Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

La filiera aerospaziale: caratteristiche e prospettive per l’Italia e il Mezzogiorno

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di: Mario Intini

EyesReg, Vol. 10, N. 5, Settembre 2020

Spazio e aerospazio sono elementi fondamentali e strategici per un paese, dato il grande impulso alla ricerca scientifica, al progresso tecnologico e alle capacità di sviluppo e produzione dell’industria nazionale che possono fornire. Questi due contesti manifestano le loro prime ricadute nell’industria aerospaziale, dunque attraverso la progettazione, produzione, commercializzazione e manutenzione di aeromobili, veicoli spaziali e attrezzature specifiche associate al settore (Biggiero e Samarra, 2010).

Nello specifico, l’intera filiera coinvolge coloro che si occupano di R&S, produttori di hardware spaziali (ad esempio veicoli di lancio, satelliti, stazioni di terra), fornitori di prodotti che interagiscono con le reti satellitari (ad esempio apparecchiature di navigazione, telefoni satellitari) e servizi finali (ad esempio servizi di radiodiffusione satellitare o servizi di video diretto a casa) (OECD, 2019). Il fatturato mondiale del settore è stimato in circa 350 miliardi di dollari.

Secondo lo studio di Bolatto e Frigero (2014) su dati OCSE e Eurostat, emerge come il Regno Unito produca un terzo del valore aggiunto complessivamente generato dal settore aerospaziale in Europa, pari circa a 31,7 miliardi di euro. A seguire vi sono la Francia, la Germania e l’Italia. In Europa, l’industria aerospaziale è caratterizzata da pochi operatori di grandi dimensioni. Oltre ad essi, i sistemi produttivi nazionali sono ricchi di una pluralità di piccole e medie imprese che completano la filiera. In Italia, le imprese con più di 250 addetti (circa il 7,5% dell’industria) generano circa il 90% del valore aggiunto complessivo. Risultati simili sono ottenuti anche da Regno Unito, Francia e Germania.

Considerando i Paesi OCSE, l’aerospazio si conferma una fonte importante di innovazione: è il primo settore per incidenza della Ricerca & Sviluppo sul totale del valore aggiunto dell’economia (18,2%), seguito dal settore dell’elettronica e dell’ottica (17,2%) e dal settore farmaceutico (14,2%).

L’Italia e il Mezzogiorno

In Italia, l’aerospazio è tra i principali settori per dimensione e intensità di R&S, focalizzandosi su filoni di ricerca di base e applicata all’avanguardia, tra cui materiali avanzati e nanotecnologie, Internet of Things e manifattura additiva. Tali elementi risultano essere di profondo interesse, in quanto potenziali fonti di futuri progressi volti a rafforzare la base manifatturiera nei prossimi decenni e, con essa, l’economia nazionale. Negli anni 1996-2017 l’Italia si è posizionata al sesto posto a livello globale per numero di pubblicazioni e al quinto per numero di citazioni nelle aree di ricerca dello spazio e delle scienze planetarie. Inoltre, secondo il rapporto The European House-Ambrosetti (2018) [1], l’Italia registra alcuni importanti primati: è il primo Paese al mondo ad avere un convertiplano ad uso civile in via di certificazione; è tra i primi paesi ad aver condotto attività operative congiunte tra velivoli pilotati e unmanned; è infine il terzo Paese al mondo ad avere lanciato un satellite in orbita.

L’industria italiana si compone di circa 500 player così distribuiti: 54% nel Nord Italia, 23,4% al Centro, 19,5% al Sud e il restante 3,1% nelle isole. La Lombardia è la prima regione per numero di imprese con il 18,7% del totale. A seguire vi sono il Lazio, la Campania, il Piemonte, l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Liguria, la Toscana, la Puglia e il Friuli-Venezia Giulia. Circa il 60% di queste imprese sono specializzate nella produzione e/o riparazione di aeromobili e veicoli spaziali mentre il restante 40% si occupa della produzione di radar, registratori di volo e strumenti per il controllo dei motori. In termini occupazionali, i due terzi delle aziende hanno meno di cinque dipendenti, mentre solo il 5,6% ne impiega più di cento [2].

Il settore spaziale italiano coinvolge circa 6 mila persone, con quattro grandi aziende che occupano circa l’80% della forza lavoro. Questo settore attrae lavoratori qualificati, in grado di sviluppare e consolidare nuove competenze, con spillover significativi in termini di innovazione e competitività: nel solo periodo 2014-2016, infatti, l’Agenzia Spaziale Italiana [3] (ASI) ha avuto 650 nuovi occupati, di cui quasi il 70% possedeva una laurea e il 10% un dottorato di ricerca o un master.

