Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Dismissione e valorizzazione delle aree militari: il 2020 come anno di cambio di rotta?

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di: Francesco Gastaldi e Federico Camerin (1)

EyesReg, Vol. 10, N. 5, Settembre 2020

Il dibattito accademico in tema di dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare del Ministero della Difesa italiano e le ricadute di policy è stato parzialmente, se non insufficientemente, esaminato da parte di alcuni studiosi nell’ambito degli studi urbani fino a fine 2019. L’interesse di ricerca è cresciuto specialmente a partire dalle disposizioni della Legge Finanziaria 2007 (vedi i servizi curati da Gastaldi e Baiocco del 2011 e Ponzini e Vani del 2012 rispettivamente nelle riviste “Urbanistica Informazioni” e “Territorio”) che ha introdotto un programma innovativo, il cosiddetto “Valore Paese”, al fine di garantire il doppio obiettivo di razionalizzare la presenza militare nel territorio, ottimizzandola, e riqualificare a scopi civili le aree abbandonate dai militari attraverso collaborazioni pubblico-private che potrebbero mettere in atto più ampi processi di rigenerazione urbana (Gastaldi e Camerin, 2017).

Nonostante siano state promosse diverse iniziative dal 2007, tra cui vari protocolli d’intesa, permute e federalismo demaniale, il legame problematico tra l’eterogenea normativa in materia di dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare militare e le dinamiche urbane sempre più complesse, ha sostanzialmente frenato molte riconversioni. Il risultato è stato il perdurarsi di situazioni di sottoutilizzo e abbandono della maggior parte delle aree militari, che ha inevitabilmente aggravato lo stato di degrado. Molte situazioni “stagnanti” si sono ulteriomente aggravate a partire dal biennio 2007-2008 con le instabilità del settore finanziario, la recessione e un rallentamento del mercato immobiliare. Come se non bastasse, nuovi dispositivi legislativi hanno complicato ulteriormente il quadro (Quarta, 2016).

La task force del 2014 tra Agenzia del Demanio e Ministero della Difesa sembrava essersi indirizzata verso la concezione di nuove soluzioni per conciliare gli obiettivi statali di finanza pubblica e quelli locali di governo del territorio. Ai procedimenti esistenti, reiterati nel corso del tempo (come il federalismo demaniale), se ne sono aggiunti di nuovi (come l’art. 26 del DL “Sblocca Italia”), dando spazio anche a possibili progetti di partecipazione pubblica (Montedoro, 2016), di riuso creativo e temporaneo, orientati ad un approccio dal basso (Signorile, 2014, Camerin, 2017).

Nonostante sia stato un tema dibattuto a livello palamentare negli ultimi tre decenni e ampiamente presente in rassegne stampa locali e nazionali, la vicenda della dismissione e valorizzazione delle aree militari risulta poco studiata dal  punto di vista dei risultati ottenuti in termini di analisi delle politiche pubbliche e di progetti di riuso realmente portati a termine. Gli autori hanno recentemente pubblicato un lavoro che cerca di contribuire a colmare questo gap di conoscenze (Gastaldi, Camerin 2019: 41, 45-47, 116, 132, 154).

I grandi progetti di rigenerazione, affidati spesso ai fondi di investimento immobiliare delle società di gestione del risparmio di Cassa Depositi e Prestiti e Invimit (Camerin e Gastaldi, 2018) evidenziano inerzialità nella loro definitiva realizzazione. Anche casi conosciuti e dibattuti ubicati in grandi città italiane, tra cui meritano di essere citati, tra gli altri, quelli delle caserme di Guido Reni nel quartiere Flaminio di Roma, il complesso Piazza d’Armi-Magazzini militari di Baggio a Milano e la caserma Lupi di Toscana nella periferia ovest di Firenze, stanno evidenziando ritardi. Nonostante questi progetti derivino da studi di fattibilità tecnico-economica o siano l’esito di concorsi internazionali di progettazione recepiti anche negli strumenti pianificatori locali, il nuovo clima di incertezza (anche del settore immobiliare) dovuto al periodo post Covid-19, potrebbe comportare nuovi cambiamenti in sede di riconversione e stravolgere i contenuti progettuali delle proposte di riuso. La fase di “attesa” potrebbe interrompere percorsi di rigenerazione esito di un grande lavoro di coordinamento istituzionale ai fini del reinserimento degli immobili militari nei circuiti di produzione sociale e economica (Micelli e Mangialardo, 2016).

