Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

L’imprenditoria immigrata in provincia di Cosenza: opportunità di sviluppo?

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di: Roberta Saladino
EyesReg, Vol.5, N.6, Novembre 2015

 

Il fenomeno dell’imprenditoria straniera oggi in Calabria è tutt’altro che trascurabile (1), e appare alquanto dinamico e vivace. E presenta inoltre specificità, specializzazioni, vocazioni, che richiedono attenzione da parte dei policy-maker, e interventi adeguati di supporto, affinché possa diventare un’opportunità di sviluppo significativa.

L’imprenditoria straniera calabrese è attualmente costituita da 12.920 aziende, con un’incidenza sul totale regionale delle imprese del 7,2%. Essa è soprattutto concentrata in provincia di Cosenza, (32,1%), laddove Reggio Calabria ne conta il 30,3%, Catanzaro il 25,9%, Crotone il 6,4%, e Vibo Valentia il 5,3%. Le imprese immigrate registrate in provincia di Cosenza a fine 2014 sono infatti 4.150 (6,3% del totale provinciale). Il tasso di sviluppo demografico (da ora in poi indicato con Ts Demo) è pari a 4,5% mentre per le imprese autoctone è pari a 0,01%.

Si tratta in larga maggioranza di attività costituite nella forma dell’impresa individuale (nella misura di 9 casi su 10). La tradizionale prevalenza delle imprese individuali, che in parte ricalca la stessa struttura imprenditoriale autoctona (il 61,5% delle imprese autoctone in provincia di Cosenza è costituito da imprese individuali), è dovuta verosimilmente al fatto che essendo una forma semplice, ben si adatta al volume delle attività imprenditoriali degli immigrati. Nel 2014 il 25,6% delle imprese individuali è condotto dalle donne. Le imprese immigrate individuali sono soprattutto presenti nel commercio, nelle costruzioni, nei servizi di alloggio e di ristorazione. Nel 2014 il Ts Demo delle imprese immigrate individuali nei primi tre settori succitati è di segno positivo, tranne che in quello delle “Attività di servizi di alloggio e di ristorazione”, dove è pari a -4,5%, mentre per le imprese italiane si registra in tutti i settori una decrescita, in particolare nel settore delle costruzioni (-4,9%).

Nel 2014 i Paesi che assieme raccolgono il 66,8% dell’intera compagine dei titolari di ditte individuali nati all’estero, sono: la Germania (565 imprese), nel cui contingente si presuppone preponderante la quota degli italiani discendenti dall’imponente emigrazione del secondo dopoguerra; il Marocco (1.113 imprese); la Svizzera (273 imprese), per cui vale la stessa annotazione fatta per il caso della Germania. Seguono la Cina e il Pakistan (rispettivamente, 244 e 159 imprese).

I primi dati riferiti al 2015, consentono di formulare alcune anticipazioni sulle tendenze in atto presso la componente “immigrata” del tessuto imprenditoriale della provincia di Cosenza. Tra Gennaio e Marzo sono nate 116 imprese con titolare o socio all’estero, sono state iscritte 15 imprese in più rispetto all’anno precedente. Le imprese immigrate attive al 31 marzo 2015 sono 3.879, si registra un incremento in termini assoluti rispetto al 31 marzo 2014 pari a +210 unità, mentre per le imprese italiane si registra un decremento delle attive pari a -63.

 

I marocchini e la vocazione al commercio di beni

Le imprese marocchine sono il 31,8% del totale delle ditte individuali immigrate in provincia di Cosenza, nell’85,5% dei casi sono condotte da uomini, e operano prevalentemente nel “commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di auto”. Iniziano a prendere piede nella provincia di Cosenza durante gli anni ’80 del Novecento: un periodo che corrisponde, in termini strettamente economici, alla formazione di un mercato itinerante “etnico”. Sono i tempi della diffusione dell’epiteto “vu’ cumprà”, uno stereotipo che rileva un atteggiamento di derisione e di dileggio, ma anche la funzione di semplificare illusoriamente una complessità che non si riesce a comprendere né a decifrare. Alcuni studiosi sostengono che la riuscita lavorativa dei commercianti marocchini è imputabile al fatto che numerose classi sociali, colpite dal “caro vita”, preferivano/preferiscono acquistare beni di consumo dai fornitori itineranti (Cfr. A. Rivera, Immigrati, in R. Gallissot, M. Kilani, A. Rivera, L’imbroglio etnico in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001, pp 201-220:206). Si tratta di un microcosmo socioeconomico (quello dell’imprenditoria marocchina) instabile nel quale i livelli di analisi si intrecciano a pratiche, individuali e collettive, variabili nello spazio e nel tempo.

