Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Scenari per il governo del territorio e la sostenibilità insediativa

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di: Isidoro Fasolino

EyesReg, Vol.5, N.3 – Maggio 2015.

Il fallimento dei protocolli economico-finanziari internazionali dello sviluppo impone di ripensare il modello insediativo e programmare il ritorno a politiche di governo fondate sulla valorizzazione dei capitali territoriali, locali e urbani. Ciò non potrà più avvenire in termini di ulteriore crescita, accumulo e consumo, ma progettando policentrismo e densificazione e regolando il riuso dei suoli in una dimensione multifunzionale, riconfigurando gli spazi e producendo tessuti urbani più relisienti e adattativi.
Tramontata da tempo la stagione dei grandi interventi di trasformazione, il futuro vedrà l’avvio di poche grandi opere e di una molteplicità di piccoli progetti, fattibili e di scala adeguata alla moltitudine parcellizzata degli attori, quali proprietari di immobili e soggetti economici e sociali. In un quadro di risorse finanziarie e ambientali scarse, si dovrà, necessariamente, far leva su un incastro virtuoso di numerosi progetti di ridotta dimensione ma all’interno di definite strategie intese quali sistemi di scelte spaziali ed economiche ben calibrate.
Centrale, pertanto, è il tema della mobilitazione di risorse private, necessarie per la riqualificazione e lo sviluppo sostenibile della città e della conseguente problematica legata alla redistribuzione sociale delle rendite urbane immobiliari, ovvero del surplus economico che le trasformazioni urbanistiche e gli investimenti pubblici e privati producono nell’economia urbana, da impiegare a favore della città pubblica.

 

Le politiche pubbliche e la valorizzazione del patrimonio immobiliare

In materia di governo del territorio, la persistente scarsità di risorse finanziarie impone l’abbandono di pretese di esaustività nella risoluzione dei problemi a favore di un’azione rivolta a un numero limitato di priorità. Ai fini del governo del territorio, tali priorità sembrano essere due in particolare: contenere il consumo di suolo e accrescere l’efficienza energetica insediativa (Arcidiacono et al., 2014; De Pascali, 2008). Tali priorità implicano interventi plurisettoriali, trasversali, fortemente connessi tra loro, in grado di innescare cambiamenti strutturali degli equilibri urbani e territoriali.
Nella tecnica urbanistica è necessario andare oltre la ormai sostanzialmente consolidata perequazione urbanistica, fondamentale per il reperimento gratuito delle aree necessarie per i servizi, il verde, la viabilità, l’housing sociale, ecc. Occorre spingere verso pratiche di tipo compensativo o di trasferimento di crediti edilizi e di sostenibilità non solo ambientale, consistenti in opere o prestazioni extra oneri. Si tratta, cioè, di perseguire pratiche fondate sul prelievo, a beneficio pubblico, di una parte, più o meno ampia, del surplus economico prodotto dalle rendite immobiliari frutto delle trasformazioni urbanistiche.
Nell’attuale fase politico-amministrativa nazionale, tuttavia, la pianificazione del territorio, più che in passato, è considerata un lusso o, più semplicemente, non è considerata. La politica continua a non avere alcun interesse per una riforma organica che riguardi l’urbanistica, l’ambiente e il paesaggio, essendo tutta vanamente avvitata su fiscalità, taglio della spesa pubblica, riforme istituzionali, lavoro, spesso incapace di guardare oltre i mandati amministrativi. Insomma, la politica non ama l’urbanistica (Campos Venuti, 2010).
La politica ha il compito di favorire e promuovere l’adozione di provvedimenti normativi e programmi di azione specificamente rivolti alle città nei diversi campi: governo del territorio; istituzioni e democrazia urbana; autonomia fiscale e finanziaria locale; politiche per l’eguaglianza di genere; lavoro e sviluppo locale; welfare, immigrazione e sicurezza urbana; economia verde; infrastrutture e mobilità; cultura, sviluppo digitale ed economia della conoscenza.
Le città dovranno avviare un percorso per trasformare edifici, reti energetiche e di comunicazione e sistemi di trasporto. Dovranno dimostrare di saper applicare i concetti e le strategie necessarie alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, fondata su nuove tecnologie e buone pratiche in materia di efficienza energetica combinata con le energie rinnovabili in edilizia, per migliorare la gestione del metabolismo urbano.
Dal connubio di tecnologie di comunicazione in rete ed energie da fonti rinnovabili si sta realizzando la cosiddetta terza rivoluzione industriale, in cui ciascun essere umano genererà la propria energia verde, in casa, in ufficio o in fabbrica, condividendone il surplus attraverso reti di distribuzione intelligenti, esattamente come oggi crea la propria informazione e la condivide in internet. Milioni di edifici potrebbero essere trasformati in mini-impianti di generazione, capaci di sfruttare le fonti di energia rinnovabile in loco, in grado, tra l’altro, di alimentare milioni di veicoli elettrici plug-in, con cella a combustibile a idrogeno, progressivamente in commercio nei prossimi anni (Rifkin, 2011).
In questa prospettiva, negli scenari futuri non si potrà non tener conto del tema delle politiche di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. Si tratta di una disponibilità straordinaria di edifici, di infrastrutture, di terreni dismessi o improduttivi, sia pubblici che privati, talvolta di pregio. Ciò esige una capacità politica di formulare programmi strategici nel medio e lungo periodo, mettendo in campo capacità gestionali e professionalità di varia natura a supporto delle necessarie attività procedimentali e amministrative, contabili e inventariali, catastali, estimative, di marketing e urbanistiche.

