Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

La politica di coesione per il Mezzogiorno: un Piano Marshall?

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di: Giorgia Marinuzzi, Walter Tortorella

EyesReg, Vol.8, N.1, Gennaio 2018

 

 

L’analisi dell’impostazione finanziaria degli ultimi due periodi di programmazione comunitaria (2000-2006 e 2007-2013) e del ciclo in corso, conferma l’esistenza di un rischio reale di violazione del principio di aggiuntività, alla base delle regole di impiego dei Fondi strutturali, in favore di un effetto sostituzione delle risorse straordinarie su quelle ordinarie (cfr. Viesti, 2016; Petraglia e Pierucci, 2016).

Innanzitutto, le risorse legate alla politica di coesione per l’Italia sembrano aver perso la natura di aggiuntività per la fonte di finanziamento. Guardando ad esempio alla pianificazione del 2014-2020, l’Italia oltre ad essere seconda, dopo la Polonia, per quantità di risorse europee assegnate (oltre 42 miliardi di euro), è anche il primo Paese, in valore assoluto, per cofinanziamento nazionale, pari a circa 31 miliardi di euro. Tutto ciò si traduce in un valore complessivo della politica di coesione comunitaria 2014-2020 per l’Italia di oltre 73 miliardi di euro, di cui il 58% è di provenienza comunitaria e ben il 42% di origine nazionale.

A ciò si deve aggiungere il ruolo storicamente ricoperto dal nostro Paese come contributore netto dell’UE (Figura 1 e Tabella 1): dal 1994 al 2015 l’Italia ha contribuito al bilancio europeo per oltre 285 miliardi di euro, ricevendo “in cambio” finanziamenti per meno di 200 miliardi di euro. In termini medi stiamo parlando di un saldo negativo di 4 miliardi di euro all’anno.

 

Figura 1 Flussi finanziari Italia-Unione europea, 1994-2015

*Per il 2015 i dati sono ottenuti come somma dei valori riportati nei bollettini «Situazione trimestrale dei flussi finanziari Italia – Unione europea».

Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati RGS, anni vari

 

 

Tabella 1 Flussi finanziari Italia-Unione europea, cumulata 1994-2015 e media annua

Dati in miliardi di euro Totale 1994-2015* Media 1994-2015*
Contributi al bilancio UE (Versamenti dall’Italia all’UE) (a) 285,8 13
Finanziamenti UE (Accrediti dall’UE all’Italia) (b) 198,7 9
Movimenti netti (b-a) -87,2 -4

*Per il 2015 i dati sono ottenuti come somma dei valori riportati nei bollettini «Situazione trimestrale dei flussi finanziari Italia – Unione europea».

Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati RGS, anni vari

 

Grazie ai dati del Sistema Conti Pubblici Territoriali si ha conferma dell’effetto doping da parte delle risorse straordinarie sui conti pubblici della PA italiana. Non tener conto delle risorse straordinarie impiegate in Italia negli ultimi 20 anni significherebbe, infatti, avere una visione distorta del complesso delle politiche pubbliche di investimento del Paese, specialmente in coincidenza con gli anni di chiusura dei periodi di programmazione dei Fondi strutturali.

Tra il 2000 ed il 2016 la spesa in conto capitale della PA è di 893 miliardi di euro, pari in media a 53 miliardi all’anno. Tuttavia, eliminando le c.d. risorse aggiuntive (Fondi UE, cofinanziamento nazionale e risorse per aree sottoutilizzate), la spesa, che pertanto rimane solo di natura “ordinaria”, vale 665 miliardi di euro nell’intero periodo, ossia in media 39 miliardi all’anno.

 

Figura 2 Pubblica Amministrazione – Spesa in conto capitale (incluse risorse aggiuntive) e spesa ordinaria, Italia (anni 2000-2015 e stima 2016; miliardi di euro costanti 2010)

Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati Agenzia per la Coesione Territoriale – Relazione annuale CPT 2017

 

La situazione appare esasperata nel Mezzogiorno, dove le risorse della politica di coesione alimentano quasi la metà del totale della spesa in conto capitale andando a configurarsi come una sorta di “mini Piano Marshall” per un’area specifica di un Paese: senza le risorse straordinarie infatti la spesa in conto capitale media annua, pari a 19 miliardi di euro, si andrebbe letteralmente a dimezzare, attestandosi a quota 9 miliardi (Figura 3). Non solo, la spesa in c/cap. del Mezzogiorno, al lordo delle risorse straordinarie, non riesce in nessun anno, dal 2000 al 2016, a raggiungere il livello della spesa ordinaria del Centro-Nord al netto dei Fondi.


Figura 3 Pubblica Amministrazione – Spesa in conto capitale (incluse risorse aggiuntive) e spesa ordinaria, per ripartizione geografica (anni 2000-2015 e stima 2016; miliardi di euro costanti 2010)

Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati Agenzia per la Coesione Territoriale – Relazione annuale CPT 2017

 

A livello pro-capite, e considerando gli ultimi 3 anni della programmazione 2007-2013 (Figura 4), emerge che in assenza delle risorse comunitarie e del FSC, i 689 euro pro-capite di spesa in conto capitale al Mezzogiorno si ridurrebbero a 239 euro: un dato che conferma le perplessità sulla natura di aggiuntività dei Fondi strutturali e di quelli per le aree sottoutilizzate. In particolare, il 2015 sconta la coincidenza con la chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013, prevista secondo la regola “n+2” al 31 dicembre dell’anno, che determina una massiccia certificazione e contabilizzazione di spese associate ad impegni che possono risalire agli inizi del ciclo, o addirittura al settennio di programmazione precedente.

