Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Un indicatore di benessere per le province italiane

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di: Giorgio Calcagnini, Francesco Perugini

EyesReg, Vol.7, N.2, Marzo 2017

 

Negli ultimi anni la misurazione del benessere ha ricevuto crescente attenzione da parte di ricercatori, policy-maker ed istituzioni internazionali. L’interesse si è incentrato principalmente sulla ricerca di misure volte al superamento del PIL quale unico indicatore della crescita economica e dello sviluppo. Sono stati così costruiti diversi indici per misurare il benessere, la qualità della vita, lo sviluppo umano e sostenibile, individuando ed approfondendo diversi domini considerati essenziali per la descrizione di una vita migliore, e utilizzando metodologie ed approcci diversi anche per la definizione stessa di benessere. L’obiettivo di questo lavoro è di contribuire alla letteratura sulla misurazione del benessere per le province italiane prendendo spunto da una precedente analisi che ha misurato il benessere delle regioni italiane (Segre et al., 2011).

Le analisi e i risultati di seguito presentati si sviluppano lungo tre direttrici: la prima analisi considera la misurazione del benessere a livello provinciale, utilizzando dati ed indicatori prevalentemente estratti dall’ISTAT e da Legambiente riferiti, nella maggior parte dei casi, all’anno 2011. La seconda analisi, si focalizza sulle determinanti del benessere utilizzate maggiormente nella letteratura economica. In quest’ottica abbiamo voluto verificare l’impatto che l’attività di erogazione delle Fondazioni di origine Bancaria (FOB) può avere sul livello di benessere. Infine, la terza analisi ha verificato il grado di eterogeneità che esiste nel livello di benessere tra province appartenenti alla stessa regione.

 

La costruzione dell’indicatore di benessere

A differenza di altri indicatori che misurano il benessere delle province italiane (si veda, ad esempio, il lavoro di Casmiri et al. 2013 e quello di Chelli e Gigliarano 2016), l’indicatore che abbiamo costruito ha cercato di superare il problema di identificazione che spesso emerge quando non vi è alcun accordo collettivo su quello che il benessere e il progresso sono e su come essi devono essere misurati. Per la costruzione del nostro indicatore siamo pertanto partiti dalla definizione di benessere promossa dalla Campagna Sbilanciamoci! nell’elaborazione del QUARS a livello regionale (Segre et al., 2011). In quel lavoro il benessere viene individuato attraverso la collaborazione e lo stretto legame tra politica, mondo della ricerca e società civile. Solo in questo modo, infatti, le dimensioni e gli indicatori possono guadagnare la legittimità di chi governa e di chi abita il territorio.

Partendo da questa visione alternativa del benessere, abbiamo raccolto i dati relativi a 26 dei 41 indicatori individuati nel lavoro di Segre et al. (2011) e li abbiamo classificati nelle sette dimensioni originarie: ambiente, economia e lavoro, diritti e cittadinanza, istruzione e cultura, salute, pari opportunità e partecipazione democratica. I dati sono stati poi aggregati seguendo la medesima metodologia adottata per il QUARS regionale. Più precisamente, in ciascuno dei sette gruppi i dati delle variabili selezionate sono stati prima standardizzati, in modo che fossero confrontabili tra loro, e poi sono stati aggregati utilizzando una semplice media aritmetica. I sette indicatori così ottenuti corrispondenti alle sette dimensioni di interesse, sono stati a loro volta nuovamente aggregati per ottenere l’indicatore finale di benessere standardizzato a livello provinciale. Il risultato di questa elaborazione è mostrato nella Figura 1. La distribuzione geografica dell’indicatore QUARS divisa in decili e riprodotta nella figura conferma quanto emerge da altri studi (si veda ad esempio Casmiri et al., 2013), e cioè l’esistenza di due macro regioni la cui frontiera è rappresentata dalle regioni del Centro Italia, con un numero maggiore di aree con valori di benessere più basso (le aree più chiare) situato nel Mezzogiorno. I risultati rivelano anche un’elevata correlazione spaziale del grado di benessere tra province e sembrano inoltre essere robusti all’applicazione di diversi metodi di sintesi riguardanti la procedura di normalizzazione dei dati, il sistema di ponderazione e aggregazione dei dati, e la dimensionalità dell’indicatore finale (Saltelli et al., 2008).

Figura 1: L’indicatore QUARS di benessere provinciale

(valori in decili – aree più scure denotano valori dell’indicatore più elevato)

benessere_prov_stand_QUARS

 

Un modello empirico di benessere

Il secondo obiettivo della ricerca è stato quello di verificare attraverso un modello cross-section quali siano le determinanti del benessere provinciale. La letteratura esistente ha concentrato principalmente l’analisi sulla relazione esistente tra benessere e reddito (Easterlin 1974), e tra benessere e capitale sociale (Bartolini et al. 2013). Altri studi hanno evidenziato invece come la ricchezza netta delle famiglie (Headey e Wooden 2004) o il grado di sicurezza finanziario (Tay et al., 2016) possano contribuire a migliorare il livello di benessere, mentre secondo alcuni ricercatori esisterebbe una relazione positiva tra benessere e i programmi di spesa per le politiche sociali (Haller e Hadler 2006) o le attività filantropiche (Aknin et al., 2010).

