Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Oltre Expo: con quali prospettive?

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di: Corinna Morandi

EyesReg, Vol.5, N.2 – Marzo 2015.

Siamo ormai alle soglie dell’apertura di Expo 2015 e la realizzazione delle opere interne al sito sembra a buon punto (a fine marzo si valuta tra il 70% e il 90% la quota delle opere previste, secondo le diverse fonti) e comunque in grado di consentire l’avvio dell’evento senza clamorose mancanze. Più critico è invece il bilancio sul completamento dei collegamenti per l’accessibilità all’area, anche se l’insieme delle opere di infrastrutturazione costituisce una parte molto rilevante della legacy per il post-Expo.

Sono state infatti realizzate alcune delle opere stradali di scala regionale già in campo e previste da programmi precedenti, come la Brebemi (collegamento tra Brescia, Bergamo e Milano) e il segmento ad essa strettamente legato della nuova tangenziale est (il cosiddetto “arco” Tem), e buona parte dei collegamenti al sistema autostradale e alla viabilità interurbana principale (con l’importante eccezione della Rho-Monza). La stazione di Rho-Fiera consentirà l’accesso al sito con l’alta velocità e con il SFR potenziato. A livello urbano, la rete della metropolitana sarà integrata in tempo per Expo solo dalla linea 5, mentre l’apertura della linea 4 è rinviata di qualche anno. Ha invece cambiato del tutto natura uno dei progetti che erano stati considerati qualificanti per una declinazione dell’evento e del suo lascito in chiave territoriale: la realizzazione della Via d’Acqua non solo è stata continuamente ridimensionata negli aspetti funzionali e nelle ambizioni paesaggistiche, ma si è rivelata irta di ostacoli sia per la scarsa attendibilità di alcune previsioni programmatiche e tecniche, sia per il tardivo tentativo di coinvolgere i molti attori locali attivi negli ambiti interessati. Si rischia che la legacy della Via d’Acqua non solo sia di profilo molto basso rispetto alle previsioni, ma che addirittura possa peggiorare la delicata situazione idraulica del nord ovest milanese, senza che si apportino miglioramenti alla gestione dell’acqua per usi irrigui.

Tuttavia ormai giustamente il dibattito è proiettato sul post Expo, quindi sull’insieme di decisioni che dovrebbero in tempi brevi delineare il profilo funzionale dell’intero ambito (oltre 1 milione di mq) e le caratteristiche degli attori coinvolti nella sua trasformazione, che dovranno partire dai punti fermi dall’accordo di programma tra i soggetti pubblici coinvolti, che prevede la realizzazione di un parco per il 54% del sito. A metà novembre 2014 è andata deserta la gara indetta per l’aggiudicazione dell’intera area da parte di Arexpo (la società costituita da Comune di Milano e Regione Lombardia con quote di quasi il 35% ciascuna, da Fondazione Fiera con il 27,66 % e da ex Provincia di Milano e Comune di Rho con quote minori), che aveva pagato l’area poco meno di 200 milioni di euro e l’aveva messa a bando con una base d’asta di 315 milioni di euro per il valore assunto con le opere di infrastrutturazione. Con l’inizio del 2015 alcuni attori di grande rilievo nel sistema economico e decisionale milanese e lombardo hanno iniziato ad avanzare pubblicamente alcune proposte, che sembrano avere rilanciato la discussione sul dopo Expo su basi di maggiore credibilità e consistenza rispetto a quanto era stato prospettato in precedenza, anche in occasione della raccolta di manifestazioni di interesse nel 2014.

L’ipotesi in campo che sembra avere avuto il ruolo di rilanciare un confronto di merito su diverse posizioni e anche di aggregare altre proposte è la realizzazione del nuovo campus dell’Università Statale di Milano, annunciata e poi ripresa in varie occasione dal rettore Gianluca Vago. La proposta troverebbe una forte motivazione nella nuova condizione di accessibilità dell’area determinata dagli interventi sul sistema della mobilità e dalla rilevanza della sua infrastrutturazione tecnologica. Il campus, connotato da un forte orientamento alla ricerca scientifica e tecnologica e in grado di costituire un nodo importante del sistema della ricerca a scala europea, dovrebbe accogliere almeno le facoltà di Agraria, Fisica, Chimica, Scienze e Informatica che lascerebbero la attuale localizzazione a Città Studi, dove il grande campus urbano del settore orientale della città è attualmente diviso con il Politecnico. L’ordine di grandezza delle aree necessarie all’Università Statale è di 180.000 mq. L’uscita allo scoperto del rettore Vago ha comportato la riproposizione, in termini di maggiore concretezza e logica localizzativa, della realizzazione di un “polo dell’innovazione e della scienza” (spesso evocato come Silicon Valley milanese) da parte di Assolombarda, finalizzato ad aggregare piccole e medie imprese tecnologicamente avanzate, attendibilmente dimensionato in 100.000 mq. La localizzazione di un centro servizi per le imprese da parte di Consob e di servizi sportivi integrabili al campus universitario da parte del Coni sembrano andare nella direzione di cercare un reciproco rafforzamento tra le diverse proposte funzionali.

