Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Matematica e simulazione per la morfologia e la dinamica spaziale

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di: Pietro Terna

EyesReg, Vol.10, N.4, Luglio 2020. Numero Speciale: “Nuovi orizzonti di ricerca per le Scienze Regionali”

Perché i modelli?

Modelli per descrivere, per capire, per ragionare: Epstein (2008) intitola “Why model?” un articolo che scrive con l’autorevolezza di un pioniere e di un punto di riferimento della modellizzazione ad agenti. Per molti ricercatori è inutile costruire un modello se non serve a fare previsioni. Certo è uno scopo dei modelli, ma l’autore elenca altre buone ragioni, ottime anzi, per costruire un modello. Dall’articolo:

  1. Spiegare (diverso da prevedere) 
  2. Orientare la raccolta dati 
  3. Chiarire dinamiche chiave
  4. Suggerire analogie dinamiche
  5. Formulare nuove domande
  6. Promuovere modi di pensiero scientifico
  7. Circoscrivere i risultati entro intervalli plausibili
  8. Chiarire punti oscuri 
  9. Offrire soluzioni a crisi quasi in tempo reale
  10. Dimostrare tradeoffs / suggerire efficienze 
  11. Testare la fondatezza delle teorie prevalenti tramite shock
  12. Mostrare come il sentire comune sia incompatibile con i dati disponibili
  13. Formare esperti
  14. Ordinare il discorso politico
  15. Formare il grande pubblico
  16. Mostrare che l’apparentemente semplice è complesso e viceversa

Quali modelli? Seguendo Ostrom (1988) e, almeno in parte, Gilbert e Terna (2000), nelle scienze sociali, con la geografia interessata a società e spazio, abbiamo tradizionalmente costruito i modelli in due modi: (i) argomentazione verbali e (ii) equazioni matematiche, con parametri da stimare con l’uso della statistica e dell’econometria. Il primo modo (i) è assolutamente flessibile e adattabile, ma sia la descrizione, sia la discussione, escludono test e verificazioni di ipotesi. Al contrario, il secondo modo (ii) permette calcoli e verificazioni, ma soffre di gravi limitazioni in termini di flessibilità e di articolazione delle interazioni tra i soggetti sociali.

Esiste un terzo modo di costruire modelli, (iii) la simulazione al computer, soprattutto se basata su agenti. La simulazione al computer può combinare l’estrema flessibilità di un codice di calcolo – in cui siamo in grado di creare agenti che agiscono, scelgono e reagiscono alle scelte di altri agenti ed ai cambiamenti dell’ambiente – e la sua intrinseca computabilità. Questa impostazione ci permette di utilizzare la potenza descrittiva delle argomentazioni verbali congiuntamente alla capacità di calcolare gli effetti delle diverse situazioni ed ipotesi.

Obiezione: la realtà è intrinsecamente “basata su agenti”. Per una discussione breve, ma illuminante di questa considerazione, vedere Weinberg (2002) nella recensione del libro di Wolfram, “A New Kind of Science”. Questa parrebbe una critica forte. Perché riprodurre strutture sociali in una modalità basata su agenti, seguendo (iii), quando la scienza applica (ii) per descrivere, spiegare, prevedere la realtà, che è, di per sé, troppo complicata per poter essere compresa?

Basandoci su Anderson (1972), sappiamo che la complessità nasce quando gli agenti o le parti di un tutto agiscono e interagiscono e la numerosità degli agenti coinvolti è elevata e sono caratterizzati da più livelli di appartenenza e definizione. Come esempio stilizzato, si considerino formiche e un formicaio: due livelli che devono essere studiati simultaneamente per comprendere la (emergente) dinamica del formicaio in base ai (semplici) comportamenti delle formiche.

Introduciamo due famiglie di modelli con agenti. Famiglie che hanno molti punti di contatto, ma anche notevoli differenze: i modelli agent-based, costruiti con strumenti informatici; i modelli derivati dalla teoria cinetica delle particelle attive o kinetic theory of active particles.  A differenza delle particelle passive descritte nel moto browniano (il movimento in tutte le direzioni, rapido, continuo e irregolare, delle particelle in sospensione in liquidi o gas), queste sono capaci di determinare il proprio movimento. In questo caso è la costruzione matematica determinare la struttura del modello, con la simulazione numerica che sviluppa i risultati.