 

Quale modello per un governo sostenibile del territorio?

Come intervenire su città e territori urbani frammentati, disordinati, spesso degradati in termini ambientali, urbanistici, edilizi, economici e sociali?
Nell’attuale quadro, caratterizzato da scarsità di risorse pubbliche e private, i governi locali devono, da subito, saper affrontare, in modo nuovo e creativo, questioni quali: la riduzione degli sprechi e l’efficienza nell’uso delle risorse (capitale umano, suolo, valori paesaggistici, qualità ambientale, energia); conservazione ed equilibrio idrogeologico del suolo; maggiore sobrietà ed efficacia nei progetti urbani; riorganizzazione delle reti infrastrutturali e immateriali; coinvolgimento di un più ampio numero di soggetti e nuovi attori delle trasformazioni; piena applicazione del principio di sussidiarietà verticale (pubblico-pubblico) e orizzontale (privato-pubblico); sperimentazione di forme inedite di collaborazione tra soggetti e interessi differenti; formazione di un’etica dei beni collettivi, per assicurare reale sostenibilità ai processi di valorizzazione e impiego degli stessi, evitando di consumarli irreversibilmente; ridefinizione di comportamenti, abitudini e stili di vita di abitanti e operatori improntati a un uso più consapevole e responsabile del proprio territorio; risposte ai nuovi diritti di cittadinanza; modernizzazione della cultura tecnica e, più in generale, della società.

Tabella – Elementi per Scenari per il governo del territorio e la sostenibilità insediativa

