Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Intensità ed efficacia dei Fondi Strutturali Europei

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di: Augusto Cerqua, Guido Pellegrini

EyesReg, Vol.7, N.6, Novembre 2017

 

Dal 1975 l’Unione Europea (UE) ha affiancato alla propria politica agricola e a quella indirizzata alla formazione del mercato unico una specifica politica regionale, volta a sostenere le aree più deboli, che avrebbero subito maggiormente l’impatto negativo dell’integrazione economica. Tale politica ha raggiunto nei

decenni seguenti un’importanza sempre crescente, non solo in termini di risorse ma anche di riconoscibilità dell’azione dell’UE. La politica regionale europea è costituita da una serie di programmi di investimento regionali, finanziati da alcuni fondi specifici, tra cui i principali sono: il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo di Coesione (FC). Il FESR è il più cospicuo fondo regionale e contribuisce ad una vasta gamma di iniziative di finanziamento delle politiche, tra cui il trasporto, l’innovazione, i finanziamenti per le PMI, l’energia, l’ambiente e la rigenerazione urbana. Il FSE si concentra sulle competenze, sullo sviluppo e sulla formazione del capitale umano, con particolare attenzione ai giovani e agli anziani. Il FC è concesso solo agli Stati membri in ritardo di sviluppo, il cui reddito nazionale lordo per abitante è inferiore al 90% della media UE, e in genere sostiene importanti adeguamenti strutturali e infrastrutturali.

La maggior parte della politica regionale è rivolta allo sviluppo e all’adeguamento strutturale delle regioni ‘Convergenza’, determinate a livello NUTS-2 e definite come regioni con PIL pro capite (misurato in standard di potere d’acquisto) inferiore al 75% della media dell’UE negli anni precedenti l’inizio di ciascun periodo di programmazione. Ad esempio, nel periodo di programmazione 2007-2013, le regioni Convergenza hanno beneficiato di 199 miliardi di euro, ovvero il 73,8% dei miliardi di euro spesi attraverso il FESR ed il FSE, e di una parte del FC, pari al 20% del totale dei fondi europei. L’allocazione dei fondi alle regioni avviene attraverso una procedura in due fasi. Nella prima fase i fondi vengono ripartiti fra stati membri, basandosi su indicatori predefiniti e trasparenti, quali la popolazione che risiede nelle regioni Convergenza, la prosperità regionale, la prosperità nazionale e la gravità della disoccupazione strutturale. La Figura 1 mostra la ripartizione dei diversi Fondi Strutturali e di Coesione per il periodo di programmazione 2007-2013.

 

Figura 1: Ripartizione dei Fondi Strutturali e di Coesione Europei nel periodo di programmazione 2007-2013 a livello nazionale.

Fonte: Commissione Europea. https://cohesiondata.ec.europa.eu/

 

Una volta completata l’assegnazione dei fondi a ciascun paese membro, inizia una seconda fase di assegnazione dei fondi per regione, basata su un processo di contrattazione tra autorità nazionali e regionali. Tale procedura crea una notevole differenziazione nell’ammontare di fondi per abitante anche all’interno delle regioni Convergenza. Questa eterogeneità è evidenziata dalla Figura 2, dove si mostra la ripartizione pro capite dei fondi europei durante il periodo 1994-2010 per le EU-15.

 

Figura 2: Ripartizione pro capite dei Fondi Strutturali e di Coesione Europei nel periodo 1994-2010 a livello di regioni NUTS-2.

Fonte: nostra elaborazione su dati Commissione Europea – DG Regio

 

La valutazione dell’efficacia della politica regionale europea

Nel corso degli ultimi 15 anni si è sviluppata un’ampia letteratura sull’efficacia della politica regionale europea sia in termini di convergenza che di crescita economica. In generale, la letteratura segnala un impatto positivo e significativo dei Fondi Strutturali e di Coesione sulla crescita economica delle regioni più arretrate, favorendo così il catching-up con le regioni più sviluppate. L’impatto complessivo è rimasto però piuttosto modesto, specie se comparato alle risorse impiegate (si veda la meta-analisi di Dall’Erba e Fang 2017).

La letteratura si è principalmente concentrata sulle differenze tra regioni Convergenza e il resto della UE, trascurando la forte eterogeneità dei fondi pro capite esistente anche all’interno delle regioni Convergenza. Difatti, le regioni Convergenza a più alta intensità di trattamento hanno ricevuto fondi pro capite fino a 10 volte più elevati di quelle a bassa intensità di trattamento. Una tale eterogeneità nei fondi pro capite potrebbe quindi essere una importante spiegazione delle differenze nella crescita tra regioni. Se da una parte esiste una relazione positiva tra intensità dei fondi e crescita economica, dall’altra è possibile che gli investimenti finanziati abbiano un tasso di rendimento decrescente, che possa portare ad un utilizzo inefficiente dei soldi pubblici nelle regioni più incentivate. L’approccio metodologico più diffuso in presenza di una variabile di policy continua è il generalized propensity score (GPS) matching, stimatore non parametrico che permette di valutare l’impatto dell’intensità dei fondi pro capite ricevuti sulla crescita economica delle regioni, tenendo conto di alcune variabili osservabili (si veda Hirano e Imbens 2004). L’assunzione principale di questa metodologia è che le variabili di controllo siano in grado di correggere per la distorsione da selezione nelle diverse intensità di trattamento. Recentemente, Cerqua e Pellegrini (2017) hanno proposto un nuovo approccio che estende al caso di trattamento continuo il modello di heterogeneous local average treatment effect (HLATE) sviluppato da Becker et al. (2013). Questo nuovo approccio è basato sul regression discontinuity design (RDD) e permette di confrontare la crescita economica delle regioni Convergenza e non-Convergenza dovuta alla diversa intensità dei fondi europei in termini di differenza rispetto all’intensità media del gruppo di appartenenza. La comparabilità delle regioni è ‘garantita’ dall’utilizzo nel modello di variabili di controllo e dalle caratteristiche del RDD che pesa maggiormente le unità più vicine alla soglia di assegnazione dei fondi Convergenza (la regola del 75%). Inoltre, tale approccio può essere abbinato ad una strategia basata sulle variabili strumentali che tenga conto dell’endogeneità generata dalla seconda fase in cui vengono assegnati i fondi alle singole regioni NUTS-2.