Diverse sono le tipologie degli imprenditori marocchini, qui di seguito se ne indicano alcuni:

– commercianti transnazionali che si dedicano all’import-export, soggetti alla domanda interna di beni introvabili in Marocco, oppure troppo “cari”. Sono coinvolti nel commercio transfrontaliero “parallelo”[2], nel quale un cospicuo flusso di beni, perlopiù usati, vengono importati in Marocco dall’Europa;

– grossisti a domicilio che rappresentano la categoria dell’ambulantato “etnico”, costituito da imprenditori che acquistano all’ingrosso per rivendere a domicilio ai dettaglianti connazionali. Si spostano con capienti autovetture che “caricano” di uno o pochi generi di beni, raggiungendo i connazionali sparsi nel territorio. Questa categoria si è generata dall’esigenza, nei periodi estivi, di continui approvvigionamenti per i dettaglianti localizzati. Per i “girovaghi” le feste paesane, religiose e non, costituiscono momenti di frenesia lavorativa. I grossisti sono esperti conoscitori del territorio, sono fra i promotori dello sviluppo delle specializzazioni e fautori dell’ampliamento del mercato itinerante. Questa è la categoria lavorativa più mobile all’interno della comunità marocchina;

– i marocchini con la “bancarella”. Uno dei primi strumenti del commercio marocchino è la “bancarella”. I primi marocchini con la bancarella (karròsa) comparvero, in provincia di Cosenza, alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Questa figura ha trovato agile collocazione nei piccoli centri urbani e nelle località costiere (Paola, Amantea, ad esempio). Nei Paesi del Maghreb la figura del mercante è un’icona onnipresente e ben integrata, storicamente, nella società. Ha radici inoltre religiose (il profeta dell’islam era un mercante carovaniero).

Con il passare degli anni però, sono comparsi altri commercianti in provincia di Cosenza, pakistani e cinesi. I primi dati del 2015, fanno registrare un Ts Demo per le imprese individuali pakistane pari a 6,4%, mentre per i marocchini ed i cinesi è pari rispettivamente a 2,2% e 0,8%. I nordafricani si son trovati improvvisamente, in condizioni di concorrenza lavorativa, nonostante il più lungo periodo di radicamento.

 

La penetrazione delle imprese cinesi e le “reti etniche”

Considerevole è poi la presenza dell’imprenditoria immigrata cinese, nonostante l’esigua presenza in termini di popolazione. In provincia di Cosenza i cinesi residenti a fine 2014 sono infatti 1.162. Nello stesso anno si contano più di 240 titolari di imprese individuali nati in Cina. Il settore principale in cui operano è il commercio, che registra 232 unità, di cui il 46,1% condotte dalle donne. Le imprese attive sul totale delle registrate è pari a 98,4%.

Verosimilmente, l’imprenditorialità cinese in provincia di Cosenza si è sviluppata, da un lato, per motivi socio-demografici, in quanto la comunità cinese residente in Calabria per più del 42% vive in provincia di Cosenza; dall’altro lato, per motivi socio-economici, in quanto la stessa provincia, nel contesto regionale, costituisce un mercato particolarmente aperto per il settore del commercio. Le spinte verso i processi di globalizzazione economica, la crescita dei contatti tra mondi diversi (il 33% della popolazione straniera residente in Calabria risiede in provincia di Cosenza), la crescente scelta per consumi etnicamente connotati (alimentati anche dall’importante presenza degli studenti stranieri iscritti all’UniCal, che nell’a.a. 2014-2015 provengono da 50 Paesi, il cui contingente dei cinesi rappresenta il 26%) sono quindi alcune tra le cause della diffusione dell’imprenditorialità cinese in provincia di Cosenza.