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Adottare la prospettiva della governance significa riconoscere che i processi e gli effetti di governo sono l’esito, intenzionale e non, non solo dell’azione istituzionale di numerosi attori dotati di autorità pubblica (government) ma anche dell’interazione tra una pluralità di attori (pubblici, privati, del terzo settore, ecc.) coinvolti in una varietà di forme che generino effetti di governo su territori metropolizzati o frutto di fusioni o unioni di comuni, per razionalizzare e ridurre la spesa pubblica, senza intaccare il livello di erogazione dei servizi.
La sfida per la pianificazione territoriale e urbanistica è l’internalizzazione di un ampio sistema di criteri e contenuti progettuali di riferimento per l’organizzazione della città e del territorio, finalizzati a perseguire un elevato livello di naturalità e idonei requisiti energetici e ambientali mediante: minimizzazione del consumo di suolo, livelli minimi di permeabilità, compensazione ecologica, biodiversità, rinaturalizzazione, mixitè funzionali, edilizia residenziale sociale, sviluppo della mobilità di massa sostenibile, diffuso utilizzo di materiali verdi urbani (piantumazioni arboree e arbustive, tetti verdi, ecc.), recupero delle acque meteoriche, orientamento degli edifici, coibenza e inerzia termica degli involucri edilizi, produzione di energia solare, eolica e da compost, adozione di materiali naturali e certificati, raccolta differenziata dei rifiuti, protezione dal rumore e dalle altre forme di inquinamento.
Attualmente, in Italia come nel resto del mondo, si sperimentano e si attuano anche con successo piccoli pezzi di futuro, ma manca una narrazione, la visione condivisa di un domani desiderato da raccontare. Così, si resta con un mucchio di progetti e programmi slegati tra loro, destinati a non produrre effetti.
È indispensabile, viceversa, un grande progetto politico nazionale integrato che affronti contestualmente, e nelle varie relazioni reciproche, contenuti di natura urbanistica, di tutela storico-culturale, ambientale e paesaggistica, istituzionale ed economica.
A fronte di una sfida così ambiziosa, è necessario mettere in campo una vasta platea di saperi e di orientamenti di ricerca, in grado di elaborare quella visione condivisa, interdisciplinare ma organica, e di ridefinire strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica capaci di affrontare, in modo creativo ma efficace, questioni tanto articolate e complesse.
È tuttavia fondamentale un considerevole rinnovamento della politica, in una forma improntata a una nuova etica nella gestione dei capitali umani e materiali. La dimensione del cambiamento non può confidare in una soluzione monosettoriale. È urgente passare all’elaborazione di un nuovo modello culturale, sociale e urbano, in grado di modificare diffusamente e concretamente i comportamenti delle persone e delle imprese, investendo in istruzione, cultura, ricerca, innovazione scientifica e sviluppo, ma anche nella creazione di iniziative economiche e servizi ad alto contenuto tecnologico.
È indispensabile una paziente, articolata e complessa opera di messa a sistema di strumenti: culturali (di educazione, di informazione, di formazione tecnica e professionale, partecipativi nella costruzione del sistema delle regole); politici (etica, equità, governance); economico-finanziari (leve fiscali, economiche, finanziarie, compensative); normativi (di uso del suolo, di salvaguardia); tecnici (sistemi informativi territoriali, monitoraggio satellitare, valutazione ambientale, ingegneria naturalistica, ecc.).
Infine, si richiede un’alta capacità politica e tecnico-gestionale delle istituzioni che presiedono al governo delle comunità insediate, ma anche il forte impegno degli organismi formativi e di ricerca preposti alla sensibilizzazione dei cittadini e alla preparazione culturale, scientifica, tecnica e tecnologica. Capacità e impegno tali da consentirci di consegnare ai nostri figli territori vivibili.

Isidoro Fasolino, Università di Salerno

 

Riferimenti bibliografici
Arcidiacono A., Di Simine D., Oliva F., pileri P., Ronchi s., Salata S. (2014), Politiche, strumenti e proposte legislative per il contenimento del consumo di suolo in Italia, INU Edizioni, Roma.
Campos Venuti G. (2010), Città senza cultura. Intervista sull’urbanistica, a cura di Oliva F., Editori Laterza, Bari.
De Pascali P. (2008), Città ed energia. La valenza energetica dell’organizzazione insediativa, FrancoAngeli, Milano.
Rifkin J. (2011), La terza rivoluzione industriale. Come il potere laterale sta trasformando l’energia, l’economia, il mondo, Mondadori, Milano.

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1 Comment

  • Mauro Sassi

    Non voglio polemizzare, ma questo articolo mi sembra un po’ la raccolta di luoghi comuni sulle “necessità” della pianificazione. Trovo affermazioni non nuove e frasi che potrebbero essere generate automaticamente a collocate in uno degli “n” articoli sull’urbanistica (e i suoi fallimenti) letti negli ultimi dieci anni, o fatte pronunciare a qualche oratore a qualsivoglia convegno sul futuro delle città e del territorio. Futuro, rispetto al quale leggiamo le stesse cose da anni, o meglio, leggiamo da anni le stesse cose sul “cosa” si deve fare. Delle due l’una: o non abbiamo mai nemmeno tentato di farle, o ci abbiamo tentato e non ci siamo riusciti. Allora la domanda diventa, in entrambi i casi, “perché?”. Ecco, forse prima di proseguire in altri articoli di questo tenore, bisognerebbe cominciare a rispondere a quel “perché?”.

 
 

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