Modelli ad agenti o Agent-Based Models (ABMs)

Un ABM, talvolta detto MAS (Multi Agent System) sulla base di differenze che non approfondiamo qui (si vedano le due voci di Wikipedia (i), fatte bene), può essere presentato seguendo Axtell e Epstein (2006). A p. 6 (della versione online indicata), leggiamo che:

Compactly, in agent-based computational models a population of data structures representing individual agents is instantiated and permitted to interact. One then looks for systematic regularities, often at the macro-level, to emerge, that is, arise from the local interactions of the agents. The short-hand for this is that macroscopic regularities “grow” from the bottom-up. No equations governing the overall social structure are stipulated in multi-agent computational modeling, thus avoiding any aggregation or misspecification bias. Typically, the only equations present are those used by individual agents for decision-making. Different agents may have different decision rules and different information; usually, no agents have global information, and the behavioral rules involve bounded computational capacities—the agents are “simple”. This relatively new methodology facilitates modeling agent heterogeneity, boundedly rational behavior, non-equilibrium dynamics, and spatial processes.

I modelli a agenti sono costruiti dal basso, descrivendo comportamenti individuali e inserendoli, in modo anche eterogeneo, in agenti che agiscono e interagiscono in un ambiente. Noi osserviamo gli effetti individuali (micro) e aggregati (macro) che emergono dalla loro attività.

Modelli basati sulla teoria cinetica delle particelle attive

Con Bellomo e Terna (2019) osserviamo che uno sviluppo naturale del metodo degli agenti è offerto dall’applicazione della cosiddetta teoria cinetica delle particelle attive. La teoria, gli strumenti matematici e le applicazioni sono esaminati in Bellomo e al. (2017), che è il principale libro di riferimento a questo argomento. Le particelle, organizzate in sottosistemi funzionali, sono soggette a (i) interazioni dirette tra loro, micro-micro, o (ii) di tipo micro-macro, cosiddette di campo medio. Le applicazioni sono state indirizzate alla modellazione delle dinamiche sociali, all’economia comportamentale, alla teoria dell’apprendimento, alla modellazione di sistemi in cui l’evoluzione spaziale può avere un ruolo importante come la dinamica della folla e il traffico veicolare.

Prospettive per lo studio della morfologia e della dinamica spaziale

Ancora con Bellomo e Terna (2019), osserviamo che queste tipologie di modelli sono adatte anche per studiare le caratteristiche di sistemi localizzati nello spazio; sistemi anche in espansione e modificazione. La rappresentazione del sistema corrisponde in primo luogo alla definizione dei sottosistemi funzionali in cui i vari componenti possono essere suddivisi, in base al loro uso, ad esempio abitazioni, uffici, servizi pubblici, ecc. La modellizzazione deve essere riferita anche alle interazioni tra il sistema e le azioni esterne che possono avere influenza sulla dinamica. Le azioni esterne possono generare mutazioni e selezioni che possono portare al rafforzamento o all’indebolimento dei sottosistemi funzionali.

Su queste basi si sviluppano: da un lato, i modelli agent-based; dall’altro, le strutture matematiche di interazione tra particelle attive, da simulare. In entrambi i casi, agenti o particelle agiscono e noi scopriamo i risultati emergenti.

Figura 1 -Due gruppi (due colori che si dispongono nello spazio, cercando: (a) nella prima riga di avere almeno il 25% di simili in un raggio di 2,5, oppure 5, oppure 10 unità (per valutare il raggio: la misura del lato è di 33 unità); (b) nella seconda riga, di avere almeno il 50% di simili in un raggio di 2,5, oppure 5, oppure 10 unità.

Figura 2 -Cinque gruppi (cinque colori) che si dispongono nello spazio, cercando: (a) nella prima riga di avere almeno il 25% di simili in un raggio di 2,5, oppure 5, oppure 10 unità (per valutare il raggio, la misura del lato è di 33 unità); (b) nella seconda riga, di avere almeno il 50% di simili in un raggio 2.5, oppure 5, oppure 10 unità.