L’impatto di queste variabili sull’indicatore di benessere precedentemente costruito è stato verificato nel nostro lavoro attraverso la stima di un modello empirico sulle province italiane. Oltre al valore aggiunto, al capitale sociale e alla spesa sociale delle amministrazioni locali, effetti positivi sul livello del benessere sono risultati anche dall’attività svolta dalle Fondazioni di origine Bancaria (FOB), enti che nel contesto italiano sono riconosciuti come soggetti non profit, privati e autonomi, che perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico. Il modello suggerisce che un aumento dell’1% dell’erogazioni calcolate in rapporto al Valore Aggiunto, determina un incremento del benessere dello 0,86%. Analoga elasticità si riscontra con la spesa sociale delle amministrazioni locali, mentre un aumento dell’1% del Valore Aggiunto pro-capite produce un aumento nell’indicatore di benessere pari al 2%. Nate agli inizi degli anni ’90, le FOB sono divenute un soggetto determinante nella promozione di iniziative di utilità sociale garantendone il sostegno finanziario attraverso attività dirette o di grant-making. Nel corso del tempo le FOB hanno creato un rapporto stabile ed esclusivo con una moltitudine di attori e le comunità locali e hanno promosso reti per la condivisione di conoscenze e competenze (Barbetta 2013). Recenti studi hanno mostrato che intervenendo come soggetti filantropici nella vita sociale ed economica del Paese le FOB sono in grado di migliorare la dotazione di capitale sociale e di conseguenza la crescita economica dei territori (Calcagnini et al., 2016).

 

Il confronto con il benessere regionale

Il terzo obiettivo della ricerca è stato quello di riconoscere l’importanza di analizzare la geografia del benessere a livelli sub-regionali. Questa considerazione deriva dal fatto che l’Italia è un territorio caratterizzato da ampi divari sociali ed economici, che si manifestano non solo tra le aree del Nord e del Sud del paese, anche tra territori adiacenti. A tale scopo si è costruito un analogo indicatore di benessere regionale con la metodologia e le variabili utilizzate per il QUARS provinciale. I dati ottenuti sono riepilogati nel box plot della Figura 2, la quale evidenzia un significativo grado di dispersione nei livelli di benessere tra le regioni. Si nota inoltre, come i valori in corrispondenza dei rettangoli, che delimitano il primo ed il terzo quartile nella distribuzione, si sovrappongono tra le regioni, e ciò è più evidente tra le regioni localizzate nel Sud del paese.

 

Figura 2: Box plot dell’indicatore di benessere per regioni

Boxplot

La scomposizione dell’indice di Theil ci dice inoltre che le disuguaglianze di benessere tra regioni sono imputabili per circa il 22% alla disuguaglianza di benessere tra province all’interno delle regioni (within regions). Nel complesso quindi l’analisi mostra come all’interno di una stessa regione gli scenari di benessere possano essere profondamente diversi tra province. Da questo punto di vista la ricerca cerca quindi di dare un contributo alla letteratura sul benessere in quanto fornisce informazioni, non rilevate dagli indicatori regionali, alle autorità locali nell’implementazione delle politiche economiche, sociali ed ambientali (Taralli 2015).

 

Giorgio Calcagnini, Università di Urbino e Mo.Fi.R

Francesco Perugini, Università di Urbino

 

 

Riferimenti bibliografici

Aknin, L.B., G.M. Sandstrom, E.W. Dunn, M.I. Norton, (2010), Investing in Others: Prosocial Spending for (Pro)Social Change, Positive Psychology as Social Change, pp 219- 234.

Barbetta G.P., (2013), Le fondazioni, Bologna, il Mulino.

Bartolini, S., Bilancini, E., Pugno, M., (2013), Did the decline in social connections depress Americans’ happiness? Social Indicators Research 110, 1033-1059.

Calcagnini, G., Giombini, G., Perugini, F., (2016), Bank Foundations, Social Capital, and the Growth of Italian Provinces, working paper DESP 1603, November, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

Casmiri, G., Di Berardino, C., Mauro G., (2013) Benessere nelle province italiane: un tentativo di misurazione delle disparità. in Fratesi U. e Pellegrini G., Territorio, istituzioni, crescita. Scienze regionali e sviluppo del paese, (pp.67-88), Libri AISRE, Franco Angeli, Milano.

Chelli F.M., Gigliarano C., (2016), Misure del Bes a livello provinciale: quali sintesi possibili?, presentato al workshop Istat, Rome, Marzo 14.

Easterlin R. (1974), Does economic growth improve human lot? some empirical evidence, in Davis P.A., Reder M.W. (eds) Nation and Households in Economic Growth: Essays in Honor of Moses Abramovitz, Academy Press.

Haller, M., Hadler M., (2006), How social relations and structures can produce happiness and unhappiness: An international comparative analysis, Social Indicators Research, 75(2), pp. 169-216.

Headey, B., Wooden M., (2004), The effects of wealth and income on subjective well-being and ill-being, Economic Record, 80, pp.S24-S33.

Segre, E., Rondinella, T. and Mascherini, M. (2011), Well-Being in Italian Regions: Measures, Civil Society Consultation and Evidence. Social Indicators Research, 102: 47-69

Saltelli, A., Ratto, M., Andres, T., Campolongo, F., Cariboni, J., Gatelli, D., Saisana, M. and Tarantola, S. (2008). Global Sensitivity Analysis. The Primer. John Wiley and Sons, Ltd, The Atrium, Southern Gate, Chichester, UK.

Taralli S. (2015) Indicatori del Benessere Equo e Sostenibile delle Province: informazioni statistiche a supporto del policy-cycle e della valutazione a livello locale, Rassegna Italiana di Valutazione, 55(1), 171-87.

Tay, L., Batz, C., Parrigon, S., L. Kuykendall, (2016), Debt and Subjective Well-being:  The Other Side of the Income-Happiness Coin, Journal of Happiness Studies . doi:10.1007/s10902- 016-9758-5

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