senso abbia questo, ai fini dell’avanzamento della conoscenza, risulta ancora più incomprensibile in periodi di crisi quale appunto quello attuale dovuto al Coronavirus.

Aggiungiamo un tassello. Se “pubblicare”, ovvero rendere pubblico, è un passaggio ineludibile nel processo di ricerca – se no, appunto, si reinventa la ruota – aver legato la pubblicazione al concetto di prestigio e l’avanzamento di carriera dei ricercatori alle citazioni ha portato non solo al sistema economicamente inefficace appena descritto, ma anche a storture: si pubblica a ogni costo, incluso falsificare o fabbricare i dati (Biagioli, Mario e Lippmann, 2020). Il numero di ritrattazioni di articoli è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, basta leggere il blog scientifico Retraction Watch per farsene un’idea, ed è direttamente proporzionale all’indicatore di prestigio – il famoso “Impact Factor” – della rivista (Fang e Casadevall, 2011).

Quanto le storture legate a questo sistema siano pericolose nella ricerca biomedica è evidente sia in casi paradigmatici come quello di Joachim Boldt (una volta tolte le 97 ritrattazioni dalle revisioni sistematiche sulla molecola da lui studiata, si ha un incremento del rischio di morte o danni ai reni) sia nella pratica medica quotidiana, laddove si lamenta che pubblicare “un risultato” sia diventato più importante di “pubblicare un risultato esatto” e, a causa di questa inattendibilità, curare un paziente diventa sempre più difficile (Gandevia, 2018).

Rachel Ainsworth, giovane astrofisica, sintetizza ottimamente la corruzione di questo sistema e cosa possa fare l’Open Science per migliorarlo (2019): in primis modificare radicalmente i criteri di valutazione della ricerca (Saenen et al., 2019), poi sfruttare le possibilità offerte dal web per aprire e rendere trasparenti tutti i passaggi della ricerca, ovvero pubblicare i dati, i software, commentare, condividere note di laboratorio, pre-registrare gli esperimenti; oggi è possibile, tecnicamente, come si vede nell’immagine che segue rappresentativa dell’arcobaleno della scienza aperta.

Figura 1. Le azioni dell’Open Science. Fonte: traduzione di Giglia E. da Kramer e Bosman, 2018.

Open Science e Open Access: il nuovo paradigma

Il web è perfettamente funzionale alla Open Science: uno dei nuovi canali di pubblicazione che in periodo di Coronavirus è stato adottato ampiamente è il pre-print, ovvero la ricerca pubblicata non appena terminata. Gli archivi di pre-print consentono ai revisori e all’intera comunità di commentare e giudicare, attraverso la Open peer review per esempio; intanto i risultati sono disponibili immediatamente, senza attendere i lunghi mesi di pubblicazione in rivista.

Un discorso a parte merita l’Open Access. In Italia la sola parola porta con sé tali e tanti pregiudizi e polemiche sterili che occorre un po’ di chiarezza.

Esistono due vie per fare Open Access, chiamate per convenzione “Green” (verde) e “Gold” (oro).

Open Access Green significa depositare un articolo, ovunque sia stato pubblicato, in un archivio Open, che può essere istituzionale (ogni ateneo in Italia ne ha uno) o disciplinare. Si deposita la versione consentita dagli editori, secondo quanto da loro dichiarato nella banca dati internazionale SHERPA-RoMEO (2). L’82% degli editori consente il deposito di una fra le tre possibili versioni (preprint, la bozza proposta alla rivista, postprint, la versione finale che contiene i commenti dei revisori ma non ha la veste grafica della rivista; pdf editoriale, ovvero la versione effettivamente pubblicata). Il deposito è fattibile subito, sempre a costo zero. E attiva servizi quali Unpaywall (3), lo Sci-Hub legale, che cerca in rete la versione aperta di un articolo cui il ricercatore non riesce ad accedere perché non abbonato: Unpaywall funziona solo se l’autore ha depositato volontariamente e legalmente in un archivio Open la versione consentita.

Gold Open Access significa pubblicare su riviste Open, oltre 14.000 (4), spesso gestite da gruppi di ricercatori e sostenute dagli enti di ricerca. Le riviste Open non hanno abbonamento, sono leggibili da tutti. Nel 27% dei casi – e questo va sottolineato, contro l’idea diffusa che pubblicare Open Access sia sempre a pagamento – vengono richieste le spese di pubblicazione o Article Processing Charges (APC), che servono spesso ad assicurare servizi innovativi. La logica delle APC è diametralmente opposta a quella degli abbonamenti: gli abbonamenti vengono pagati da tutte le istituzioni, ogni anno, ogni anno crescono, ed escludono dalla lettura chi non è abbonato. Le APC vengono pagate una volta sola, solo dall’istituzione dell’autore, e aprono il contenuto per tutti per sempre. Una differenza sostanziale.