Sono diverse le spiegazioni che stanno alla base della capacità che i cinesi hanno di entrare nel mercato del lavoro del Paese di destinazione e di creare, in tempi brevi, proprie attività. Tra le spiegazioni più salienti vi è l’azione delle “reti etniche”, formate da persone che condividono una comune origine nazionale. Come dimostrano studi internazionali (Light e Bachu, 1993), le “reti etniche” permettono il perpetuarsi dei flussi migratori, l’inserimento nel mercato del lavoro del migrante e la transizione all’imprenditoria immigrata grazie all’assistenza reciproca tra i membri, al recupero dei crediti finanziari e alla formazione on the job. E’ particolarmente adeguata la prospettiva delle “reti etniche”, per comprendere l’interconnessione di relazioni che caratterizza la società cinese, che secondo il pensiero confuciano è radicata sulle interdipendenze tra gli individui e la dimensione migratoria (Chen, 2001).

Le “reti etniche” agiscono sulla base di due strutture sociali radicate:

– la famiglia che si basa su una struttura gerarchica, la quale assume un’importanza sia come unità organizzativa che lavorativa (Freedman, 1966);

– i rapporti di guanxi, ossia relazioni amicali con connazionali e compaesani provenienti dalla stessa area all’interno del distretto di origine, con cui il migrante condivide la medesima cultura e comunanza dialettale (Chan e Chiang, 1994). I rapporti familiari ed i rapporti di guanxi legano ogni cinese in un network di relazioni sociali interconnesse, che si perpetuano nella forza della loro azione durante le fasi del processo migratorio. Studi sia internazionali che nazionali, dimostrano come le reti familiari-parentali ed etniche facilitano ogni huaqiao (è il cinese che emigra all’estero) ad entrare nel contesto socio-economico di destinazione (Chan e Chiang, 1994; Cologna, 2003; Benton e Pieke, 1998).

 

Da fenomeni di auto-impiego, a potenziale di sviluppo locale?

Lo scenario dell’imprenditorialità immigrata in provincia di Cosenza, ad oggi, appare quindi segnato da caratteristiche specifiche e ben definite: netta prevalenza delle ditte individuali (nel 2014, hanno un incidenza sul totale pari a 91,4%), forte concentrazione settoriale (commercio, costruzioni, attività di servizi di alloggio e di ristorazione), relativo protagonismo di poche collettività, che si accompagnano ad una continua tendenza alla crescita.

Il Ts Demo per le imprese immigrate nel 2014 è pari a 4,5%, mentre per le imprese italiane è pari solo a 0,01%. Inoltre, dai primi dati del 2015, si evince un ulteriore andamento demografico positivo: infatti il sistema delle imprese individuali immigrate in provincia di Cosenza registra alla fine del primo trimestre 2015 un incremento delle imprese attive pari a +210 unità, mentre quelle italiane fanno registrare un decremento pari a -63. La componente “immigrata” del tessuto produttivo della provincia di Cosenza presenta quindi tassi di sviluppo positivi, decisamente superiori a quanto è possibile osservare con riferimento alle imprese avviate da cittadini italiani la cui consistenza, a Marzo, è risultata caratterizzata da un saldo negativo pari -243.

Le potenzialità che un tale bacino imprenditoriale può sviluppare sono molteplici: sviluppo di settori strategici, rigenerazione di territori sofferenti sul piano demografico e produttivo, ed inoltre supporto all’internazionalizzazione della rete delle piccole e medie imprese. Tutte prospettive di rilevante interesse, che si affiancano alle molteplici possibilità in termini di co-sviluppo dei Paesi di origine.

Al fine di alimentare tale potenziale imprenditoriale è necessario adottare delle politiche che agevolino le imprese immigrate in materia creditizia. Nello stesso tempo è necessario non trascurare altre leve di intervento per migliorare la situazione, facendosi carico di affrontare la semplificazione degli adempimenti burocratici e il sostegno e l’assistenza nelle fasi successive allo start up. Sembra anche opportuno promuovere, al fine del loro rafforzamento, l’adesione degli immigrati alle organizzazioni professionali degli imprenditori.

L’approfondimento della situazione corrente, rappresenta il punto di partenza per individuare le strategie di intervento adeguate a sostenere il graduale sviluppo di questo prezioso potenziale su cui la stessa Commissione Europea ha acceso i riflettori (Piano d’Azione e Imprenditorialità 2020, adottato nel 2013 in cui gli Stati membri vengono sollecitati ad adottare delle politiche adeguate per sostenere e valorizzare il potenziale imprenditoriale della popolazione di origine immigrata).

Roberta Saladino, SSSAP – Università della Calabria

 

Bibliografia

Ambrosini M. (2001). La fatica di integrarsi. Immigrazione e lavoro in Italia. Milano: Il Mulino.