Molti quesiti si aprono a valle del lancio di queste ipotesi, a diverso grado di elaborazione e di discussione.
La creazione del polo di ricerca manterrebbe una specializzazione e una relazione significativa con il tema di Expo “Nutrire il pianeta Energia per la vita”? La società pubblica Arexpo la cui missione è il recupero del valore dell’area a fronte degli impegni assunti nei confronti delle banche continuerà ad essere il soggetto adatto a gestire un programma economico-finanziario le cui finalità sono sostanzialmente diverse da quelle che erano state espresse nel bando per l’assegnazione delle aree? I tempi dei cambiamenti nella struttura di gestione e nel sistema di regolazione delle operazioni urbanistiche saranno compatibili con la necessità di convergenza politica tra gli attori e di decisioni rapide richieste dai proponenti? Sono credibili le ipotesi di riuso temporaneo di alcune strutture destinate allo smantellamento – ad esempio per Triennale Internazionale nel 2016 – per evitare, in attesa della trasformazione del sito, il degrado legato all’abbandono dell’area e della sua vegetazione e al sottoutilizzo degli edifici che saranno mantenuti, come Palazzo Italia e Cascina Triulza? Si terrà conto della necessità di affrontare la trasformazione nel post-Expo con una visione interscalare? Alla scala sovralocale, per promuovere una nuova centralità in un sistema di luoghi ben accessibili da una rete efficiente di infrastrutture; in relazione con il contesto locale, lavorando sulla qualità della progettazione urbana, architettonica e delle connessioni attraverso lo spazio pubblico.

Concludo con alcuni spunti di riflessione su quelli che mi sembrano i nuovi elementi che, oggi e nel particolare contesto tematico di Expo 2015, si relazionano al dibattito sulla legacy di un grande evento.
La valutazione delle relazioni tra un grande evento e i processi di trasformazione urbana appare legata alla difficoltà di leggere i dati del mutamento della base sociale ed economica delle aree metropolitane mature, territorio spesso scelto per la loro localizzazione. Al grande evento è stato comunemente assegnato il ruolo di catalizzatore e acceleratore di risorse – soprattutto finanziarie e progettuali – per programmi da realizzare con una chiara definizione del tempo e dello spazio di realizzazione, risorse latenti ma che necessitano di un elemento agglutinatore. A tale compattezza del tempo e dello spazio dell’evento, si contrappone la tendenza ad esportarne gli effetti al di fuori del sito e a dilatarli nel tempo. Nel caso di Milano, è stato proposto un “progetto parallelo” di Expo diffusa e sostenibile con effetti moltiplicatori a scala regionale – poi ridimensionato nella piattaforma Expo in città – e la Triennale sta programmando la XXI Triennale International Exhibition 2016 distribuita in molte sedi, sul modello di successo del Salone del Mobile, in continuità temporale con Expo 2015. Programmi resi possibili anche dall’uso esteso delle ICT, che introducono nella prassi comune una revisione del concetto di prossimità e contiguità, dove luoghi lontani fisicamente sono accessibili virtualmente.

Riflettendo in particolare sulle grandi esposizioni, cambia profondamente la motivazione principale ufficiale per cui sono organizzate, cioè il mostrare il risultato materiale dell’innovazione dei processi progettuali e produttivi, su cui l’informazione attraverso vari media e soprattutto attraverso la rete è oggi molto più efficace. Un obiettivo coerente con questa nuova condizione diviene quindi la condivisione non tanto della conoscenza ma dell’esperienza, spostando l’attenzione su dei “prodotti” che possono essere continuamente mutevoli, fornendo ogni volta un’esperienza condivisibile ma diversa e personale. Questa nuova valenza del grande evento espositivo è ben rappresentato dal tema di Expo 2015, che lavora su un prodotto come il cibo, il cui consumo è caratterizzato da un alto livello di standardizzazione (tutti consumiamo cibo) e di soggettività (se possibile, scegliamo il cibo che ci piace). Quello che viene proposto col prodotto sono le sue componenti culturali, antropologiche che lo connotano e che sono in gran parte immateriali, legate a un particolare tempo, non durature. In questo senso, al di là di ciò che accadrà nell’area dell’esposizione di Milano, ritengo che un elemento della legacy immateriale di Expo 2015 è già riconoscibile nella grande attenzione ai temi dell’alimentazione che sembrano informare anche nuovi comportamenti e usi dello spazio, che hanno importanti ricadute di carattere sociale ed economico.

Corinna Morandi, DAStU – Politecnico di Milano

Riferimenti bibliografici

Morandi C. (2008), “Uno spazio ‘confinato’ alla ricerca dell’interfaccia col territorio”, Territorio, n. 46.

AAVV (2011), Expo diffusa e sostenibile, Edizioni Unicopli-DPA, Milano.

Di Vita S. (2014), “Governance, progettazione e smartness di Expo 2015. Occasioni mancate e tentativi di innovazione nella grande contrazione”, in Lodigiani Rosangela (a cura di), Expo, laboratorio metropolitano cantiere per un nuovo mondo, Rapporto sulla città della Fondazione Culturale Ambrosianeum”, Franco Angeli, Milano.

Morandi C. (2014), “Le 4 dimensioni del post evento: i precedenti di Lisbona e Barcellona”, in AAVV (a cura di), Milano 2015. L’Expo est morte. Vive l’Expo!, Il Giornale dell’Architettura, n. 117.

 

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1 Comment

  • Remigio RATTI

    Contributo tempestivo e dai contenuti sostanziali.
    Importante anche per la Svizzera italiana e le zone transfrontaliere.
    Purtroppo si è dimenticato di citare la mancata realizzazione degli accessi ferroviari da nord: quelli del segmento italiano della linea ferroviaria transfrontaliera – (Lugano)Mendrisio-Stabio (lato svizzero,già aperta al traffico)- Arcisate-Varese (e quindi Rho’). Si spera che siano aperti al traffico entro il 2017.
    Prof. Remigio Ratti, Lugano

 
 

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