Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Aree interne, nuova agricoltura e sviluppo urbano sostenibile: una possibile sinergia?

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di: Enrico Ciciotti

EyesReg, Vol.8, N.5, Settembre 2018

 

 

 

Caratteri, limiti e potenzialità delle aree interne italiane

La SNAI, Strategia nazionale, aree interne, è l’ultima in ordine di tempo delle politiche territoriali place based in cui la valorizzazione delle risorse/la risoluzione dei problemi locali punta sul ruolo complementare dei soggetti istituzionali nazionali e regionali. Si tratta di una strategia in cui l’ obiettivo generale (così come definita al momento della sua istituzione) è determinato a livello centrale dall’Agenzia per la Coesione Territoriale e dai Ministeri responsabili per il coordinamento dei fondi comunitari e per i servizi essenziali, alla cui specificazione (la scelta delle aree di sperimentazione) e attuazione concorrono però anche i livelli regionali, in cooperazione con ANCI e UPI.

Uno dei caratteri principali delle aree interne è rappresentato dal declino demografico e dallo spopolamento, con conseguente: calo delle attività e dell’occupazione; rarefazione produttiva e sociale; venir meno della tutela del suolo; abbandono della terra; modificazioni del paesaggio.

Inoltre va sottolineato il loro carattere “periferico” in quanto soggette a un gradiente negativo centro-periferia che riguarda l’accesso ai servizi e ad altre

opportunità (lavoro, interazione sociale, cultura) (Dematteis, 2013)

Accanto a questi evidenti limiti vanno però sottolineate le potenzialità che le aree interne presentano in quanto:

  • sono meno soggette a pressioni antropiche;
  • possono offrire servizi ecosistemici, ambientali, paesaggistici e culturali;
  • hanno potenzialità di sviluppo specifiche (energetiche, idriche, turistiche)

Più in generale, quindi, e in coerenza con i tre macro obiettivi previsti dalla strategia nazionale (1), le aree interne non solo devono essere destinatarie di interventi finalizzati a contribuire al processo di riorganizzazione dei servizi pubblici sul territorio, ma vanno intese anche come un’importante risorsa in risposta a una serie di richieste provenienti da tutta la società, in quanto capaci di produrre e offrire beni collettivi e servizi (paesaggio, qualità delle acque, biodiversità, cultura, esternalità positive; OECD, 2001 e 2003) che rafforzano o creano nuovi legami tra le aree interne stesse e le città (Van der Ploeg, 2009).

 

Il ruolo dell’agricoltura nello sviluppo delle aree interne e il loro rapporto con le città

Tenendo conto proprio dalle potenzialità offerte dalle aree interne, da un lato è possibile specificare il ruolo potenziale dell’agricoltura nell’ottica dello sviluppo sostenibile e, dall’altro lato, individuare i nuovi rapporti che possono istaurarsi con le città, soprattutto con le città medie.

Quando però parliamo di agricoltura nelle aree interne non possiamo che fare riferimento al concetto di agricoltura multifunzionale. Con questo termine si intende “un processo produttivo agricolo i cui gli output finali sono molteplici e ai quali la società riconosce più funzioni: non solo la produzione di beni alimentari di base tipo commodity, ma anche beni non commodity (con la vigna e l’oliveto si fa anche rigenerazione idraulica e paesaggio)…” (Meloni, 2015).

Accanto ai beni, inoltre, l’azienda agricola multifunzionale è in grado di produrre servizi di cui alcuni hanno un mercato (es. agriturismo, agricoltura sociale), altri hanno caratteristiche non di mercato e sono assimilabili ai beni collettivi, come per la qualità delle acque, la biodiversità, la cultura, ecc. che rappresentano esternalità positive per il territorio (Meloni, 2015)

Per quanto riguarda il rapporto con le città, è stato giustamente sottolineata la necessità di considerare il rapporto città-campagna entro una prospettiva multifunzionale (OECD, 2001), attraverso la relazione esistente tra la

produzione di beni di mercato e quelli non di mercato che l’agricoltura intrinsecamente genera (Meloni, 2015).

Per capire bene questo rapporto, bisogna far riferimento ai nuovi bisogni che si manifestano nelle aree urbane (Ciciotti, 2016)

Esiste in Italia un’enorme domanda di nuovi servizi e prodotti, stimolata dal bisogno insoddisfatto di migliore qualità della vita. Inoltre, questi bisogni si concentrano nelle aree urbane, non solo nelle grandi aree metropolitane, ma anche nelle città medie che rappresentano senza dubbio la colonna vertebrale del sistema economico e sociale italiano.