Benton G. e Pieke F. (1998), The Chinese in Europe, Palgrave MacMillan.

Chan K.B., Chiang C. (1994), Stepping out. The making of Chinese entrepreneurs, National University of Singapore.

Chen M. (2001), Inside Chinese business. A guide for managers worldwide, Boston, Harvard Business School Press.

Cologna D. (2003), I cinesi, in Granata E., Costa M. (a cura di), Asia a Milano. Famiglie, ambienti e lavori delle popolazioni asiatiche a Milano, Milano: Abitare Segesta Cataloghi, pp. 48-62.

Commissione Europea (2013) “Piano d’Azione e Imprenditorialità”, Bruxelles, 9/1/2013.

Freedman M. (1996), Chinese lineage and society, Fukien and Kwangtung, London: University of London.

Kloostermenn R., Rath J., (2001), Immigrants Enterpreneurs in Advanced Economies: Mixed Embeddedness Further Explored, in Journal of Ethnic and Migration Studies, Vol. 27, n.2/2001, pp.189-201.

Light I., Bhachu P. (1993) (a cura di) Immigration and Entrepreneurship, Culture, Capital and Ethnic Networks, New Brunswich.

 

Note

(1) Definendo come imprese immigrate quelle in cui oltre la metà dei soci e degli amministratori o il titolare, se imprese individuali, sono nati all’estero. Dati Unioncamere (2014).

(2) In quanto semi-informale, non valutabile statisticamente, ma cospicuo. Tutti i maghrebini commercianti itineranti in Italia sono mercanti anche in patria.

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8 Comments

  • Ugo Floro giornalista

    Analiticamente condivisibile e aderente alla realtà che viviamo. Ne mutuero’I contenuti salienti per alcuni approfondimenti giornalistici

  • Lucia

    L’articolo offre una panoramica precisa e completa del fenomeno in parola, con capacità di sintesi e rigore metodologico.

    • Roberta Saladino

      Grazie per l’interessamento ed i complimenti! Cordiali Saluti. Roberta Saladino

  • Molto interessante. Devo dire che non è facile per chi, come me, non è del campo.
    Sarebbe interessante capire se le imprese che nascono poi si mantengono attive per lungo tempo e se crescono. E in un settore in cui la fa da padrone, perchè queste imprese emergono?
    Non saprei poi se e come queste imprese possano poi entrare in contatto con l’economia sommersa.

    • Roberta Saladino

      Grazie mille per le osservazioni fatte! In merito alle sue riflessioni c’è da dire che, stiamo pensando con un collega di scrivere un altro articolo che possa analizzare il tasso di sopravvivenza di queste imprese. Per quel che concerne invece la sua domanda, credo che le imprese individuali di nazionalità cinese e marocchina facciano da padrona principalmente nel settore del commercio verosimilmente per due motivi:
      1) per la loro tradizione, cultura, storia che li porta ade essere i leader in questo settore (da ciò si spiega la loro altissima vocazione ad essere commercianti);
      2) alcuni studiosi sostengono che la riuscita lavorativa dei commercianti in particolare quelli marocchini è imputabile al fatto che numerose classi sociali, colpite dal “caro vita”, preferivano/preferiscono acquistare beni di consumo da questi commercianti. (Cfr. A. Rivera, Immigrati, in R. Gallissot, M. Kilani, A. Rivera, L’imbroglio etnico in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001, pp 201-220:206).
      L’aspetto dell’economia del sommerso è un altro aspetto che sarebbe molto interessante studiare, ma che al momento non credo approfondiremo, abbiamo altri aspetti che vorremo esaminare uno è quello che lei ha sapientemente suggerito (la sopravvivenza di queste imprese)!
      Grazie mille per il suo interessamento. Cordiali Saluti, Roberta Saladino

  • Paolo Emilio Cardone - Statistico

    Complimenti, molto interessante. Ero a conoscenza che gli stranieri fossero ormai una quota importante della forza lavoro, ma non pensavo avessero questi numeri anche in termini di lavoro autonomo. In futuro si potrebbe confrontare la realtà cosentina con le altre province italiane.

  • Roberta Saladino

    Grazie mille per i complimenti ed il suo ottimo suggerimento! In un prossimo articolo sarà fatta un’analisi territoriale prendendo in considerazione tutte le provincie calabresi, inserendo altri indicatori di analisi come il tasso di sopravvivenza di queste imprese.
    Cordiali Saluti
    Roberta Saladino

 
 

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