In conclusione, nonostante finalmente si sia arrivati a delineare un quadro aggiornato nell’ambito degli studi urbani in tema di dismissione e rigenerazione delle aree militari, la situazione attuale sta subendo ulteriore cambio di rotta. La pandemia del 2020 contribuirà a introdurre nuovi paradigmi nella progettazione della città, il cui disegno e messa in opera potrebbero prolungare lo stato di perenne abbandono di tali patrimoni che, come sottolineato anche da una serie di autori del filone culturali dei “beni comuni” (tra cui Montanari, 2015), dovrebbero essere messi a disposizione della collettività in quanto aree appartenenti, per natura e finalità, alla cittadinanza italiana. Qui sorge spontanea una questione: se, al contrario, fosse proprio lo status giuridico di beni pubblici il fattore in base al quale questi immobili potessero essere finalmente riutilizzati come nuove attrezzature collettive? Le caratteristiche intrinseche di tali beni, come ad esempio, le grandi superfici, gli ampi spazi aperti, i manufatti architettonici di rilevante consistenza territoriale, possono rappresentare una risorsa per ripensare la città nel periodo post-COVID-19?

Francesco Gastaldi, Università IUAV di Venezia
Federico Camerin, Universidad UVA de Valladolid (1)

Riferimenti bibliografici

Camerin F. (2017), La riconversione degli immobili militari in Italia: il caso dell’ex caserma Piave di Belluno trasformata in “Cittadella del terzo settore”, Working papers. Rivista online di Urban@it, 2:1-14.

Camerin F., Gastaldi F. (2018), Il ruolo dei fondi di investimento immobiliare nella riconversione del patrimonio immobiliare pubblico in Italia, Working papers. Rivista online di Urban@it, 2, 1-13.

Gastaldi F., Baiocco R. (a cura di) (2011), Aree militari dismesse e rigenerazione urbana, Urbanistica Informazioni, 239-240: 24-45.

Gastaldi F., Camerin F. (2017), La riconversione delle aree militari dismesse: questioni irrisolte, criticità e potenzialità/The reconversion of former military sites: unresolved issues, criticality and opportunities. Urbanistica, 69(159): 144-152.

Gastaldi F., Camerin F. (2019), Aree militari dismesse e rigenerazione urbana. Potenzialità di valorizzazione del territorio, innovazioni legislative e di processo, Siracura: LetteraVentidue

Micelli E., Mangialardo A. (2016), Riuso urbano e immobili pubblici: la valorizzazione del patrimonio bottom up, Territorio, 79: 109-117.

Montedoro L. (Ed.) (2016), Open Mameli. Un percorso sperimentale di partecipazione, Santarcangelo di Romagna: Maggioli.

Ponzini D., Vani M. (a cura di) (2012), Immobili militari e trasformazioni urbane, Territorio, 62: 13-52.

Quarta A. (2016), La riconversione delle caserme dismesse: nuovi paradigmi per la proprietà pubblica. Rivista critica del diritto privato, 34(4): 609-624.

Signorile N. (2014), Diario Rossani. La difesa dello spazio pubblico e la privatizzazione della città, Bari: Caratteri Mobili.

Note

(1) Federico Camerin ha partecipato in qualità di co-autore nell’ambito del programma europeo European Joint Doctorate “urbanHIST”. This project has received funding from the European Union’s Horizon 2020 research
and innovation programme under the Marie Skłodowska-Curie grant agreement No 721933

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