Appare evidente, quindi, che la sfida si gioca sulla capacità di dare una risposta ai nuovi bisogni del cittadino-consumatore, come: casa, trasporti e mobilità, turismo e tempo libero, salute e sanità, integrazione culturale, socializzazione, cultura, acqua, energia e ambiente, tracciabilità del cibo e filiere corte. Tutti questi bisogni emergenti sono legati alla disponibilità di specifici servizi locali e richiedono che il pubblico e il privato aumentino gli investimenti senza i quali non è possibile la produzione di tali servizi.

Come si può vedere alcuni di questi beni e servizi collettivi sono proprio quelli prodotti dalle aziende agricole multifunzionali, secondo la definizione datane in precedenza. In altre parole, i prodotti commerciabili e le esternalità positive generate dalle aree interne possono ricadere proprio sulle città e i poli urbani più prossimi se le relative politiche vengono opportunamente coordinate, creando le opportune sinergie.

Le nuove politiche urbane e territoriali vanno però solo in parte in questa direzione. Come è noto, l’Agenda Urbana nazionale ha individuato due tipologie di città (fatte proprie dalla riforma prevista dalla legge 56/2014):

  • le 10 città metropolitane individuate con legge nazionale su cui si concentra l’intervento del Programma Operativo Nazionale (PON) “Città metropolitane”;
  • le città medie e i poli urbani regionali, ovvero le aree urbane densamente popolate che costituiscono i poli di erogazione di servizi – essenziali e di rango elevato – per aree vaste significative (in primo luogo i Comuni capoluogo di Regione e Provincia). In questi territori intervengono i Programmi Operativi Regionali che assumeranno come interlocutori privilegiati i Sindaci dei Comuni individuati come città medie e poli urbani regionali, ai fini dell’identificazione degli uffici responsabili del ruolo di Autorità urbana.

A queste due tipologie vanno aggiunti, inoltre, i comuni di piccola dimensione (fino a 5.000 abitanti) che sono i principali beneficiari (84%) delle risorse previste dalla Strategia nazionale per le aree interne.

Se questa tripartizione può essere in linea di principio opportuna, essa tiene poco conto dei legami esistenti sia tra i diversi centri urbani (come ad esempio il rapporto tra i poli metropolitani ed i comuni della cintura, o le relazioni di sinergia e complementarietà esistenti tra le città medie), sia tra i centri urbani e il territorio (come ad esempio i rapporti tra poli urbani maggiori ed aree interne).

Questi aspetti hanno rilevanza al momento i cui si passa dal disegno all’attuazione delle politiche, chiamando in causa le istituzioni, i soggetti e gli attori coinvolti.

Va infatti ricordato che lo sviluppo locale ha avuto successo in quei contesti in cui si sono avviati efficaci processi di condivisione attraverso la partecipazione collettiva del tessuto sociale che anima il sistema locale nell’elaborazione ed implementazione di politiche di crescita, poste in essere attraverso un complesso organico e composito di strategie di trasformazione del territorio. Il modello di riferimento si conferma, ancora una volta, quello dello sviluppo endogeno di tipo bottom-up, in quanto qualsiasi iniziativa di policy deve provenire dal basso, al fine di garantire un approccio partecipato e condiviso dei soggetti che vivono il territorio. A ciò consegue, necessariamente, l’emergere dell’idea di governance multilivello (multi-governance), a fronte dell’abbandono di quella di “government”, per effetto della partecipazione e cooperazione di tutti gli attori, siano essi pubblici o privati, coinvolti nel processo di sviluppo territoriale.

Enrico Ciciotti, Università Cattolica di Piacenza

 

 

Bibliografia

Ciciotti E. (2016), Il ruolo delle città nello sviluppo economico italiano ed europeo, CERTeT WP-11/2016.

Collidà A.B., Ciciotti E., Mela A. (eds.) (1989), Aree interne, tutela del territorio e valorizzazione delle risorse, Angeli, Milano.

Dematteis G. (2013), “Montagna e aree interne nelle politiche di coesione territoriale italiane ed europee” Territorio, 66.

Meloni B. (2015), “Aree interne: strategie di sviluppo locale” , in Meloni B. (ed), “Aree interne e progetti d’area, Rosenberg & Sellier, Torino.

OECD (2001), Multifunctionality :Towards an Analytical Framework, OECD, Paris.

Van der Ploeg J.D. (2009), I nuovi contadini. Le campagne e le risposte alla globalizzazione, Donzelli, Roma.

 

 

Note

(1) Tutela del territorio e della sicurezza degli abitanti ,promozione della diversità naturale e culturale, utilizzo e valorizzazione delle risorse locali .

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