Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Più risorse per i comuni, ma senza federalismo

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di: Claudia Ferretti, Patrizia Lattarulo

EyesReg, Vol.6, N.3, Maggio 2016

 

Sembra finalmente conclusa l’epoca del Patto di Stabilità Interno, poiché gli enti per il 2016 concorreranno ai saldi di finanza pubblica attraverso il pareggio di bilancio. In particolare, ogni ente dovrà conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra entrate finali e spese finali. Tra le implicazioni più significative derivate dall’applicazione del Patto di Stabilità vi è quella relativa alla riduzione sempre più consistente degli investimenti. Come noto, infatti, le uscite in conto capitale in Italia sono diminuite, negli ultimi 5 anni, del 45% rappresentando oggi il 16% dei pagamenti complessivi (180 euro procapite).

Partendo da questo dato di fatto, la Legge di Stabilità 2016 interviene su tre fronti:

  • da un lato, con il superamento del Patto, si liberano gli investimenti degli enti locali dai vincoli da questo imposti;
  • dall’altro, si rimanda l’applicazione del Fiscal Compact (L.243/2012), il cui obbligo del pareggio su otto saldi (saldi di parte corrente e finale, di competenza e di cassa, in sede previsionale e consuntiva) rappresenta ad oggi una rigidità troppo onerosa sia per la programmazione delle spese correnti e di investimento sia per la gestione di cassa;
  • inoltre, si sceglie di non intervenire con ulteriori tagli ai Comuni, ma anzi si dà la possibilità di fare ulteriori investimenti, seppure vincolati a specifiche tipologie di intervento (le scuole).

Gli effetti di questo cambio di regole sembrano quindi incoraggianti (RGS, 2016). Come noto, infatti, il principio della “competenza mista” previsto dalle regole del Patto di Stabilità consentiva agli enti di liberare impegni di spesa (competenza) mentre contestualmente ne bloccava i pagamenti (cassa). Tale meccanismo ha determinato nel tempo l’accumularsi nelle casse comunali di risorse impegnate per spese in conto capitale ma poi mai pagate, nell’obiettivo di rispettare il Patto. Pertanto, la prima conseguenza che deriverà dall’abbandono delle regole del Patto di Stabilità riguarda proprio la possibilità di liquidare risorse per investimenti già realizzati.

Guardando alla totalità dei comuni italiani, le somme dei pagamenti rinviati dagli enti (misurate dai residui passivi riaccertati) valgono, secondo una stima Ifel per il 2015 (IFEL, 2015), circa 6,2 miliardi di euro. Naturalmente le risorse che davvero potranno essere liberate dipendono da quelle effettivamente nelle casse comunali. Prendendo in esame i dati di bilancio, le risorse disponibili in cassa (al 2014, ultimo anno disponibile, in assenza del 2015) risultano generalmente più elevate, con l’unica eccezione della Sicilia, rispetto ai residui revisionati e pertanto sarebbe addirittura possibile immaginare, per questi enti, la realizzazione di pagamenti per un ammontare vicino ai 6,2 miliardi di euro. Naturalmente si tratta di un importo di riferimento, indicativo delle risorse potenzialmente disponibili. In ogni caso, rappresentano risorse significative che in parte potranno essere destinate al sistema produttivo, alle imprese cioè che hanno crediti da esigere. E’ evidente però che il risultato di tale operazione potrà essere anche molto differenziato tra i comuni.

 

Residui passivi in c/to capitale riaccertati e fondo di cassa nei comuni italiani per regione (Milioni di euro)

Tab 1Fonte: Elaborazioni su dati Ifel e Ministero dell’Interno

 

Il secondo effetto derivante dall’abbandono del Patto di Stabilità consiste nel fatto che i comuni non sono più obbligati al raggiungimento di un saldo positivo, ovvero alla realizzazione di un risparmio da destinare al bilancio dello Stato (il famoso obiettivo). Da questo punto di vista è possibile considerare che l’avanzo che i comuni realizzavano sul saldo finale di competenza possa tradursi, di fatto, in una capacitò di spesa aggiuntiva per i comuni. Nonostante i calcoli si riferiscano, anche in questo caso, ai bilanci del 2014, e siano quindi solo indicativi dell’effetto finale, forniscono una valutazione di massima delle capacità di spesa aggiuntive dei comuni, pari a 4,2 miliardi di euro, cioè il 7% delle entrate correnti.

Naturalmente non tutti gli enti riescono a raggiungere il pareggio di bilancio in ugual misura. Infatti, se da un lato il saldo finale è complessivamente positivo per ogni regione, dall’altro la misura dello stesso saldo rispetto alle entrate correnti assume proporzioni territorialmente anche molto diverse.

Saldo finale di competenza per regione, su dati 2014 (Milioni di euro e %)

Tab 2Fonte: elaborazioni su CCCB 2014 delle amministrazioni comunali

 

Inoltre, mentre il 20% dei comuni con saldo finale più basso (1° quintile) mostra complessivamente un disavanzo, nel 40% dei comuni con saldo elevato (4° e 5° quintile) l’avanzo rappresenta mediamente oltre il 9% delle entrate correnti.