Guardando alle stime 2016, l’effetto “dopante” delle risorse aggiuntive sul valore complessivo della spesa in conto capitale del Mezzogiorno pare ridursi significativamente: su 626 euro pro capite la quota ascrivibile alle risorse aggiuntive è pari a 265 euro (il 42%, vs il 72% del 2015).

 

Figura 4 Pubblica Amministrazione – Spesa pubblica in conto capitale al netto delle partite finanziarie per fonte di finanziamento (media 2013-2015 e anno 2015/2016*; euro pro capite costanti 2010)

 

*Stima.

Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati Agenzia per la Coesione Territoriale – Relazione annuale CPT 2017

 

In sintesi, il Mezzogiorno d’Italia sembra comportarsi come interi Paesi dell’Est Europa che finanziano i propri investimenti pubblici attraverso un ricorso massiccio ai Fondi strutturali. Secondo gli ultimi dati della Commissione europea, pubblicati nella Settima Relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale (European Commission, 2017), ad eccezione del Portogallo, sono infatti proprio i Paesi dell’Est i primi 10 Stati membri per incidenza dei Fondi sui propri investimenti pubblici. Tuttavia si intravede una differenza nel modo in cui la politica di coesione è stata applicata nell’Europa orientale e nel Mezzogiorno d’Italia: nel primo caso l’UE, al fine di garantire gli equilibri geopolitici dell’Unione, ha sfruttato tale politica come uno strumento utile all’affermazione ed al mantenimento di una sfera di influenza su tali territori; nel secondo caso, ossia per il Sud Italia, le politiche regionali si sono invece trasformate in politiche sussidiate in nome di una mal celata coesione territoriale che ha mostrato tutta la sua fragilità. Un lungo lento Piano Marshall targato UE che, complice anche la grave crisi finanziaria, ha compresso gli investimenti pubblici ordinari piuttosto che incoraggiarli con risorse straordinarie realmente addizionali.

 

Figura 5 Fondi della politica di coesione e investimenti pubblici, 2015-2017

Fonte: European Commission, “Seventh report on economic, social and territorial cohesion”, 2017

 

Giorgia Marinuzzi e Walter Tortorella, IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale

 

 

Riferimenti bibliografici

Agenzia per la Coesione Territoriale (2017), Politiche nazionali e politiche di sviluppo a livello territoriale, Relazione annuale CPT n. 4.

European Commission (2017), Seventh report on economic, social and territorial cohesion.

IFEL-Fondazione ANCI (2017), La dimensione territoriale nelle politiche di coesione, Settima edizione.

Petraglia C. e Pierucci E. (2016), Fu vera convergenza? Le politiche di coesione e le periferie dell’Unione, EyesReg Vol. 6, n. 1.

Viesti G. (2016), Esistono ancora le politiche di sviluppo per il Mezzogiorno?, EyesReg Vol. 6, n. 1.

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1 Comment

  • Carlo Torselli

    Interessante, denso e stimolante questo studio di Marinuzzi e Tortorella che, con osservazioni e grafici eloquenti hanno fotografato con sapienza più di tre lustri di politiche pubbliche – di coesione e non – con il filo conduttore della natura “aggiuntiva” di investimenti sostenuti o indotti dall’Unione Europea.
    Il loro sguardo consapevole e disincantato ha focalizzato, tra gli altri, un aspetto che va sottolineato per raccoglierlo e rilanciarlo nel dibattito tra gli interessati. La percezione della deriva dell’aggiuntività in “ordinarietà”, reale piuttosto che mera tentazione, può avere una certa diffusione ma trovo illuminante il paradosso per il quale quella sorta di “lungo lento Piano Marshall targato UE”, riferito al Meridione, “ha compresso gli investimenti pubblici ordinari piuttosto che incoraggiarli con risorse straordinarie realmente addizionali”.
    È come se un meccanismo perverso attraesse gli investimenti aggiuntivi o straordinari nell’orbita delle spese ordinarie, mentre le risorse ordinarie sono parzialmente distratte dai loro compiti e distorte per inseguire logiche “strabilianti” più che straordinarie o aggiuntive. Intendo dire, ad esempio, che non sempre l’enfasi posta su grandi gap infrastrutturali veri o presunti (quelli della c.d. “convergenza”) è solidamente fondata o motivata e numerose opere – anche incompiute o eterne – stanno a dimostrare che forse la loro realizzazione non era così urgente o irrinunciabile. Ancor oggi, tuttavia, pare che spendere – più che investire – in infrastrutture sia obiettivo prevalente.
    In parallelo, emerge che, verosimilmente, il basso livello di spesa ordinaria del Meridione rispetto al Centro-Nord corrisponde ad una minore dotazione di risorse per attività ordinarie, pur in presenza di un maggiore cofinanziamento nazionale alle politiche aggiuntive. Cioè sono proprio queste ultime ad essere privilegiate dal livello nazionale rispetto alle spese ordinarie! Con i rischi di uso improprio di cui si è detto.
    A questo punto, ragionando con i due studiosi, sorgono interrogativi sulla ripartizione delle risorse per il Meridione tra aggiuntive e ordinarie, poiché i perversi meccanismi di cui si è detto producono effetti non in linea con quelli sperati.
    Un grazie sentito a Marinuzzi e Tortorella, per il loro saggio,in attesa di ulteriori considerazioni sul tema.

 
 

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