Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Scuola e lavoro: questioni di genere in Liguria

Print Friendly, PDF & Email

di: Claudia Sirito

EyesReg, Vol.6, N.4, Luglio 2016

 

La Liguria ha una tradizione antica di partecipazione femminile al mondo del lavoro [1], da cui derivano alcune caratteristiche strutturali e sociali. Come ricordava Paolo Arvati nel Rapporto regionale 2011, edito in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia (Unioncamere Liguria, Regione Liguria, Istat, 2011), il carattere anticipatore della Liguria rispetto alle dinamiche demografiche complessive di riduzione della fertilità e invecchiamento della popolazione italiana sono l’effetto della precoce partecipazione del mondo femminile alla vita economica e produttiva, specie nelle città.

Già da fine Ottocento, nella popolazione urbana della regione si rilevava un marcato ritardo dell’età delle nozze e, quindi, una età più avanzata per la nascita dei figli con la conseguente diminuzione del numero degli stessi e tassi di fecondità e di natalità tra i più bassi d’Italia (se non proprio i minimi….). Tra la fine dell’800 e l’inizio del secolo scorso si è inoltre assistito ad un forte processo di urbanizzazione e contemporaneo abbandono delle zone rurali. Qui, in particolare, anche a seguito della decisione di molti individui (generalmente maschi) di emigrare verso il Sud America, capita spesso che comuni di minori dimensioni rimangano con una popolazione di sole donne, lasciate a coltivare gli orti e a tessere le reti.

Ciò nondimeno, in Liguria la situazione attuale delle condizioni della popolazione femminile rispetto a quella maschile, specie in alcuni aspetti, non è ottimale e la crisi degli ultimi anni ha accentuato le difficoltà legate alla reale partecipazione femminile alla vita economica e sociale.

 

Popolazione femminile e istruzione

La popolazione ligure è contraddistinta da un elevato livello di istruzione, sia a livello maschile che femminile. Nel 2013 secondo la rilevazione delle Forze di Lavoro dell’Istat, il 14,7% delle donne è laureata (nordovest 13,3% e Italia 12,9%) e il 28,1% diplomata. Nel caso della popolazione maschile le percentuali sono del 14,4% e 30,8%. Inoltre, in Liguria vi è un elevato valore del tasso di scolarità complessivo (pari a 96,5%), il più alto tra tutte le regioni settentrionali.

Tuttavia, mentre nel resto del Paese il dato femminile è costantemente superiore a quello maschile, in Liguria la scolarità femminile è inferiore (seppur di poco) a quella maschile. Anche gli ultimi dati relativi alle diplomate all’età di 19 anni non sono particolarmente brillanti (cfr. tabella 1, ultime colonne a dx): inferiore di 3,6 punti percentuali rispetto alla media nazionale, la percentuale si ferma al 77,1%. A livello nazionale valori inferiori si registrano solo in Valle d’Aosta, Lombardia e Bolzano. Nello stesso tempo, se confrontata con quella dei diplomati maschi alla medesima età, la percentuale femminile risulta superiore di ben 9,4 punti percentuali.

Semplificando, possiamo dire che le femmine, quindi, sono più brave dei maschi alle superiori, ma con una bassa partecipazione complessiva al sistema formativo nazionale.

Tabella 1 – Indicatori dell’istruzione secondaria di secondo grado per regione. Anno scolastico 2012/2013

Tab 1

Per quanto riguarda la frequenza universitaria, invece, la partecipazione femminile è superiore a quella maschile, anche se inferiore alla media nazionale: le percentuali di immatricolate e iscritte a corsi di laurea di primo livello sono rispettivamente il 53,7% contro il 54,6% nazionale per le immatricolate e il 54,5% contro il 54,7% nazionale per le iscritte. Più elevata la differenza rispetto al dato italiano nel caso delle iscrizioni a lauree specialistiche/magistrali biennali dove si registra in Liguria il 52,8% di iscritte a fronte delle 56 su 100 in Italia; per quanto riguarda le lauree specialistiche annuali, la percentuale di femmine sul totale sale al 60,5% in Liguria (contro il 62,2% della media nazionale).

I migliori risultati ottenuti alle superiori spiegano la maggiore propensione delle ragazze ad iscriversi all’Università, anche se i dati regionali sono meno esemplificativi del fenomeno rispetto alla media nazionale.

Tabella 2 – Immatricolati, iscritti e laureati ai corsi di laurea di primo livello per gruppo di corsi e regione. Anno accademico 2012/2013 

Tab 2

Considerando i giovani di 25 anni, le studentesse confermano i migliori risultati rispetto ai maschi: il 42,2% delle femmine e il 27,5% dei maschi hanno ottenuto il titolo universitario per la prima volta nell’anno accademico 2012-2013. Si confermano così le divergenze degli anni precedenti, mentre con riferimento al successo nel giungere alla laurea magistrale, i dati femminili sono in miglioramento negli ultimi anni [2] e nel 2012/2013 il 26,2% delle femmine ottengono la laurea magistrale contro il 16,9% dei maschi.