 

Saldi corrente e finale di competenza per quintile di saldo finale. comuni toscani (% sulle entrate correnti di competenza)

Tab 3Fonte: elaborazioni su CCCB 2014 delle amministrazioni comunali

 

E’ opportuno, però, ricordare che questo risultato viene raggiunto anche grazie al rinvio, solo momentaneo, degli otto vincoli definiti dalla L.243/2012  (Corte dei Conti, 2016). In Italia il rispetto del saldo unico di competenza è soddisfatto già oggi dall’86% dei Comuni, mentre assai più difficile sarebbe per gli enti il raggiungimento di tutti i vincoli sanciti dalla L. 243/2012: in Toscana, ad esempio, solo il 37% degli enti potrebbe garantire ad oggi il rispetto di tutti i parametri.

 

Comuni che rispettano i saldi finali (Valori assoluti e %, 2014)

Tab 4Fonte: nostre elaborazioni su CCCB 2014 delle amministrazioni comunali

 

In relazione al saldo finale, vanno considerati però altri due aspetti rilevanti contenuti all’interno del decreto legge. Il primo riguarda l’inclusione, tra gli aggregati utili ai fini della determinazione del saldo, del fondo pluriennale vincolato (FPV), escluse le quote finanziate con debito. Lo strumento del FPV è stato introdotto, come noto, dall’armonizzazione contabile (D.L 118/2011) per rispondere sostanzialmente a due principi: assicurare la copertura finanziaria degli investimenti, da un lato, e registrare la spesa al momento del suo perfezionamento giuridico. Da questo punto di vista, quindi, la possibilità di escludere ai fini del pareggio la quota del FVP finanziata con debito potrebbe avere effetti espansivi sia sulla spesa in conto capitale che su quella corrente. Pertanto sarebbe auspicabile che tale esclusione fosse consentita non solo per il 2016 ma almeno per l’intero triennio. Questa misura va letta assieme all’esclusione dai vincoli contabili ai fini del pareggio di bilancio, della spesa in edilizia scolastica. In altre parole, per incentivare gli investimenti non vengono promessi trasferimenti, ma la norma autorizza appunto l’esclusione dalla determinazione del saldo finale, delle spese sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica effettuati sia attraverso l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione sia attraverso il ricorso al debito. Nonostante l’esclusione operi nel limite massimo di 500 milioni di euro, questa misura rappresenta comunque un incentivo per gli enti a realizzare nuovi investimenti. Dati i tempi brevi, si tratterà di mettere in cantiere opere già programmate.

 

Conclusioni: si liberano risorse per il territorio, ma la mano che le guida è del governo centrale

In definitiva, il disegno di Legge di Stabilità 2016 sembra riconoscere agli investimenti locali, più vicini al territorio, una capacità di attivazione della ripresa economica. Gli spazi di manovra che realmente potranno liberarsi dipenderanno dalle effettive disponibilità di risorse degli enti e dalla loro capacità di programmazione. Si tratta, in ogni caso, di stanziamenti importanti, soprattutto se commisurati agli investimenti realizzati negli ultimi anni. Naturalmente gli effetti della ripresa della spesa degli enti locali saranno più evidenti e prolungati se gli interventi adottati dal governo verranno confermati anche nel prossimo futuro.

A tale proposito è bene ricordare che il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato un disegno di legge di modifica della legge 243/2012, con l’obiettivo, tra l’altro, di sostituire definitivamente i quattro saldi di riferimento degli Enti locali con un unico saldo finale di competenza, sia nella fase di previsione che di rendiconto.

Il superamento del Patto di Stabilità non comporta però una maggiore autonomia degli enti, poiché sia le politiche fiscali che quelle di spesa vengono dirette dal centro. Inoltre, l’efficacia complessiva dell’intervento viene penalizzata dai molti interrogativi sul futuro. Infatti, l’intervento appena descritto è solo transitorio, mentre sul futuro incombono nuove ristrettezze, nel solito quadro di incertezza generale che ha caratterizzato gli ultimi anni.

 

Risultati di sintesi della manovra 2016 (Italia; Milioni di euro e %)

Tab 5

Infine, come considerato da alcuni osservatori, i conti pubblici del paese risentono negativamente della manovra: non solo i comuni non danno più il loro contributo al risanamento attraverso gli avanzi di bilancio richiesta dal patto di stabilità, ma inoltre è in buona parte attraverso il debito che gli enti potranno realizzare la propria spesa.

Claudia Ferretti, Irpet

Patrizia Lattarulo, Irpet

 

Riferimenti bibliografici

CORTE DEI CONTI (2016), Rapporto 2016 sul coordinamento della finanza pubblica

IFEL (2015), La finanza comunale in sintesi – Rapporto 2015

MEF – ragioneria generale dello stato (2016), La manovra di finanza pubblica per il 2016-2018

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