Un esempio può aiutare a meglio specificare la presentazione. Si tratta di un ABM derivato dal famoso articolo di Schelling (1971), che presentò una spiegazione non ovvia delle dinamiche di segregazione, mostrando che vanno ben al di là delle intenzioni micro-individuali dei soggetti. Ispirato anche a Wilensky (1997), il modello è disponibile, con funzionamento online, all’indirizzo https://terna.to.it/SchellingRadiusColors.html. Abbiamo agenti che si trovano a loro agio se tra i loro vicini, in un certo raggio, si trova almeno una data percentuale di loro simili, qui identificati da un colore. Si formano delle strutture territoriali e, durante l’esecuzione, si colgono chiaramente le dinamiche, qui non raffigurabili data la brevità della nota.

La figura 1 mostra che se i gruppi sono solo due, con una richiesta di similarità modesta, qualsiasi sia il raggio considerato (prima riga), la segregazione non emerge; aumentando (seconda riga) la richiesta di similarità (desidero che il 50% dei miei vicini sia simile a me), la segregazione esplode. La figura 2 mostra il caso di cinque gruppi che, con una richiesta modesta di similarità strutturano il territorio senza creare rilevante segregazione, anche al crescere del raggio considerato (prima riga); nella seconda riga abbiamo invece una richiesta di similarità più forte che, se limitata a un raggio contenuto, produce circoscritte isole territoriali; aumentando il raggio, la soluzione di equilibrio manca e, come si può verificare eseguendo il modello online, genera oscillazioni senza fine. L’oscillazione indica che tutti sono scontenti e si spostano e potrebbe esse interpretata come un segnale di tensione sociale.

Si tratta solo dell’assaggio di un campo sconfinato di lavoro, presentato con l’intento di sollevare curiosità e interesse.

Pietro Terna, Università di Torino

Riferimenti bibliografici

Anderson P. W. (1972). More is different. Science, 177(4047):393–396.

Axtell R. L. e Epstein J. M. (2006). Coordination in transient social networks: an agent-based computational model of the timing of retirement. In J. M. Epstein, editor, Generative social science: Studies in agent-based computational modeling. Princeton University Press, Princeton, N.J:146-174. http://www.econ.tuwien.ac.at/lva/compeco.se/artikel/epstein_coordination_in_transient_social_networks.pdf.

Bellomo N., Bellouquid A., Gibelli L. e Outada N. (2017). A Quest Towards a Mathematical Theory of Living Systems, Birkhäuser, New York.

Bellomo N. e Terna P. (2019). On the complex interaction between mathematics and urban morphology. In Luca D’Acci, a cura di, The Mathematics of Urban Morphology, 315–333. Springer.

Epstein J. (2008). Why model? Journal of Artificial Societies and Social Simulation, 11(4):12. http://jasss.soc.surrey.ac.uk/11/4/12.html.

Gilbert N. e Terna P. (2000). How to build and use agent-based models in social science. Mind & Society, 1(1):57–72.

Ostrom T. M. (1988). Computer simulation: The third symbol system. Journal of Experimental Social Psychology, 24(5):381–392. https://www2.psych.ubc.ca/~schaller/528Readings/Ostrom1988.pdf.

Schelling T. C. (1971). Dynamic models of segregation. Journal of mathematical sociology, 1(2): 143–186, 1971.

https://www.uzh.ch/cmsssl/suz/dam/jcr:00000000-68cb-72db-ffff-ffffff8071db/04.02_schelling_71.pdf.

Weinberg S. (2002). Is the universe a computer? The New York Review of Books, 16(49), http://www.nybooks.com/articles/15762.

Wilensky U. (1997). NetLogo Segregation model. Center for Connected Learning and Computer-Based Modeling, Northwestern University, Evanston, IL.

http://ccl.northwestern.edu/netlogo/models/Segregation.


Note

[i]https://en.wikipedia.org/wiki/Multi-agent_system e https://en.wikipedia.org/wiki/Multi-agent_system.

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