Non vanno poi confusi editori Open “puri”, che non hanno nel caso delle APC altra fonte di introiti, e gli editori Open ibridi, ovvero editori commerciali tradizionali che offrono un’opzione Open per il singolo articolo, mentre la rivista resta in abbonamento, generando di fatto un doppio pagamento. Questa opzione ibrida è da evitare se possibile; nel caso dei progetti europei che la richiedono le spese di pubblicazione vengono però rimborsate.

L’Unione Europea ha giocato e gioca un forte ruolo di traino su Open Science e Open Access, visti come strumenti per rendere la scienza “adatta al 21° secolo” (Burgelmann et al., 2019): basta leggere la Raccomandazione del 25 aprile 2018 (5) che richiedono per ogni Stato Membro una politica di Open Science, oltre che un cambiamento radicale nel modo di valutare la ricerca, e la Direttiva sui dati del settore pubblico (6), che equipara i dati della ricerca a dati del settore pubblico che devono quindi essere aperti. Le politiche di finanziamento europee (Horizon2020, la più recente) da anni recano l’obbligo di rendere disponibili testi e dati in modalità Open, secondo il principio “as open as possible, as closed as necessary” (7).

La Commissione ha poi finanziato e avviato la European Open Science Cloud (EOSC) (8), iniziativa da oltre 4 miliardi di investimenti previsti. EOSC sarà l’ambiente virtuale in cui produttori di dati (i ricercatori), produttori di servizi e innovatori si incontreranno: i dati dalle ricerche europee dovranno essere disponibili per il riuso da parte di chiunque (enti di ricerca, start up, piccole e medie imprese), perché la scienza sia davvero a servizio dell’innovazione e della crescita.

EOSC si baserà su dati FAIR, Findable, Accessible, Interoperable, Reusable (Wilkinson et al., 2016). In Italia l’acronimo è pressoché sconosciuto, come sconosciute almeno negli atenei sono le tecniche per rendere i dati FAIR: rischiamo, di fatto, di essere esclusi dal futuro della ricerca europea. Il trattamento dei dati FAIR è anche una enorme opportunità di lavoro, poiché richiede almeno mezzo milione di data stewards (Mons et al., 2016), una nuova figura di elevata professionalità che unisce le competenze sui dati specifici di una disciplina con competenze tecniche trasversali su metadati, ontologie, standard, e licenze, e che in Italia è tuttora ignorata.

EOSC è un’infrastruttura aperta, è questo è un ulteriore vantaggio a fronte del rischio, ben sottolineato da Claudio Aspesi in un recente rapporto da lui curato (2019), di infrastrutture proprietarie che replichino anche per i dati quanto già accaduto per le pubblicazioni (Posada e George, 2018; Aspesi e Brand, 2020): è la comunità che deve coordinarsi, i dati e i risultati aperti non bastano, anche le infrastrutture devono essere in mano alla comunità scientifica.

Open Science è in sintesi un’occasione unica per una scienza migliore, più trasparente e più aperta alla società, che in Italia dovremmo fare di tutto per non perdere.

Elena Giglia,Università degli Studi di Torino

Riferimenti bibliografici

Aspesi, C., Brand, A. (2020). “In pursuit of open science, open access is not enough”. Science, May. Vol. 368, Issue 6491, pp. 574-577 DOI: 10.1126/science.aba3763

Aspesi, C., ed. (2019). SPARC Landscape analysis. https://sparcopen.org/our-work/landscape-analysis/

Baker, M. (2016). “1,500 scientists lift the lid on reproducibility”. Nature 533, 452–454 (26 May 2016) doi:10.1038/533452a

Biagioli, M., Lippmann, A., eds. (2020). Gaming the metrics. Misconduct and Manipulation in Academic Research. MIT press, 2020. https://mitpress.mit.edu/books/gaming-metrics https://retractionwatch.com/

Bohannon, J. (2016). “Who’s downloading pirated papers? Everyone”. Science (April). http://www.sciencemag.org/news/2016/04/whos-downloading-pirated-papers-everyone

Burgelmann Jean Claude et al. (2019). “Open Science, Open Data, and Open Scholarship: European Policies to Make Science Fit for the Twenty-First Century”. Frontiers Big Data, Dec. https://doi.org/10.3389/fdata.2019.00043

Crowe, K. (2020). “’We’re opening everything’: Scientists share coronavirus data in unprecedented way to contain, treat disease”. CBC News, Feb.1, 2020 https://www.cbc.ca/news/health/coronavirus-2019-ncov-science-virus-genome-who-research-collaboration-1.5446948?

