Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Il coworking in Italia: localizzazione, performance, effetti sul contesto urbano

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di: Ilaria Mariotti e Mina Akhavan 

EyesReg, Vol.9, N.3, Maggio 2019

Le innovazioni tecnologiche hanno promosso lo sviluppo di economie basate sulla conoscenza, la crescita della società dell’informazione, l’emergere della sharing economy e la nascita del modello organizzativo della produzione che viene indicato come Industria 4.0 (Bianchi, 2018). Grazie alle tecnologie della telecomunicazione e all’accesso libero alle informazioni dematerializzate, la scelta di dove, come e quando svolgere il proprio lavoro è più flessibile: il lavoro è diventato meno dipendente dalla distanza, dal tempo e dallo spazio (McCann, 2008). Inoltre, i lavori basati sulla conoscenza – quelli digitali e creativi – tendono sempre più a concentrarsi all’interno di aree urbane di grandi dimensioni (Florida, 2005) e gli spazi di lavoro includono anche luoghi insoliti come biblioteche, caffè, ristoranti, alberghi e sale d’attesa aeroportuali. L’avvento del digitale ha infatti contribuito all’aumento di alternative ai luoghi di lavoro tradizionali, sganciati dalla presenza fisica, ma dove lavoratori autonomi e liberi professionisti hanno bisogno di interazione sociale e professionale al fine di ridurre i rischi di isolamento (in particolare nel caso di lavoro a domicilio) e di aumentare le occasioni di incontro (Moriset, 2014).

In questo contesto, gli ultimi dieci anni hanno visto un’ampia diffusione di luoghi di lavoro innovativi chiamati coworking spaces (CS). I CS permettono ai “knowledge workers”, che svolgono attività con elevati contenuti tecnologici, professionali e di ricerca e hanno posizioni di lavoro autonomo, di svolgere la propria attività affittando una postazione per un periodo di tempo variabile, a seconda delle necessità, e usufruendo dei servizi offerti (i.e. segreteria, connessione wi-fi, sale riunioni, cucina, spazi per lo svago, corsi di formazione e choacing, baby-sitting). In questi luoghi è facile che si crei un senso di comunità che agevola lo scambio di conoscenza ed esperienza, favorisce relazioni fiduciarie e di amicizia e nuove opportunità di business (Pais, 2012). Bruno Moriset (2014) definisce il coworking un “serendipity accelerator”, ideato per ospitare persone creative e imprenditori. Il coworking è nato come fenomeno spontaneo e autonomo sotto la spinta di soggetti privati; in seguito, la sua diffusione è stata sostenuta, in alcune aree, dalle amministrazioni pubbliche che, per favorire l’innovazione urbana, hanno offerto incentivi finanziari (voucher) ai coworkers (Gandini, 2015).

Dal 2005, anno in cui è stato inaugurato il primo spazio di coworking “Hat Factory” a San Francisco, il fenomeno è cresciuto molto rapidamente con 2500 punti aperti in 80 Paesi nel 2013, 7.800 nel 2015, 10.000 l’anno seguente e una crescita annua superiore al 29%, fino ai 19.000 stimati dalla rivista online “Deskmag” nel 2018. La crescita dei CS è indubbiamente da porre in relazione anche con la recessione economica che, da un lato, ha favorito la disponibilità di spazi lavorativi a un prezzo contenuto, dall’altro, l’aumento della disoccupazione e il graduale collasso del paradigma dell’occupazione stabile, ha creato le condizioni per un cambiamento delle forme e delle condizioni del lavoro. Questo fenomeno, di cui si parla molto sui media, ha di recente attirato l’attenzione di ricercatori di diverse discipline: sociologia (i.e Parrino, 2015), geografia (i.e. Moriset, 2014), urbanistica (i.e. Di Marino and Lapintie, 2017; Pacchi, 2015), business/management (i.e. Capdevila, 2013; Fuzi, 2015), economia e geografia economica (i.e. Mariotti et al., 2017; Mariotti, Akhavan 2018) e altre scienze (si rimanda a Akhavan, 2019 per una rassegna della letteratura).

