Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Orti metropolitani tra Milano e Torino

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Questo contributo è parte di un numero speciale di EyesReg dedicato al tema dell’agricoltura urbana, curato da Corinna Morandi.

 

 

di: Corinna Morandi, Andrea Rolando

EyesReg, Vol.6, N.5, Settembre 2016

 

Da alcuni anni alla Scuola di Architettura del Politecnico di Milano un laboratorio di progettazione interscalare della laurea triennale è dedicato alle attività di agricoltura urbana che possono dare senso spaziale, funzionale, sociale a territori urbani e metropolitani marginali (1). Le esperienze, storiche e recenti, di realizzazione di orti e giardini a Berlino sono state un riferimento costante per l’attività progettuale, nella tipologia “pianificata” degli Schrebergarten o nelle costruzioni informali, ma ormai ben sedimentate, di Tempelhof, di Prinzessinengarten o di Himmelbeet (http://himmelbeet.de/ ).

Il contesto tematico che fa da quadro alla attività progettuali del laboratorio prende in considerazione i fattori economici e ambientali che hanno modificato la tradizionale competizione tra usi del suolo nelle aree periurbane, che ha visto per lungo tempo i suoli agricoli soccombere a fronte di più redditizie trasformazioni edilizie. Sullo sfondo, vi sono cambiamenti culturali e ragioni economiche che contribuiscono a modificare il rapporto tra l’uomo e la terra, una nuova attenzione per la qualità di ciò di cui ci nutriamo, sorretta dalla crescente capacità di pressione di movimenti come Slow Food hanno portato a ripensare al ruolo dell’agricoltura nell’ambiente urbano. Abbiamo considerato questa rifocalizzazione del rapporto tra cibo-suolo-persone anche come un particolare aspetto della legacy immateriale di Expo 2015, declinata con particolare efficacia – anche se non da oggi –nella regione urbana tra Milano e Torino, rispetto alla quale il sito dell’esposizione universale ha finito per essere riconosciuto come una nuova centralità. La prospettiva metropolitana e regionale (il ricco ambiente naturale e produttivo, anche se fortemente infrastrutturato, in between le due aree metropolitane) ha consentito di dare un nuovo significato territoriale a un contesto (il sito di Expo) altrimenti visto – a ragione – in una prospettiva urbana come periferico, periurbano, marginale.

Il tema della produzione agricola (Feeding the planet) ha contribuito al delinearsi di questo diverso paradigma.

I temi progettuali per le aree periurbane della regione tra Milano e Torino in cui dare un nuovo senso alle pratiche agricole di comunità, sono legati agli obiettivi di evitare il degrado, recuperare e riattivare brani di paesaggio – anche costruito – storico, comprese le grandi reti dei canali e dei manufatti idraulici, che hanno sostenuto storicamente e tuttora supportano le produzioni risicole, industriali, individuali o di comunità. Le nuove destinazioni funzionali sono orientate, oltre che alla produzione, consumo e vendita diretta, all’agricoltura multifunzionale e a un insieme di aspetti pedagogici e sociali associabili alle pratiche agricole.

Le cascine dell’ovest milanese, nel contesto territoriale di Expo, sono apparse come un buon terreno di sperimentazione progettuale relativamente ai temi richiamati, che ha consentito di costruire alcuni scenari di recupero coerenti con gli obiettivi sopra richiamati, come nel caso di Cascina Sella Nuova: un manufatto storico di grande interesse, ceduto come standard urbanistico nel quadro di un piano di edilizia economica e popolare ma mai rimesso in funzione, in prossimità della quale – ma con un programma autonomo – è stata realizzata una banale lottizzazione pubblica di orti comunali.

 

figura-1Una visione dall’alto del masterplan della cascina Sella Nuova, sviluppato dagli studenti Emiliano Berni e Davide Monticelli nell’ambito del Laboratorio di Tesi Triennale “Edgelands and Urban Agriculture” (proff. Morandi, Leoni, Rolando).

Le sperimentazioni progettuali (è importante considerare gli effetti ambientali ma anche quelli spaziali della nuova attenzione alle pratiche agricole non solo urbane, ricollegandosi ad una tradizione di costruzione del paesaggio, di cui coltivi e manufatti sono le componenti progettuali) sono state anche un pretesto per osservare la varietà di casi già attivi nel contesto metropolitano tra Milano e Torino, partendo dalle analogie sulle componenti fisiche del paesaggio agrario, strutturato su una rete storica di canali e su produzioni agricole simili, in particolare per la coltivazione del riso (si veda il progetto paesaggistico di Andreas Kipar per una green belt agricola, proposta per il Piano Regolatore della città di Vercelli).

