Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Formazione professionale e politiche: l’esperienza lombarda

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di: Alberto Bramanti

EyesReg, Vol.7, N.6, Novembre 2017

 

Non c’è futuro senza una crescita umana e professionale delle nuove generazioni, dunque non c’è futuro senza educazione. Il tema dell’emergenza educativa e della istruzione e formazione dei giovani è tornato ormai da tempo in primo piano (Chiosso, 2009; Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, 2009; Ribolzi e Vittadini, 2014) interrogando a fondo anche il sistema formativo e scolastico.

Il “successo formativo” diviene pertanto un obiettivo primario sulla strada dell’accumulazione di capitale umano (Bramanti e Odifreddi, 2009). Oltre che un bisogno realizzativo della singola persona esso rappresenta anche un bene collettivo e un legame di cittadinanza, profondamente ancorato a uno specifico contesto territoriale.

Le migliori pratiche nazionali e internazionali segnalano come percorsi formativi di successo si connotano per una forte centratura sulla persona e i suoi stili di apprendimento, e per la necessità di promuovere reti locali tra i differenti attori che partecipano al processo formativo. Per il rilevante contenuto di “bene pubblico” che essi inoltre posseggono, il ruolo delle politiche conta e conta molto. Esse infatti delineano il quadro di regole entro cui gli attori del processo si muovono, e dispongono le risorse finanziarie destinate a questo specifico e rilevante investimento.

 

Sperimentazioni regionali e l’esperienza lombarda

Il campo della formazione è disseminato di numerose sperimentazioni, ma spesso le regioni hanno proceduto in ordine sparso nella messa a punto di un sistema di offerta all’interno di un coordinamento ministeriale risultato inizialmente debole.

Negli ultimi anni, al contrario, si è assistito ad un esasperato “riformismo” da parte del legislatore nazionale, tornato sull’argomento a più riprese. Ad ogni passaggio si sono però sovrapposti due nuovi fenomeni: una crescente problematizzazione delle risorse finanziarie dedicate ai vari percorsi della formazione professionale, e un dibattito mai chiuso circa l’opportunità di valorizzare la formazione professionale stessa in termini di equivalenza formativa rispetto alla scuola (Colasanto, 2009).

In questo contesto, Regione Lombardia si è mossa pro-attivamente sin dai primi anni 2000 nel mettere a punto un compiuto disegno regionale di formazione professionale (Albonetti e Violini, 2008). Il punto di arrivo dello sforzo riformatore lombardo è visibile in particolare nella “Legge sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia” (LR 19/2007).

Tale legge ha consentito di mettere a sistema i percorsi triennali regionali, avviati in via sperimentale nel 2002 e cresciuti al 2007 a 31 mila iscritti (e poi, ulteriormente, a 52 mila nel 2012 e infine 62,6 mila nel 2015). E quindi di far seguire al triennio di qualifica un quarto anno di diploma professionale, e un quinto per l’ottenimento del diploma di maturità e l’accesso all’Università.

Tra il 2007 e il 2015 molte cose sono cambiate. L’Italia – con l’Europa e il mondo intero – è passata attraverso la peggiore crisi reale che l’abbia colpita dal secondo dopoguerra. Il mercato del lavoro è andato in sofferenza con un incremento significativo dei tassi di disoccupazione (in particolare giovanile) e di “precarizzazione” dei rapporti di lavoro. Le politiche europee e nazionali hanno cercato di innovare il fronte delle politiche attive del lavoro, e anche Regione Lombardia è stata tra gli sperimentatori più attivi utilizzando strumenti quali la “Dote unica lavoro” e “Garanzia giovani”, che hanno contribuito a inserire nel mondo del lavoro 110 mila giovani nell’ultimo triennio.

Valorizzando quanto già fatto e considerando i cambiamenti di contesto introdottisi nel sistema, nel 2015 Regione Lombardia rivede la propria normativa (LR 30/2015, nota come legge Aprea) apportando alcune modifiche alle precedenti leggi sulla formazione (LR 19/2007) e sul mercato del lavoro (LR 22/2006). L’idea centrale è di spingere maggiormente sull’integrazione dei due mondi, rendendo il percorso tradizionalmente lineare tra formazione e mercato del lavoro, un percorso “circolare” (Bramanti, 2015).

Tra le novità introdotte dalla LR 30/2015 viene aggiunta una specifica attenzione per l’occupabilità e la competitività del sistema economico; la formazione non è più indirizzata solo al giovane, ma diventa anche uno strumento per la competitività delle imprese. Inoltre si sancisce una maggiore integrazione scuola–lavoro e l’apprendistato quale modalità formativa prioritaria per l’apprendimento permanente.