L’indagine

Il presente contributo si propone di sintetizzare i primi risultati di una recente ricerca sul tema (1). Per quanto concerne i CS, la ricerca ha analizzato la numerosità, la localizzazione e le principali caratteristiche (i.e. settore, dimensioni, servizi offerti, caratteristiche fisiche degli spazi occupati) dei CS e ha esplorato, attraverso una survey on-line, due tipologie di effetti dei CS: (i) effetti diretti (i.e. su performance e wellbeing dei coworkers); (ii) effetti indiretti sul contesto locale.
La prima analisi si è avvalsa di dati secondari tratti da fonti giornalistiche, siti web e interviste dirette vis-a-vis e telefoniche ai coworking managers; la seconda ha utilizzato un questionario on-line indirizzato a tutti i coworkers che all’anno 2017 operavano nei CS in Italia. Il questionario era composto da sette sezioni riguardanti: (i) anagrafica del coworker (CW); (ii) motivazioni per la scelta del coworking; (iii) servizi offerti e utilizzati; (iv) forme di prossimità (prossimità sociale, istituzionale, cognitiva e organizzativa) a là Boschma (2005) sperimentate dai CW; (v) vantaggi attesi e i vantaggi ottenuti e la soddisfazione di lavorare nel CS; (vi) attività offerte dal CS con impatto positivo sul contesto urbano; (vii) volontà di lavorare in un coworking nei successivi 3 anni.

Un fenomeno urbano

Il fenomeno dei coworking in Italia è nato nel 2008, in piena recessione economica, e ha avuto un picco negli anni 2013 e 2014 (fig. 1). Ad aprile 2018, i CS presenti in Italia (2) erano 549, ma il fenomeno è in continuo mutamento, infatti nell’anno precedente l’ENEA (3) ne registrava 578 e a gennaio 2019 Italiancoworking (4) più di 660. L’eterogeneità dei dati è legata anche alla definizione di coworking che viene adottata, poiché spesso sono definiti tali, mere operazioni immobiliari di sub-affitto di spazi/uffici. I CS sono distribuiti in maniera piuttosto omogenea nel centro, sud e isole e nord est, mentre il nord ovest attrae la quota maggiore (fig. 1 e fig. 2). La Lombardia detiene il primato per attrattività dei nuovi luoghi del lavoro; seguono Lazio e Toscana. Il fenomeno dei coworking è urbano: circa il 51% dei CS si concentra nelle 14 aree metropolitane del Paese, con Milano che detiene il primato ospitando 99 CS (Mariotti, Akhavan 2018).

Figura 1: La distribuzione degli spazi di coworking in Italia.

Fonte: Mariotti, Akhavan (2018, p.6)

Figura 2: La crescita degli spazi di coworking in Italia

Fonte: Mariotti, Akhavan (2018, p.6)