Fang, F., Casadevall, A. (2011). “Retracted Science and the Retraction Index”. Infection and Immunity, Sept. 2011 https://doi.org/10.1128/IAI.05661-11

Gandevia, S. (2018). “Publication pressure and scientific misconduct: why we need more open governance”. Spinal Cord 56, 821–822. https://doi.org/10.1038/s41393-018-0193-9

Guédon J-C. (2017). Open Access: towards the Internet of the mind.https://www.budapestopenaccessinitiative.org/open-access-toward-the-internet-of-the-mind

Holcombe, A. (2015). Scholarly publishers profit update. https://alexholcombe.wordpress.com/2015/05/21/scholarly-publisher-profit-update/

Ioannidis, J. (2014). “How to Make More Published Research True”. PLoS Med 11(10): e1001747. https://doi.org/10.1371/journal.pmed.1001747

Kramer B., Bosman J. (2018). Innovations in scholarly communication changing research workflows. https://101innovations.wordpress.com. DOI 10.5281/zenodo.1183805.

Moedas, C. (2016). “Open Innovation, Open Science, Open to the World”. 2016. https://op.europa.eu/s/n6bW

Mons, B. et al. (2016). Realising the European Open Science Cloud, 2016 https://ec.europa.eu/research/openscience/pdf/realising_the_european_open_science_cloud_2016.pdf

Posada, A., George, C. (2018). “Inequality in Knowledge Production: The Integration of Academic Infrastructure by Big Publishers”. Leslie Chan; Pierre Mounier ed. ELPUB 2018, Jun 2018, Toronto, Canada. https://dx.doi.org/10.4000/proceedings.elpub.2018.30.

Rentier, B. (2018). Tweet, 10 March 2018 https://twitter.com/bernardrentier/status/994466497283219456

Retraction Watch (2013). Does scientific misconduct cause patient harm: the case of Joachim Boldt. https://retractionwatch.com/2013/02/19/does-scientific-misconduct-cause-patient-harm-the-case-of-joachim-boldt/ Ainsworth, R. (2019). Research culture is broken. Open Science can fix it. Video. https://youtu.be/c-bemNZ-IqA

Saenen, B. et al. (2019). Research assessment in the transition to Open Science. EUA Report. https://eua.eu/resources/publications/888:research-assessment-in-the-transition-to-open-science.html

Schimmer, R., Geschuhn, K.K., Vogler, A. (2015). Disrupting the subscription journals’ business model for the necessary large-scale transformation to open access. doi:10.17617/1.3. https://pure.mpg.de/rest/items/item_2148961_7/component/file_2149096/content

Stern, N., Guédon J-C., Jensen T.W. (2015). “Crystals of Knowledge Production. An Intercontinental Conversation about Open Science and the Humanities”. Nordic Perspectives on Open Science 1 (October), 1–24. https://doi.org/10.7557/11.3619.

Tennant, J. (2020). The [R]evolution of Open Science. http://doi.org/10.5281/zenodo.3700646

Tennant, J.et al. (2019a). “Ten myths around open scholarly publishing”. PeerJ Preprints 7:e27580v1 https://doi.org/10.7287/peerj.preprints.27580v1

Tennant, J. et al. (2019b). OpenScienceMOOC/Module-1-Open-Principles: Second release (Version 2.0.0). Zenodo. http://doi.org/10.5281/zenodo.2595951

Wilkinson, M. et al. (2016). “The FAIR Guiding Principles for scientific data management and stewardship”. Nature Scientific data 3,160018. https://doi.org/10.1038/sdata.2016.18


Note

(1) Science special. “Challenges in irreproducible research”. https://www.nature.com/collections/prbfkwmwvz seleziona una serie di contributi sull’argomento. Il dato citato è tratto da (Baker, 2016).

(2) http://sherpa.ac.uk/romeo/

(3) https://unpaywall.org/

(4) Dati tratti dalla Directory of Open Access Journals, https://doaj.org/

(5) Raccomandazione (UE) 2018/790 della Commissione del 25 aprile 2018 sull’accesso all’informazione scientifica e sulla sua conservazione https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32018H0790&from=EN

(6) Direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32019L1024&from=EN

(7) H2020 online manual, Open Access and Data Management https://ec.europa.eu/research/participants/docs/h2020-funding-guide/cross-cutting-issues/open-access-dissemination_en.htm

(8) EOSC portal, https://www.eosc-portal.eu/. Sulle politiche e i documenti, https://ec.europa.eu/research/openscience/index.cfm?pg=open-science-cloud

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