L’utilizzo di questi stimatori ha permesso di valutare in modo più completo ed informativo l’efficacia dei fondi europei. I risultati confermano l’effetto positivo medio sulla crescita regionale. L’aspetto a nostro parere più interessante è che la relazione trovata tra intensità dei fondi ricevuti e crescita non sia lineare, ma concava, per cui decresce dopo aver raggiunto un valore massimo, pari a circa €305–€340 pro capite per anno. Questo risultato è giustificato, ad esempio, da una limitata capacità di assorbimento e/o un ridotto livello di capitale umano di alcune regioni (si vedano Becker et al. 2013; Rodríguez-Pose e Garcilazo 2015). Le regioni che hanno ricevuto più di €340 pro capite per anno durante il periodo 1994-2006 sono undici e sono perlopiù appartenenti a Grecia e Portogallo. La concavità implica che una redistribuzione dei fondi dalle regioni con intensità superiore a quella del valore massimo alle altre aumenterebbe l’efficacia complessiva dei fondi sulla crescita media regionale, senza incrementarne la dotazione complessiva (si vedano Becker et al. 2012; Cerqua e Pellegrini 2017), e suggerisce una revisione dei meccanismi di assegnazione dei fondi da parte della UE, che tenga anche conto di altre caratteristiche delle regioni sottosviluppate, come il livello di capitale umano o la capacità della P.A.

Augusto Cerqua, University of Westminster

Guido Pellegrini, Sapienza Università di Roma

 

Riferimenti bibliografici

Becker S.O., Egger P.H., von Ehrlich M. (2012), Too much of a good thing? On the growth effects of the EU’s regional policy, European Economic Review, 56, 4: 648-668.

Becker S.O., Egger P.H., von Ehrlich M. (2013), Absorptive capacity and the growth and investment effects of regional transfers: A regression discontinuity design with heterogeneous treatment effects, American Economic Journal: Economic Policy, 5, 4: 29-77.

Cerqua A., Pellegrini G. (2017), Are we spending too much to grow? The case of Structural Funds, Journal of Regional Science, pubblicato online il 26 Ottobre 2017.

Dall’Erba S., Fang F. (2017), Meta-analysis of the impact of European Union Structural Funds on regional growth, Regional Studies, 51, 6: 822-832.

Hirano K., Imbens G.W. (2004), The propensity score with continuous treatments, in Andrew G., Meng X.-L. (eds.), Applied Bayesian modeling and causal inference from incomplete-data perspectives, Wiley, 73-84.

Rodríguez-Pose A., Garcilazo E. (2015), Quality of government and the returns of investment: Examining the impact of cohesion expenditure in European regions, Regional Studies, 49, 8: 1274-1290.

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2 Comments

  • ANDREA NALDINI

    Conosco e ho sempre seguito con interesse i vostri lavori. Mi chiedo però se questa relazione concava risulterebbe confermata applicando la stessa analisi ai paesi dell’Est europa, che hanno avuto forte convergenza e risorse molto elevate negli ultimi anni.
    Seppure questa osservazione sia soprattutto intuitiva e non conosca recenti lavori a proposito, credo che sia necessario tener conto di un fattore “nazionale” nei processi di convergenza europea, che riassuma redistribuzione territoriale e sistemi istituzionali. Forse una dummy o una variabile strumentale potrebbero essere inseriti in un esercizio econometrico di questo tipo per testare questa ipotesi.
    un cordiale saluto a entrambi

  • Gentile Direttore Naldini, la ringrazio molto per il commento. I paesi dell’Est Europa non sono stati considerati in quanto sono entrati nell’Unione Europea a partire dal 2004 ed il nostro lavoro si ferma ad un periodo di valutazione precedente alla recessione.

    È vero che ci si potrebbe aspettare una relazione diversa data la forte convergenza di questi paesi, tuttavia bisognerebbe controllare se a trainare la crescita siano state effettivamente le regioni dell’est più sussidiate. Il punto è che spesso le regioni più sussidiate sono anche quelle più arretrate sia in termini socio-economici che istituzionali ed è quindi possibile che non riescano sfruttare in modo produttivo tutti i fondi che ricevono. I dati per fare questa analisi ci sono e sarà interessante commentare i risultati; tuttavia chiunque si cimenti in questa analisi dovrà tentare di depurare la relazione crescita-fondi dall’impatto della recessione, al fine di trarne conclusioni generali, e ciò non è impresa semplice.

    Un cordiale saluto

 
 

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