In questo contesto, acquistano grande importanza gli investimenti pubblici e privati. Le principali fonti di finanziamento per le nuove imprese sono rappresentate generalmente dal capitale proprio dell’impresa, con investimenti provenienti da ambienti familiari, prestiti bancari e capitale azionario. Un esempio di grande rilievo è dato da Primo Space, il primo fondo di venture capital italiano specializzato nel settore spaziale. Questo fondo investirà sia sulle tecnologie che vanno a costruire l’infrastruttura spaziale, sia sulle applicazioni terrestri abilitate dalle tecnologie spaziali e dalle reti satellitari. L’obiettivo di raccolta del fondo è fissato a 80 milioni di euro [4]. La decisione dell’Unione Europea di finanziare il fondo, insieme ad altri istituti di credito, evidenzia la solidità e la rilevanza dell’iniziativa. Una fonte relativamente nuova di capitale privato proviene da grandi società aerospaziali e di difesa, che investono in start-up coinvolte nello sviluppo di software, intelligenza artificiale, realtà aumentata, sensori e veicoli autonomi in particolare. Tra gli attori più attivi si annoverano Horizon X Ventures di Boeing, Lockheed Martin Ventures, Airbus Ventures, Thales Corporate Ventures e Dassault System Venture Fund (OECD, 2019).

Inoltre, la Commissione Europea, nell’ambito della programmazione a lungo termine 2021-2027, ha proposto di stanziare 16 miliardi di euro (rispetto agli attuali 11,1) per il Programma Spaziale Europeo al fine di sostenere gli investimenti nel settore e rafforzare l’autonomia europea nell’accesso allo spazio. Nel 2017 l’Italia ha stanziato circa 837 milioni di euro per le attività spaziali, con un aumento dell’1% in termini reali negli ultimi 10 anni dal 2008. Le spese indicate nel bilancio dell’ASI riguardano l’osservazione della terra (30%), i lanciatori e il trasporto spaziale (26%), il volo spaziale umano e la microgravità (20%). Oltre al bilancio ASI, il “Piano strategico per l’economia spaziale italiana” prevede un investimento pluriennale aggiuntivo di circa 4,7 miliardi di euro, metà dei quali finanziati dal settore privato. Una parte iniziale è già stata assegnata alle telecomunicazioni (ASI, 2016).

In Italia, la scelta da parte dell’ENAC di utilizzare l’aeroporto di Grottaglie, in provincia di Taranto, come primo Spazioporto [5] d’Italia sottolinea ancora una volta come il Mezzogiorno abbia le competenze e il capitale umano e culturale necessari a rendere il settore aerospaziale uno strumento di rafforzamento del sistema di sviluppo regionale. L’impatto economico dello spazioporto di Grottaglie, ad esempio, potrà avrà ricadute non solo a livello regionale ma anche nazionale. I benefici potranno derivare sia dalle entrate fiscali generate dalla crescita dell’industria aerospaziale e dell’intera filiera sia dalla crescita delle attività turistiche. Inoltre, è previsto un significativo aumento di forza lavoro nelle industrie specializzate nella produzione di materiali necessari alla filiera e, di conseguenza, anche nelle altre imprese strettamente collegate [6].