I fattori localizzativi che spiegano il proliferare dei coworking nelle aree urbane sono: economie di urbanizzazione, dimensione del mercato, qualità del lavoro, accessibilità al trasporto pubblico, costo della struttura (rendita), qualità della sede (“immagine”) e fattori personali (i.e. prossimità al luogo di residenza, etc.) (Mariotti et al., 2017). I CS attraggono capitale umano specializzato nell’industria creativa (il 75% dei coworkers in Italia operano nell’industria creativa) che privilegia aree caratterizzate da rilevanti amenities (i.e. università, centri di ricerca, nodi di trasporto, reti, bar-ristoranti, negozi, servizi culturali e di intrattenimento). Tuttavia, i CS sono localizzati anche in città medio-piccole e in aree meno centrali. In particolare, il 3.5% è localizzato nelle aree interne, come identificate dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica del Ministero dello Sviluppo Economico, con una maggiore concentrazione nel sud e isole (50%) (Mariotti, Akhavan 2018).
Effetti diretti e indiretti dei coworking
La survey on-line indirizzata ai coworkers, che all’anno 2017 operavano nei CS in Italia, ha ottenuto 326 risposte da parte di CW operanti in 138 CS (25% del totale), localizzati in 57 province o città metropolitane e distribuiti omogeneamente nelle cinque macro-aree (nord-ovest, nord-est, centro, sud e isole). Gli intervistati sono per lo più lavoratori autonomi (48%), dipendenti (29%), imprenditori (19%) e altre figure (11% – apprendisti, tirocinanti, studenti). Questa survey ha consentito di esplorare sia gli effetti (diretti) dei nuovi luoghi di lavoro su performance e wellbeing dei CW, sia gli effetti (indiretti) dei CS sullo spazio urbano. In prima analisi, si è voluto capire se i CW hanno sperimentato le forme di prossimità e se queste, essendo fonte di esternalità positive (i.e. ridotto rischio di opportunismo e limitazione di incertezza) hanno contribuito al miglioramento della performance economica (aumento dei ricavi) del CW. È risultato che il 74% dei CW ha sperimentato la prossimità sociale (relazioni con la maggior parte dei CW basate sulla fiducia), il 52% la prossimità istituzionale (condivisione di stile di vita e idee politiche simili), il 59% la prossimità cognitiva (il livello di conoscenza dell’intervistato è simile a quello della maggior parte dei CW), l’83% la prossimità organizzativa (uso dei servizi offerti dal CS) (Akhavan, Mariotti, 2019). Il 39% dei CW ha dichiarato un aumento dei ricavi da quando lavora nel CS e l’analisi ha messo in luce la correlazione tra tale aumento e le forme di prossimità; viceversa non sembrano avere un ruolo il titolo di studio, il genere e la provincia. Analogamente, il 97% dei CW si dichiara soddisfatto della scelta di lavorare nel CS e dall’analisi condotta si evince che il senso di comunità che caratterizza la maggior parte di questi spazi spieghi, insieme all’aumento dei ricavi, il livello di benessere dei CW (Akhavan, Mariotti, 2019).
Per quanto riguarda invece gli effetti indiretti sullo spazio urbano e sulle pratiche (come la partecipazione dei CW alle iniziative delle comunità locali, il contributo dei CS alla rivitalizzazione urbana e le trasformazioni fisiche su scala micro), essi possono essere dedotti dalle interviste in profondità ai manager degli spazi a Milano (Mariotti et al., 2017) o all’indagine diretta ai coworkers in Italia (Mariotti e Pacchi, 2018; Akhavan et al., 2019). Per l’85% dei CW, lo spazio in cui lavorano ha generato effetti positivi sul contesto urbano, infatti dei 135 CS, 110 hanno organizzato attività con impatto potenziale positivo: agevolazioni con bar, ristoranti, negozi del quartiere; eventi di sensibilizzazione e attività culturali aperte all’esterno, e in alcuni casi dedicate al quartiere; partecipazione a Social Street e/o Gruppi di Acquisto Solidale.

Considerazioni conclusive

I primi risultati delle analisi mettono in luce le potenzialità dei CS, che sono state riconosciute anche da grandi imprese come Google e Microsoft. Questi grandi player hanno incentivato i CS locali con l’obiettivo non solo di migliorare la propria visibilità pubblica, ma anche di sperimentare l’open innovation e monitorare le innovazioni bottom-up generate in seno all’ecosistema imprenditoriale locale. In una epoca caratterizzata da un esiguo tasso demografico e da un crescente tasso di disoccupazione giovanile, dovrebbero essere promosse sia l’imprenditorialità che la creazione di nuovi luoghi del lavoro capaci anche di ospitare incubatori per imprese start-up innovative. Alcuni studi hanno sottolineato il ruolo che possono avere i CS localizzati in aree poco dense e periferiche nella promozione dell’imprenditorialità locale; inoltre, i nuovi luoghi del lavoro potrebbero innescare processi di inclusione sociale e rigenerazione urbana con un conseguente miglioramento della qualità del contesto (5).