Si stabilisce anche un maggiore raccordo tra il sistema della formazione professionale con quello dell’istruzione e dell’Università, con particolare attenzione all’ambito territoriale e produttivo di riferimento, sottolineando l’importanza del partenariato locale per costruire reti tra sistema educativo e quello economico, al fine di realizzare filiere settoriali per l’occupabilità e l’occupazione.

 

Un sistema in divenire: quattro attenzioni per il futuro

Dentro l’impianto normativo richiamato sono identificabili quattro snodi che richiedono attenzione nella gestione di un sistema che è per definizione in divenire, dovendo offrire risposte ad esigenze e domande mutevoli, in un contesto ancora di forte incertezza.

Il primo riguarda la rete di relazioni aziendali, un indiscutibile punto di forza di numerosi Enti accreditati nell’esperienza territoriale lombarda. Per realtà imprenditoriali di piccola dimensione ospitare un giovane in formazione (in stage o alternanza) è un onere non indifferente, soprattutto in termini di risorsa tempo da dedicargli. Il sistema non è pronto ad aumentare consistentemente il tempo da impegnare in tale formazione, e la forte domanda che il sistema scolastico territoriale rivolgerà nel prossimo futuro al proprio sistema produttivo per ottemperare al numero di ore (400 per gli Istituti tecnici e 200 per i licei) di tirocinio potrebbe creare problematicità anche per gli Enti di formazione che delle imprese hanno bisogno per realizzare i propri obiettivi di successo formativo.

Un secondo snodo riguarda la formazione superiore tramite ITS. Vitale per i nuovi percorsi è il coinvolgimento forte e motivato delle aziende e l’identificazione puntuale del valore aggiunto specifico rispetto al diploma professionale. Vincoli più stringenti su questo duplice fronte potrebbero mettere freno a una crescita sin troppo “disinvolta” dell’offerta. L’obiettivo è infatti quello di avere tutti e solo gli ITS in grado di stare sul mercato quando verranno meno i finanziamenti statali, e i percorsi formativi dovranno essere pagati dalle aziende e dagli studenti frequentanti.

Un terzo snodo, probabilmente il più rilevante, riguarda la partita del finanziamento della formazione attraverso il sistema dotale. Il contingentamento che è attualmente imposto agli Enti formativi accreditati non aiuta il sistema a orientare/riorientare l’offerta formativa verso le professioni per le quali esiste una più solida domanda. Il sistema lombardo deve trovare il modo per facilitare l’attivazione di nuovi corsi su cui esiste una effettiva richiesta da parte delle aziende. Dovrebbe pertanto destinate una quota di risorse crescenti sui nuovi investimenti, sia per percorsi formativi richiesti dal sistema produttivo, sia per attrezzature laboratoriali all’avanguardia.

Quest’ultimo ragionamento è strettamente connesso al quarto nodo, quello del “rating”. Manca ancora una chiara delineazione, certamente complessa perché le è richiesto di bilanciare esigenze differenti: esiti occupazionali dei giovani formati, dotazione delle attrezzature dei laboratori, qualità della formazione dei formatori. Una volta messo a punto e rodato nella pratica, privilegiando sempre la sostanza sulla forma, un sistema di rating dovrà divenire criterio di premialità forte per riorientare il sistema dell’offerta verso obiettivi di efficacia e di efficienza formativa, di cui anche il sistema lombardo ha estremo bisogno.

Alberto Bramanti, CERTeT-Università Bocconi

 

Riferimenti bibliografici

Albonetti R. e Violini L.  (2008), «Il principio di sussidiarietà nel sistema lombardo di istruzione, formazione e lvoro: integrazione e innovazione». Brugnoli A., Vittadini G., a cura di, La sussidiarietà in Lombardia. I soggetti, le esperienze, le policy. Guerini e Associati, Milano, pp. 43-56.

Bramanti A. (2015), «Nuove alleanze nel percorso scuola–lavoro». Scuola Democratica, N. 3, pp. 617-641.

Bramanti A. e Odifreddi D. (2009), a cura di, Una strada per il successo formativo. Dal “diritto-dovere” alla formazione professionale terziaria. Fondazione per la Sussidiarietà–Guerini Associati, Milano.

Chiosso G. (2009), a cura di, Sperare nell’uomo. Giussani, Morin, Mac Intyre e la questione educativa. Sei, Torino.

Colasanto M. (2009), «Prefazione». Bramanti A. e Odifreddi D., a cura di, op cit., pp. 11-18.

Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana (2009), La sfida educativa. Editori Laterza, Roma-Bari.

Ribolzi L., Vittadini G. (2014), a cura di, S.O.S. Educazione. Statale, paritaria: per una scuola migliore. Fondazione per la Sussidiarietà, Milano.

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