di: Donato Iacobucci
EyesReg, Vol.7, N.1, Gennaio 2017
L’Italia è agli ultimi posti fra i paesi avanzati negli indicatori di vivacità imprenditoriale (Muffatto et al, 2015) (1). Anche per tale ragione, nell’ultimo decennio si sono moltiplicate le iniziative volte a favorire la nascita di nuove imprese. Gli studiosi del fenomeno hanno da tempo dimostrato che favorire la nascita di nuove imprese ‘tout court’, cioè senza prestare attenzione alle loro caratteristiche, è inefficace rispetto all’impatto occupazionale (Fritsch & Mueller, 2007) (2).
Diverso è il caso delle nuove imprese capaci di introdurre innovazioni significative. Anche per questa tipologia di imprese l’Italia presenta una vivacità imprenditoriale inferiore a quella dei principali paesi avanzati. A ciò concorrono diversi fattori che riguardano la formazione, il contesto istituzionale e la struttura produttiva del nostro paese. Tuttavia la tendenza osservata negli ultimi anni è positiva. A fronte di una generale riduzione nell’attivazione di nuove imprese quelle che si attivano nei settori a più alto contenuto di conoscenza hanno mostrato un andamento crescente nell’ultimo quinquennio (Figura 1).
Figura 1: Nuove imprese sulla popolazione adulta. Indice 2011=100
L’andamento positivo è anche il risultato di un accentuato impegno delle istituzioni e del legislatore nel sostegno all’imprenditorialità innovativa. In primo luogo va citato il crescente impegno delle università nella promozione dell’imprenditorialità. Il numero di spin-off universitari costituiti ogni anno è cresciuto costantemente attestandosi a circa un centinaio all’anno (Ramaciotti & Daniele, 2016). Nel complesso vi sono al momento circa 1200 spin-off attivi, i quali hanno coinvolto una media di 5 persone ad iniziativa, fra docenti, ricercatori e neo-laureati (Iacobucci, Micozzi, & Micucci, 2013) (3).
Una importante novità degli ultimi anni è stata costituita dalla Legge del 18 dicembre 2012 n. 221 (originata dal cosiddetto “Decreto sviluppo”) la quale ha definito un quadro normativo volto a promuove un contesto favorevole all’avvio e allo sviluppo di imprese ad elevato contenuto di conoscenza. In particolare, la nuova normativa ha indicato i requisiti per la definizione delle start-up innovative, ha istituito un apposito albo presso il registro imprese delle camere di commercio e definito una serie di agevolazioni, fiscali e non, per queste nuove imprese. L’obiettivo del legislatore non è stato solo quello di favorire la nascita di start-up innovative ma anche di creare le condizioni favorevoli al loro sviluppo. Vanno in questa direzione la definizione dei requisiti per gli incubatori certificati e le agevolazioni previste per la raccolta di capitale di rischio da parte delle start-up innovative (4).
Una interessante novità della normativa richiamata è che la definizione di start-up innovativa non è associata a specifici settori ma alle caratteristiche soggettive dell’impresa (investimento in R&S, occupazione qualificata, possesso di titoli di proprietà intellettuale). Di fatto, però, le start-up innovative appartengono in larga misura ai settori ad alto contenuto di conoscenza (vedi Figura 2). Oltre un terzo opera nell’ambito del software e dei servizi informatici; circa un quarto nei servizi di ricerca e sviluppo; seguono le attività manifatturiere di produzione di computer e apparecchi elettronici e la produzione di macchinari. Se si considera l’incidenza relativa rispetto al complesso delle nuove imprese avviate nel periodo 2012-2015, non è solo l’informatica a caratterizzare le start-up innovative quanto le imprese che si occupano di servizi di ricerca e sviluppo e quelle produttrici di computer e altri apparecchi elettronici.
Figura 2: Percentuale delle start-up innovative per settore (scala di sinistra) e indice di specializzazione (scala di destra)1
1 L’indice di specializzazione è calcolato come rapporto fra il peso del settore sul totale delle start-up innovative e il peso del settore sul totale delle nuove imprese. Fonte: Movimprese e registro delle start-up innovative
Al 31.12.2015 risultavano iscritte 4.828 start-up innovative. Si tratta di una percentuale piccola rispetto al totale delle nuove imprese nei settori ad alta tecnologia: poco più dell’1% nel periodo 2012-2015 anche se in crescita nel corso degli anni (5). Ciò non deve meravigliare poiché la logica dell’intervento è una logica selettiva, volta ad individuare le imprese con il maggiore potenziale innovativo e di crescita. Per tale ragione è rilevante concentrare l’attenzione non solo sul numero delle start-up innovative ma sui risultati da esse conseguiti. La performance di crescita delle start-up innovative è decisamente superiore alla media delle nuove imprese; anche in considerazione del tasso quasi nullo di cessazioni. La percentuale di imprese che superano 1 milione di euro di ricavi cresce dallo 0,6% di quelle con 1 anno di età al 7,6% di quello con 5 anni di attività (Figura 3). Con riferimento alla performance di crescita delle imprese innovative due aspetti che caratterizzano la situazione italiana. Il primo è costituito dall’elevato numero di imprese (circa il 50% del totale) che anche dopo 5 anni di attività rimane al di sotto dei 100.000 Euro di ricavi (6). L’anomalia non è tanto nella percentuale di imprese che non cresce, fisiologica trattandosi di imprese innovative, quanto del fatto che continuano a rimanere attive. La seconda caratteristica è costituta dall’esiguo numero di imprese che riescono a conseguire livelli elevati di ricavi in pochi anni.