Ilaria Mariotti, Mina Akhavan, DASTU – Politecnico di Milano


Riferimenti bibliografici

Akhavan M. (2019), Third Places for Work. A Comprehensive Review of the Literature on Coworking Spaces and Maker Spaces, mimeo

Akhavan M., Mariotti I., Astolfi L., Canevari A. (2019), ‘Coworking Spaces and New Social Relations:
A Focus on the Social Streets in Italy’, Urban Science, 3(1), 2: 1-11.
Akhavan M., Mariotti I. (2019), ‘The Effects of Coworking Spaces on Local Communities in the Italian Context’, Territorio, in corso di pubblicazione.
Bianchi P. (2018), 4.0 La nuova rivoluzione industriale. Bologna: Il Mulino.
Boschma R. (2005), Proximity and Innovation: A critical assessment, Regional Studies, 39 (1), 61-74.
Capdevila I., 2013, «Knowledge dynamics in localized communities: Coworking spaces as microclusters». Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=2414121(2016/05/25)
Di Marino M., Lapintie K. (2017), Emerging Workplaces in Post-Functionalist Cities. Journal of Urban Technology 24(3): 5–25.
Florida R. (2005), Cities and the creative class. New York: Routledge.
Fuzi A. (2015), Co-working spaces for promoting entrepreneurship in sparse regions: the case of South Wales. Regional Studies, Regional Science 2(1): 462–469.
Gandini A. (2015), The rise of coworking spaces: A literature review, Ephemera: Theory and Politics in Organizations, 15(1): 193–205.
Mariotti I., Akhavan, M (2018). La localizzazione degli spazi di coworking in Italia: aree metropolitane vs. aree periferiche. Working papers. Rivista online di Urban@it – 2/2018.
Mariotti I., Pacchi C., Di Vita S. (2017), Coworking Spaces in Milan: Location Patterns and Urban Effects, Journal of Urban Technology, 24 (3), 1-21.
Mariotti I., Pacchi C., 2018, «Coworking spaces and urban effects in Italy». Urban Studies Foundation Seminar Series, EKKE, February 8-9 2018, Atene.
McCann P. (2008), Globalization and economic geography: the world is curved, not flat. Cambridge Journal of Regions, Economy and Society, 1 (3): 351-370.
Moriset B. (2014), Building new places of the creative economy: The rise of coworking spaces. 2nd Geography of Innovation International Conference 2014 Utrecht University, Utrecht, 23-25 January 2014.
Pacchi C. (2015), Coworking e innovazione urbana a Milano, Imprese e Città, 889–95.
Parrino L. (2015), Coworking : assessing the role of proximity in knowledge exchange. Knowledge Management Research & Practice 13(3): 261–271.
Pais I. (2012), La Rete Che Lavora, Milano: Egea.


Note

(1) La ricerca, condotta da studiosi del territorio del DAStU, è intitolata “Nuovi luoghi del lavoro. Promesse di innovazione, effetti nel contesto economico e urbano”, e il focus è stato sugli spazi di coworking e maker spaces. Si tratta di una Ricerca FARB, con gruppo di lavoro: Ilaria Mariotti (coordinatore), Mina Akhavan, Simonetta Armondi, Stefano Di Vita, Fabio Manfredini, Corinna Morandi, Andrea Rolando, Stefano Saloriani, Alessandro Scandiffio.
(2) Il prossimo aggiornamento della banca dati sarà ad aprile 2019.
(3) http://www.studi.enea.it/progetti-e-collaborazioni/progetti-1/coworking
(4) www.italiancoworking.it
(5) Questi temi verranno approfonditi nel progetto COST Action: “The Geography of New Working Spaces and the Impact on the Periphery” (comeINperiphery) CA18214, gruppo di lavoro: Ilaria Mariotti (Main Proposer); Mina Akhavan, Simonetta Armondi, Stefano Di Vita, Fabio Manfredini, Stefano Saloriani (Secondary Proposers appartenenti al Gruppo di Lavoro per l’Italia).

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