Nel settore ovest di Milano ci sono gli orti non più abusivi ma regolamentati nel Parco delle Cave e negli altri grandi parchi (Bosco in Città, Parco nord, Parco Agricolo Sud), piccoli appezzamenti di quartiere come al Giambellino e orti informali lungo le rogge o i binari ferroviari. Gli orti urbani sono anche presenti nella versione più smart nei “grandi progetti” come, sempre nel settore ovest, nel quartiere City Life, ai piedi del grattacielo e delle residenze di Zaha Hadid e di Daniel Liebeskind. Sono infatti ormai una nuova tipologia di standard urbanistico e il Piano dei Servizi (parte integrante del Piano di governo del territorio di Milano) consente di destinare dei fondi per attività orticole, a cui si riconoscono funzioni ecologiche, paesaggistiche e sociali. E’ regolamentato anche il convenzionamento di aree private per un servizio riconosciuto come necessario per il soddisfacimento di esigenze fondamentali per i cittadini.

Osservando la situazione specifica della città metropolitana di Torino, sono interessanti alcune esperienze, che sono fortemente caratterizzate in ragione di:

  1. una dimensione di scala ampia della questione dell’agricoltura urbana, non soltanto legata alla fruizione al livello del quartiere, ma allargata al rapporto con il territorio nelle aree di margine intorno alle zone industriali dismesse e alle azioni di ricucitura lungo le sponde di componenti lineari del paesaggio come i fiumi e le infrastrutture (canali, ferrovie, autostrade);
  2. un’attenzione agli aspetti architettonici e paesaggistici dell’attività degli orti urbani, tra produzione e fruizione estetica dello spazio pubblico;
  3. l’utilizzo di strumenti digitali per gestire le relazioni tra il luogo di produzione (prima e seconda cintura metropolitana) e di consumo (prevalentemente urbano);

Un primo caso di riferimento è nella periferia sud, tra l’area industriale della FIAT di Mirafiori, la tangenziale, il fiume Sangone e il Parco della Palazzina di caccia di Stupinigi. In questo contesto territoriale sono presenti due iniziative, quella del Progetto Miraorti, che integra aree già organizzate ad orti urbani, la sistemazione di orti spontanei lungo le sponde del fiume Sangone e della tangenziale sud http://miraorti.com/ e quella che riguarda le aree agricole di interesse anche monumentale della palazzina di caccia di Stupinigi con i tenimenti agricoli dell’Ordine Mauriziano, dove è stata attivata una produzione agricola innovativa, con le filiere della farina prodotta con il grano coltivato nei campi della Cascina Parpaglia http://www.stupinigi-e.it/, e del pane prodotto dalla cooperativa Panacea http://www.panacea-torino.it/?page_id=133

 

figura-2

L’area tra la fabbrica FIAT di Mirafiori, il fiume Sangone e il parco della palazzina di caccia di Stupinigi

 

Interessanti sono anche varie tipologie di coltivazione urbana localizzazione in vari ambiti:

orti urbani in città che combinano fruizione dello spazio pubblico, produzione agricola di comunità e valore estetico dello spazio pubblico in aree industriali dismesse e sui tetti di fabbriche riqualificate (Orti urbani di comunità Casino Barolo Torino, Fonderie Ozanam di Ortialti http://www.ozanam.ortialti.com/, Basic Village http://www.expo.rai.it/experia-radici-nel-cemento/ )

figura-3I capanni di deposito per gli orti urbani  nell’area verde di Casino Barolo, in strada Altessano 130

 

Vi sono infine come altro – e differente – caso di riferimento, gli orti urbani gestiti a distanza nei comuni di Venaria Reale (500 orti) e Borgaro Torinese (120 orti), un progetto di orti urbani che dà la possibilità, ai cittadini, di coltivare un orto “a distanza”, grazie all’utilizzo di una serie di dispositivi digitali e alla comunicazione social (http://www.korto.it)

Corinna Morandi, DAStU – Politecnico di Milano

Andrea Rolando, DAStU – Politecnico di Milano

 

 

Note

[1] Edgelands and Urban Agriculture, Thematic Studio, Corso di laurea triennale in Architecture, docenti Fabrizio Leoni, Corinna Morandi, Andrea Rolando

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