Le ragioni della difficoltà a crescere da parte delle start-up innovative vanno ricercate in talune caratteristiche soggettive delle imprese e negli aspetti di contesto esterno. Fra le prime va rilevato che in molti casi si tratta di imprese costituite da imprenditori ‘novizi’ con scarsa esperienza imprenditoriale o manageriale. A questo si affianca una scarsa propensione al rischio e la difficoltà a trovare adeguati supporti manageriali e finanziari, necessari ad alimentare rapidi processi di crescita.
Figura 3 – Distribuzione delle imprese innovative italiane per età e classe di fatturato al 31/12/2015 (3585 imprese) – valori percentuali
Fonte: registro delle start-up innovative
Figura 4: Start-up innovative per 1000 residenti adulti (Totale start-up innovative a settembre 2016)
Per le start-up innovative, come per gli spin-off universitari, è rilevante l’effetto push determinato dalla presenza di atenei attivi nel trasferimento tecnologico e nella promozione dell’imprenditorialità. Non sempre a ciò corrisponde un contesto territoriale adatto a favorire lo sviluppo delle nuove imprese. La ‘geografia’ delle start-up innovative (Figura 4) evidenzia come in alcune delle aree a maggiore vivacità imprenditoriale, come ad esempio Trento e Ancona, sono rilevanti i fattori di spinta all’avvio di nuove iniziative (ad esempio la presenza di atenei attivi nello stimolare l’imprenditorialità) ma è meno sviluppato un contesto di operatori capaci di sostenere la crescita delle nuove imprese. Tale contesto può giovarsi delle modifiche del quadro normativo nazionale (come gli incentivi all’investimento nel capitale di rischio) ma riguarda in primo luogo l’ambito territoriale nel quale le nuove imprese sono localizzate. A tale proposito sarà fondamentale che gli indirizzi fin qui seguiti a livello nazionale (in termini di requisiti soggettivi delle imprese e selettività degli interventi) siano perseguiti e rafforzati anche a livello regionale. Nell’ambito della programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 le regioni hanno a disposizione risorse finanziarie consistenti per sostenere le attività di ricerca e sviluppo. La UE ha richiesto alle regioni una maggiore selettività nell’allocazione di tali risorse, che dovranno essere concentrati negli ambiti tecnologici previsti dalla strategia di smart specialization. La combinazione dei due criteri di selettività, quello tecnologico e quello dei requisiti di innovatività, può consentire una concentrazione di risorse adatta ad innescare processi di crescita di nuovi cluster tecnologici territoriali. La formazione di tali cluster è condizione indispensabile per continuare ad alimentare l’avvio e, soprattutto, lo sviluppo delle start-up innovative.
Donato Iacobucci, Università Politecnica delle Marche
Riferimenti bibliografici
Fritsch, M., & Mueller, P. (2007). The effect of new business formation on regional development over time: the case of Germany. Small Business Economics, 30(1), 15–29.
Iacobucci, D., Micozzi, A., & Micucci, G. (2013). Gli spin-off universitari in Italia: un quadro del fenomeno e un’analisi della governance e della performance. L’industria. Rivista Di Economia E Politica Industriale, 34(4), 761–784.
Muffatto, M., Garengo, P., Iacobucci, D., Micozzi, A., Sheriff, M., & Saaed, S. (2015). Global Entrepreneurship Monitor Italia 2014.
Ramaciotti, L., & Daniele, C. (2016). Ricerca, valorizzazione dei risultati e impatto. XIII Rapporto Netval sulla Valorizzazione della Ricerca Pubblica Italiana. Milano.
Note
(1) L’indagine GEM (Global Entrepreneurship Monitor) condotta in oltre 200 paesi utilizza come indicatore di nuova imprenditorialità il TEA, Total Early Stage Entrepreneurial Activity, definito considerando l’incidenza dell’imprenditorialità nascente e delle nuove imprese all’interno della popolazione adulta. Il TEA di un paese rappresenta la percentuale di popolazione in età lavorativa coinvolta nelle attività che precedono la nascita di una nuova impresa o che l’hanno avviata da non oltre 42 mesi.
(2) La gran parte delle nuove imprese si avvia in settori a domanda locale, come le attività commerciali o di servizi alla persona, per cui nel breve periodo il loro effetto è di spiazzare attività già esistenti con effetti nulli o addirittura negativi sull’occupazione
(3) Accanto alla promozione degli spin-off, le università hanno stimolato o direttamente promosso iniziative di sostegno all’imprenditorialità innovativa nei loro contesti territoriali: fra queste le business plan competition e gli incubatori.
(4) Successivamente alla legge citata vi sono stati diversi provvedimenti normativi che hanno ampliato le agevolazioni per le start-up innovative. Un elenco di tali provvedimenti è contenuto nell’apposita sezione del sito del MISE.
(5) Secondo i dati Movimprese nel 2015 sono state avviate in Italia circa 370 mila imprese, ci cui circa 100 mila appartenenti ai settori ad alta e media tecnologia.
(6) La stessa situazione di osserva per gli spin-off universitari (Iacobucci et al., 2013).