L’industria aerospaziale rappresenta, dunque, un importante motore di sviluppo attuale a potenziale per l’economia italiana e in particolare per il Mezzogiorno. Si tratta, infatti, di un settore caratterizzato da una domanda in forte crescita e, conseguentemente, da rilevanti investimenti in innovazione e sviluppo che potranno essere ulteriormente incentivati attraverso i progetti di collaborazione tra università e imprese (cfr. ad esempio, il distretto pugliese dell’Aerospazio che vede tra i partner, oltre alle piccole, medie e grandi imprese della filiera, anche l’Università di Bari, il Politecnico di Bari e l’Università del Salento). Inoltre, il settore dell’aerospazio è tra quelli che ha risentito meno degli effetti della crisi del 2007 [7] e che quindi potrebbe avere, potenzialmente, un ruolo rilevante nella ripresa dall’attuale crisi economica dovuta al COVID-19. Ciò chiaramente se il settore sarà in grado di: i) intervenire nel breve periodo sui processi di produzione, per promuoverne l’efficienza e mantenere contenuti i prezzi di vendita rispetto ai competitors, ii) attivare sinergie con i mercati in crescita (in primis quello asiatico), iii) aumentare il grado di internazionalizzazione e, infine, iv) consolidare l’apporto dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi e decisionali [8]. A tal fine sarà però necessario valorizzare anche la diversa posizione geografica dei distretti italiani. Se le regioni del Sud, infatti, si affacciano sul Mediterraneo, area di grande sviluppo prospettico, quelle del Nord si proiettano verso l’Est Europeo, che mostra ormai da decenni un notevole sviluppo industriale. È dunque importante favorire un maggiore grado di integrazione tra le imprese presenti sull’intero territorio nazionale cercando di ridurre lo squilibrio produttivo e infrastrutturale tra Nord e Mezzogiorno. Per questo è necessario avviare politiche regionali, nazionali e comunitarie che condividano una visione strategica per il settore, che promuovano la crescita e lo sviluppo delle diverse realtà d’eccellenza presenti, coordinando le esperienze territoriali dei singoli distretti aerospaziali. In questo contesto, le amministrazioni pubbliche e gli imprenditori del Mezzogiorno dovrebbero considerare questo settore uno strumento chiave sia al fine del rilancio economico e sociale dei loro territori sia per utilizzare a pieno il capitale umano e le competenze ivi presenti.

Mario Intini, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

Riferimenti bibliografici

ARTI (2015), L’industria aerospaziale pugliese: occupazione, innovazione e prospettive di sviluppo. https://www.arti.puglia.it/wp-content/uploads/ARTI_REPORT_AEROSPAZIO_2015_Low.pdf

ASI (2016), Piano Strategico Space Economy. Quadro di posizionamento nazionale, Agenzia Spaziale Italiana, Roma.

Biggiero, L., Samarra, A. (2010). Does geographical proximity enhance knowledge exchange? The case of the aerospace industrial cluster of Centre Italy. Int. J. Technology Transfer and Commercialisation, Vol. 9, No. 4, pp. 283-305.

Bolatto, S., & Frigero, P. (2014). La filiera internazionale dell’aeronautica ed il ruolo dell’industria italiana, Fondazione Ansaldo, Genova. OECD (2019), The Space Economy in Figures: How Space Contributes to the Global Economy, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/c5996201-en.


[1] https://www.leonardocompany.com/documents/20142/3072461/body_Ricerca_La_filiera_italiana_dellAerospazio.pdf/c9922522-6581-c409-5002-8393ab1383e9?t=1549547426546
[2] https://www.icribis.com/it/osservatorio/2019/industria-aerospaziale-italiana
[3] L’Agenzia spaziale europea conta 22 membri e con un budget 2017 di 5,8 miliardi di euro finanzia una vasta gamma di attività spaziali, dai programmi di scienza, ricerca e sviluppo, al sostegno degli imprenditori spaziali.
[4] https://www.corriere.it/economia/finanza/20_luglio_28/space-economy-fondo-d-investimenti-lo-spazio-cosi-decolla-l-industria-italiana-22a9d9a0-d0a2-11ea-b3cf-26aaa2253468_amp.html
[5] Il termine “spazioporto” indica un sito comprendente infrastrutture, edifici, installazioni, impianti ed apparati, che consentono il lancio/decollo, il rientro/atterraggio e le relative operazioni a terra e in volo di un veicolo suborbitale HOTOL (horizontal take-off e horizontal landing). Il veicolo suborbitale permette il trasporto di persone e cose, raggiungendo quote di volo entro la “fascia suborbitale” (tra gli 80 e i 100 km da terra), in grado di utilizzare “piattaforme aeree” per il lancio/decollo e con rientro/atterraggio autonomo.
[6] Si consideri che in Puglia le imprese di piccola e media dimensione della filiera hanno oltre il 50% della forza lavoro laureata e che le imprese di grandi dimensioni hanno tra il 25 e il 30% di dipendenti laureati (ARTI, 2015).
[7] https://www.sr-m.it/wp-content/uploads/woocommerce_uploads/2015/09/dime_app2.pdf
[8] Al riguardo cfr. le dichiarazioni del Preseidente Boing Italia Antonio De Palmas: https://formiche.net/2018/11/aerospazio-e-supply-chain-gap-e-sfide-per-il-mezzogiorno/

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