Tabella 3 – Indicatori dell’istruzione universitaria per sesso e regione di residenza degli studenti. Anno accademico 2012/2013          

Tab 3

A quattro anni dal termine degli studi (nel 2011, ultimo dato disponibile ad agosto 2015) si nota una maggiore percentuale di maschi che lavorano, con differenze minime tra i laureati triennali (inferiore all’1% e con circa i ¾ dei giovani di entrambi i sessi che lavorano) che crescono in maniera esponenziale nel caso delle lauree magistrali dove il 79,8% delle femmine e l’89,2% dei maschi lavora. Le difficoltà femminili nel trovare un lavoro riguardano inoltre la diversa tipologia di contratti come evidenziano i dati relativi al lavoro continuativo dopo la laurea all’aumentare del livello della laurea: infatti mentre nel caso delle lauree triennali le percentuali femminili e maschili si aggirano entrambe intorno al 55% (con differenze non significative), per le lauree magistrali la percentuale femminile rimane abbastanza simile ed è pari al 53,5% mentre per i maschi raggiunge un livello decisamente più soddisfacente (82,2%).

Nel caso femminile, quindi, la laurea magistrale non comporta un vantaggio sostanziale in termini di impiego, ed in particolare di impiego stabile, determinando una prima indicazione del maggiore livello di precarietà che contraddistingue la partecipazione femminile al mondo del lavoro; ciò comporta una maggiore tendenza allo scoraggiamento che, in diversi casi, porta ad abbandonare la ricerca stessa di un lavoro: se si considerano le condizioni lavorative a quattro anni dal conseguimento del titolo di laurea triennale, ogni 100 femmine laureate che non lavorano sono 14 quelle che non cercano lavoro (ma in questo caso il dato è simile a quello maschile e in parte è legato per entrambi i sessi alla frequenza di un ulteriore corso di laurea), mentre nel caso della laurea magistrale 11 laureate su 100 rinunciano alla ricerca (per i maschi il dato risulta 4 punti percentuali inferiore, vale a dire solo 7 laureati magistrali che non lavorano su 100 non cercano lavoro a quattro anni dalla laurea).

 

Laureati del 2007 in lauree triennali per sesso, condizione occupazionale nel 2011 e regione (a) Anno 2011

Tab 4

Laureati del 2007 in lauree magistrali per sesso, condizione occupazionale nel 2011, gruppo di corsi e regione (a) Anno 2011

Tab 5

 

La partecipazione femminile al mondo del lavoro

In Liguria la tradizione di una forte presenza di elevate professionalità nella forza lavoro regionale (figlia in particolare della presenza delle imprese a Partecipazione Statale e comunque legata alle specializzazioni industriali presenti sul territorio) si conferma anche nella componente femminile, che, visti i risultati formativi, risulta più preparata dei colleghi maschi.

Tuttavia, in alcuni ambiti in modo particolare, la struttura produttiva tende tuttora a mantenere un assetto a forte preponderanza maschile, consentendo tra l’altro alle imprese una altrimenti non giustificata differenza nei livelli salariali che cresce al crescere del livello/qualifica e un maggior utilizzo del part time proprio per un numero elevato di addette, che pertanto si trovano a ricevere, molto spesso involontariamente,questioni porzioni ridotte delle retribuzione possibile. Nel 2013 secondo la rilevazione delle forze lavoro dell’Istat nel nordovest 503mila occupate (20,4% del totale) contro 186mila occupati (6,7%) erano collocate a part time non su loro richiesta e 127mila erano le sottooccupate (5,2%) a fronte di 76mila maschi (2,8%).

In conclusione si può affermare che nella condizione femminile in ambito lavorativo non è solo un problema di tempi di vita a determinare gli squilibri (anche se sicuramente la cura parentale determina condizioni dispari) inducendo spesso le donne a scelte professionali condizionate, e che quella attuale non è una situazione figlia della crisi (anche se le difficoltà degli ultimi anni ne hanno aggravato la portata), essendo insita nella realtà quotidiana da sempre.

 Claudia Sirito, CCIAA Genova

 

Riferimenti bibliografici

Istat (2014) – Annuario Statistico Italiano 2014 – Istat

Unioncamere Liguria, Regione Liguria, Istat (2012) – Rapporto Statistico Liguria 2011 – Unioncamere Liguria, Regione Liguria, Istat

 

Note

[1] In particolare nell’800 con la Rivoluzione Industriale e il lavoro come operaie nelle fabbriche

[2] A livello generale soprattutto nelle percentuali delle lauree triennali si nota un forte ridimensionamento delle percentuali, probabilmente legato all’inasprirsi della crisi economica che ha sicuramente inciso sulla qualità della frequenza e dello studio, costringendo a rallentare se non ad abbandonare il corso di laurea

Condividi questo contenuto
 
 
 
 
 
 
 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *