Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

L’impatto economico dell’Expo, dal sogno alla realtà

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di: Jérôme Massiani

EyesReg, Vol.5, N.4, Luglio 2015.
 
“Run away”, “scappare via”, è con questa raccomandazione che l’economista americano Zimbalist, autore di numerosi studi sull’impatto dei grandi eventi (Zimbalist 2015), rispondeva alla domanda su cosa dovrebbe fare una città per poter ospitare le Olimpiadi. Questa ammonizione, forse provocatoria, contrasta con la benevolenza generalmente concessa da parte del decisore pubblico e dei cittadini a questo tipo di eventi. Inoltre, sovente, per favorire questa benevolenza, gli organizzatori di tali eventi commissionano studi d’impatto a consulenti o, nella migliore delle ipotesi, a collaboratori di Università, a volte prestigiose , per corroborare la bontà di tali iniziative. È tuttavia rilevante notare che, molto spesso, studi indipendenti e/o ex post tendono a relativizzare fortemente tali benefici e a volte giungono a una valutazione negativa come ad esempio nei casi di Vancouver (McHugh 2006) e di Sydney (Giesecke et Madden 2007). In effetti, lo stato dell’arte internazionale si pronuncia in modo molto scettico, se non negativo, su questi grandi eventi.
L’Expo Milano 2015 non fa eccezione a questa situazione. Siamo in presenza di diversi studi che propugnano importanti benefici economici. In dettaglio, (i diversi documenti disponibili sugli studi d’impatto sono elencati nell’allegato 2) risalendo fino al dossier di candidatura (Comitato di candidatura 2007), la stima raggiunge 14 miliardi mentre studi ulteriori CERTeT (Airoldi, et al. 2010) e SDA Bocconi (Dell’Acqua, Morri e Quaini 2013) indicano un valore aggiunto generato pari a 29 e 10 miliardi di euro. È utile chiedersi se tali stime sono da classificare come valutazioni di parte, destinate a creare consenso attorno all’evento e eventualmente strumentali a chi potrebbe trarne beneficio, o se sono genuine valutazioni degli effetti prevedibili dell’evento. Può essere utile, in merito, stabilire una serie di criteri che consentono di valutare la validità scientifica di queste cifre. Proponiamo di seguito una presentazione di tali criteri e di come sono, o meno, rispettati nel caso delle varie stime disponibili. La nostra analisi, dettagliata in modo più approfondito in diversi documenti in fase di pubblicazione e sintetizzate nell’allegato di questo articolo, suggerisce che tali stime presentino notevoli criticità dal punto di vista scientifico.
Un primo criterio riguarda la trasparenza. Uno studio non dovrebbe influire sul dibattito pubblico se non rende parimenti pubblica la sua metodologia. Questa pubblicità dovrebbe almeno rispettare le condizioni di replicabilità e d’esplicitazione delle più fondamentali ipotesi di calcolo. Ad esempio, dovrebbe esplicitare come ha trattato le spese dei visitatori locali e sulla base di quale ragionamento l’ha considerata addizionale piuttosto che sostitutiva (J. Massiani 2008; Perotti 2014). Su questo punto, i tre studi consultati rispettano solo in parte questi criteri. Non è una novità: tornando indietro nel tempo, l’unico studio d’impatto dei giochi di Torino considerava la spesa complessiva dei visitatori locali come addizionale, senza che questo sia esplicitato, e ancor meno giustificato, nelle note metodologiche rese disponibili.
Un secondo criterio è che questi studi dovrebbero essere informati, ossia recepire i risultati prodotti in ambito scientifico internazionale. Su questo punto, solo uno degli studi presenta una bibliografia degna di questo nome, ma purtroppo molti dei riferimenti presenti (in realtà quelli critici sui grandi eventi) non incidono sul ragionamento (sarà l’esempio di Baade, citato, con refuso, in una maniera che elude le sue critiche e ne depotenzia totalmente il contributo).
Un terzo requisito è che la valutazione sia effettuata con senso critico. In particolare, bisogna valutare come le stime a priori di costi e di ricavi siano realistiche, in un contesto dove l’analisi ex post dei grandi eventi ha messo in luce come i primi sono sistematicamente sottovalutati, mentre i secondi sono sistematicamente sopravvalutati. La figura 1 illustra così la sovrastima di una serie di variabili di interesse per diverse edizioni di grandi eventi. Tornando a Milano 2015, dobbiamo purtroppo constatare che nessuna delle valutazioni realizzate procede con le necessarie considerazioni critiche in merito.

Figura 1: Di quanto sono inferiori i benefici dei grandi eventi rispetto alle stime a priori (% rispetto alla stime ex ante)

Figura 1

Un quarto requisito è che la valutazione sia realistica. In particolare, esistono effetti di sostituzione nel mondo reale: la spesa per l’Expo è, almeno in parte, sostitutiva di altre spese, sia per gli agenti privati che per quelli pubblici. Un trattamento modellistico realistico dovrebbe dunque depurare l’impatto della spesa di quella componente che non è addizionale, bensì sostitutiva di altre spese. Questo riguarda ad esempio la spesa dei visitatori italiani che non è (se non per una frazione) addizionale. Questo singolo aspetto, se correttamente preso in considerazione può diminuire, anche di un ordine di grandezza, la portata dei benefici (Massiani 2014). Il realismo dovrebbe anche riguardare la stima dei benefici ex post riguardo al flusso di turisti, considerando i risultati piuttosto pessimistici messi in evidenza in lavori realizzati su un’ampia base di osservazioni (Fourie et Santana-Gallego 2011). Il realismo dovrebbe anche riguardare benefici secondari come quelli in termini di Investimenti Diretti Esteri, dove anche gli approcci econometrici, allineati con la stato dell’arte, rimettono in causa l’esistenza di tali vantaggi (situazione messa in evidenza in particolare da Jakobsen 2013, con pubblicazione a dir vero posteriore alla maggiore parte dei lavori realizzati in ambito Expo).
Ulteriore requisito è quello della coerenza territoriale. Ad esempio, alcuni studi d’impatto di Milano 2015 utilizzano una matrice nazionale per calcolare un impatto regionale. Ora è risaputo che i moltiplicatori di una matrice calcolata a scala nazionale sono superiori a quelli da utilizzare a scala regionale (perché le perdite sono inferiore a scala nazionale). Il procedimento adottato conduce dunque a una sovrastima degli effetti senza che questo, per quanto ne sappiamo, sia adeguatamente segnalato dagli autori. Lo stesso criterio di coerenza territoriale ha altre implicazioni. Così, una parte della domanda finale si riporta su beni prodotti al di fuori dell’area di interesse, cosa che non avviene nei calcoli del CERTeT (e che gli autori riconoscono onestamente). Inoltre l’area di analisi (o una di queste se ne adoperano diverse) dovrebbe essere coerente con la scala territoriale del finanziatore dell’evento. Riguardo all’Expo, considerando che il principale finanziatore è lo Stato, fare solo un bilancio regionale sarebbe di interesse limitato. Certo, la Lombardia, o la provincia di Milano, potrebbero guadagnare qualcosa con l’Expo, ma la questione di maggiore interesse riguarda se si tratta di un trasferimento a somma negativa o positiva per l’Italia. A questo criterio di coerenza territoriale si può associare quello di coerenza temporale, che è presentato in allegato e riguarda l’assenza di affermazioni non giustificate sulla ripartizione temporale degli effetti dell’evento.
A questo si aggiungono dubbi riguardo al bilanciamento degli studi o trattamento simmetrico dei benefici e dei costi. In particolare, va verificato il trattamento equilibrato, attento sia ai costi che ai benefici, dell’eredità. Questo ultimo concetto è spesso adoperato in modo discutibile (sintomaticamente, non è l’evento che finanza il lascito, se non per una minima parte, ma è il contribuente). Ad esempio se una collettività si deve indebitare, il costo corrispondente deve figurare fra i costi del progetto come figurano gli ipotizzabili benefici di immagine. Su questo punto, gli studi d’impatto di Milano sono tutti caratterizzati da parzialità, non rispettando tale requisito. Anche lì, sembra che questa condizione di bilanciamento spesso non sia rispettata.
Infine, un ultimo criterio riguarda la coerenza concettuale. Riguarda per primo l’esplicitazione del carattere non normativo dei risultati dell’analisi d’impatto economico che non è, e non può essere, uno strumento di prescrizione di politiche pubbliche e deve, a destinazione del decisore e del pubblico, esplicitare chiaramente questa mancanza. Per definizione, tutti gli studi d’impatto (almeno come sono fatti il più delle volte, senza considerazione per gli effetti di sostituzione, in sfregio all’impostazione seminale di Leontief) conducono a un risultato positivo. Se un metodo dice di sì a tutto, non è di grande aiuto per il decisore. Inoltre, un incremento di valore aggiunto (una misura valida della produzione, che va distinta del fatturato, come purtroppo spesso non fanno gli studi d’impatto dell’Expo) non è di per sé un valido criterio di economia normativa, in quanto esistono diverse situazioni dove tale aumento può corrispondere a una diminuzione del benessere collettivo (in particolare per l’esistenza di esternalità e di costo opportunità delle risorse). Altro criterio di coerenza concettuale riguarda l’effetto dei costi sulla valutazione: a parità di servizio o di prodotto, un aumento dei costi di produzione è una brutta notizia per l’economia. Se i costi di uno stadio raddoppiano, potrebbe (ma non i tutti i casi, dipende del contesto contrattuale) essere una buona notizia per chi costruisce lo stadio, ma non lo è per la collettività. Purtroppo, l’utilizzo improprio del metodo Input-Output, senza debita considerazione degli effetti di sostituzione, giunge alla conclusione inversa. Più un investimento è costoso, più attiva flussi economici… Ossia, più siamo poveri, più siamo ricchi!
Sulla base di questi criteri, appare che il dibattito pubblico sui benefici dell’Expo, senza mettere in dubbio la dedizione di chi ci ha contributo, si basi su una serie di cifre fortemente discutibili, i cui limiti non sono esplicitati, se non in minima parte, dagli stessi autori. È legittimo pensare che, in queste condizioni, la validità, anche puramente economica, di un grande evento come l’Expo sia ancora da dimostrare o, comunque, da valutare in maniera condivisibile.

Jérôme Massiani, Università Ca’ Foscari

 

Riferimenti bigliografici
Airoldi, A., Cini T., Morri G., Quaini E., e Senn L. (2010). L’impatto di EXPO 2015 sull’economia italiana. CERTeT – Università Bocconi, Milano, 16 p.
Althues, S., e H. Maier. (2002). Exhibition “EXPO 2000” in Hanover/Germany in 2000 Impact on Regional Economy based on German Input-Output Tables a priori and a posteriori. Fourteenth International Conference on Input-Output Techniques. Montréal, Canada.
Baade, R., e Matheson V. (2002) Bidding for the Olympics: Fools Gold? In Transatlantic Sport: The Comparative Economics of North American and European Sports, di Carlos Pestana Barros, Muradali Ibrahimo, & Stefan Szymanski. Cheltenham, U.K.: Edward Elgar Publishing.
Baade, R., e V. Matheson. (2004).The quest for the Cup: Assessing the Economic Impact of the World Cup. Regional Studies 38, n. 4: 343-354.
Barget E., e J-J. Gouguet (2010). Evènements sportifs. Impacts économique et social. Bruxelles: De Boeck.
CERTET (2010). Expo Milano 2015, l’impatto sull’economia Italiana. Milano.
Comitato di candidatura (2007). Dossier di Candidatura Expo 2015. In particolare il capitolo 21.
Dell’Acqua, A., Morri G., e Quaini E (2013). L’indotto di Expo 2015. Analisi di impatto economico. Milano: SDA Bocconi, ottobre 2013, 102.
Fourie, J., e M. Santana-Gallego (2011). The impact of mega-sport events on tourist arrivals. Tourism Management 32: 1364-1370.
Giesecke, J., e J. Madden (2007). The Sydney Olympics, Seven Years On: An Ex-Post Dynamic CGE Assessment. Centre of Policy Studies Monash University Working Paper G-168.
Jakobsen, J. et al. (2013). Fool’s gold: major sport events and foreign direct investment, International Journal of Sport Policy and Politics, 5(3): 363–380.
Massiani, J. (2014). The economics of Milan 2015: too good to be true. Halle forum on economic growth. Halle, dicember 2014.
Massiani, J. (2008). Expo vuol dire sviluppo? lavoce.info.
McHugh, D. (2006) A Cost-Benefit Analysis of an Olympic Games. Kingston, Canada: Queen’s Economics Department, working paper.
Perotti, R.. (2014) Perché l’Expo è un grande errore? Lavoce.info.
Unione Industriale Torino. (2005) Valutazione degli effetti economici dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Torino: Unione Industriale Torino, 2005.
Zimbalist, A. (2015). Circus maximus: The Economic Gamble behind Hosting the Olympics and the World Cup. Brookings Instistution Press.

 

Note

[1] Alcuni studi si fregiano del nome di Università prestigiose. Si viene così a scoprire che il cosiddetto studio d’impatto dell’ESSEC sulla coppa del mondo di Rugby in Francia è stato realizzato in realtà da due studenti, seppure sotto la direzione di un insegnante. Non stupisce che ulteriori studi, realizzati con maggiore professionalità, abbiano notevolmente ridimensionato i benefici.

 

Allegato 1 – Tabella sintetica sulla validità degli studi d’impatto dell’Expo

1. Alcuni criteri possono essere d’applicazione deterministica, o “oggettivi”, mentre altri richiedono una valutazione da parte dello studioso. Anche se questo implica una forma di “soggettività” questa è rispondente alla soggettività stessa delle modalità di calcolo adoperate negli studi analizzati. Sarebbe problematico, da un punto di vista epistemologico, accettare soggettività e discrezionalità negli studi d’impatto (come illustrato nelle note a piè di pagina della presente tabella) e, asimmetricamente, negare il ricorso a meccanismi valutativi per chi ne vuole vagliare la validità.

2. Forniamo anche, a titolo informativo, un confronto con lo studio d’impatto di Torino 2006, ultimo mega evento svoltosi in Italia prima dell’Expo.

Allegato 1 n.d.: non disponibile; n.a.: non applicabile

Note della tabella:

  1. Il mancato rispetto di alcuni criteri da parte del Dossier di candidatura può essere contestualizzato considerando il carattere fondamentalmente lobbistico del documento, a supporto del “bid”. Alcuni criteri non saranno dettagliati per questo studio proprio in ragione di questa caratteristica.
  2. Esiste una nota metodologica di 16 p., fornitaci su nostra richiesta, che chiarisce alcune modalità di calcolo.
  3. Una nota metodologica di 102 p. è stata resa disponibile un anno dopo la pubblicazione dei risultati, ripresi nel frattempo abbondantemente nella stampa, senza che i risultati siano allora scrutinabili.
  4. Ad esempio, la matrice Input-Output non è documentata, l’indicazione ”tav.I/O 2005 Italia”, rischia di non bastare a garantire la replicabilità.
  5. Il calcolo matriciale è descritto con dettaglio (cap. 7.3) anche se la matrice stessa non è documentata, ma altre parti del calcolo non sono descritte in modo sufficiente per consentire la replicabilità (ad esempio l’imprenditorialità incrementale e la creazione di nuove imprese, si basa su un modello non pienamente documentato p. 62, il numero di imprese addizionale in funzione dell’aumento di PIL non è dato, anche se il lettore potrebbe tentare di dedurlo – con incertezza – di alcune informazioni presenti nel dossier). Inoltre si ci può legittimamente interrogare su un rischio di doppio conteggio: se l’expo aumenta il PIL, potrebbe aumentare il numero di imprese, ma contare nuovamente la produzione di queste imprese è problematico in quanto compare già nell’aumento del PIL considerato inizialmente.
  6. Oltre allo studio è disponibile una descrizione del modello IDEM di 15 p. non sufficiente a garantire la replicabilità dei calcoli. Si potrebbe tuttavia obbiettare che la condizione di replicabilità può essere richiesta in modo più o meno esigente considerando la complessità di un determinato modello.
  7. Il dossier di candidatura non considera la spesa dei visitatori.
  8. Lo studio prende in considerazione una percentuale di presenze in Lombardia/a Milano per i quali la “motivazione viaggio è Expo”, ma le precise modalità di determinazione e di utilizzo di questo dato (raccolte tramite sondaggio) non sono disponibili.
  9. 14 del Dossier. Non appare una sottrazione della componente sostitutiva della spesa dei visitatori locali.
  10. L’insieme della spesa pubblica appare addizionale per il sistema economico considerato.
  11. Il carattere pubblico o privato di alcune spese può essere opinabile, rimane comunque che l’insieme delle spese pubbliche mobilitate appaiono addizionali per i diversi perimetri di studio considerati
  12. Non sono presenti riferimenti a pubblicazioni scientifiche. Il dossier indica come riferimento a ”recenti studi” : “Si veda per tutti Clark G. “Home to big ideas: The Impact of Major Events on Inward Investment. London 2012 and The Thames Gateway”, ma si tratta di uno studio realizzato per un gruppo di investitori.
  13. La letteratura critica sui grandi eventi è poco presente e, quando lo è, non incide sugli argomenti presentati dagli autori (vedasi ad esempio l’utilizzo dell’opera di Baade e Matheson citato “Baarde e Matheson”, depotenziata dai suoi aspetti critici come quelli sulla necessità di considerare gli effetti di sostituzione).
  14. La stima dei visitatori italiani è basata su un sondaggio, senza che sia discusso come le dichiarazioni degli intervistati debbano o no essere rettificate per la loro natura puramente dichiarativa. La stima degli altri visitatori si materializza sostanzialmente in un raddoppio delle visite, modalità di calcolo non argomentata.
  15. Il riferimento ai risultati di un sondaggio (“un’indagine svolta da Bain Italia su incarico di Expo 2015 S.p.A“ p.14; “corrette nel febbraio 2013 sulla base dei risultati della nuova indagine svolta nel dicembre 2012 da Eurisko” p. 15) non è sufficientemente dettagliato per consentire un’analisi delle modalità di calcolo adoperate.
  16. La stima dei visitatori è spesso meno difficile nel caso delle olimpiadi che nel caso delle esposizioni universali.
  17. Il sondaggio alla base della stima non appare documentato in modo tale da permettere uno scrutinio esterno, l’utilizzo di eventuali fattori di correzioni non viene menzionata. Domande d’informazioni presso l’azienda incaricata della raccolta dati sono rimaste senza risposta positiva
  18. Idem
  19. Il rispetto di questo criterio può, come per altri criteri, non dipendere dagli autori di uno studio che possono invece aver considerato un unico scenario di tariffazione a loro fornito. Si perde tuttavia, in questo modo, un’informazione importante sull’adeguatezza del piano tariffario considerato.
  20. Nessuno degli studi esplicita un ragionamento sull’origine dei fondi utilizzati, mentre sono questioni sempre più presenti nell’analisi economica come illustrato da Zimbalist (2015).
  21. Alcune modalità di calcolo (IDE par esempio, p. 12) sono esposte in modo molto semplice, ma questo esprime più la semplicità del modello sottostante che un difetto di documentazione
  22. L’effetto sull’investimento diretto estero si basa su “benchmark storici legati alla dinamica degli IDE in Italia e nelle aree interessate da Expo nello specifico” (p. 64) senza che i dati corrispondenti siano resi disponibili. Per quanto riguarda i flussi turistici futuri, trattati soprattutto pp. 17 e 64 la valutazione non dà precise indicazioni su come si sia ottenuto 1.057.000 presenze, se non riferendosi a uno studio del 2008 degli stessi autori, che non ci appare disponibile al pubblico. I lavori di Fourie e Santana Gallego che consolidano le osservazioni su 200 paesi non sono citati, ma può essere dovuto al fatto che erano stati pubblicati solo da poco.
  23. La stima sull’impatto turistico ex post cita l’unico caso di Torino (p. 10-11). L’impatto sui congressisti è basata sui casi di Barcelona e, marginalmente, di Sydney.
  24. Ad esempio, lo studio dell’impatto sul turismo post evento cita il solo caso di Torino (p. 17), uno studio del 2008 degli stessi autori, potrebbe contenere altre indicazioni, ma non appare disponibile al pubblico.
  25. Sui flussi turistici post evento, la discussione (p. 126) è poco sostanziale e non giunge comunque a una quantificazione, ma questi effetti non sono comunque inclusi nello studio d’impatto economico.
  26. Si veda ad esempio la discussione sul numero di congressisti che sembra altamente speculativa: “si è considerato un tasso di crescita direttamente attribuibile del 10% l’anno, compatibile con quanto avvenuto in città che hanno ospitato eventi internazionali e con un mercato congressuale simile a quello Milanese” p. 6. In realtà la stima si basa – pur in maniera prudenziale- solo sul caso di Barcelona, di cui le cifre sono fornite senza citare la fonte.
  27. 64: la quantificazione dei flussi turistici ex post non appare argomentata “In base alle stime contenute nell’analisi tali effetti dovrebbero generare una produzione aggiuntiva di 1,2 Miliardi di euro”, non è descritto un modello per quantificare tale impatto o almeno per desumerlo da altri casi. Le considerazioni presentate p. 82-84 non forniscono ulteriori motivazioni.
  28. è probabile, come dimostrano studi realizzati in previsione di eventi analoghi, che si verifichi un aumento per qualche anno dei flussi di investimenti diretti esteri (IDE)” p. 6. Gli studi in questione non sono citati. Non sono considerati lavori critici pubblicati in ambito scientifico.
  29. Lo studio recita “Sulla base di indicazioni tratte da alcune fonti, si è stimato un aumento annuo degli IDE “Expo-induced” del 5%,” ma non sono citate le fonti che consentono di giungere a questa quantificazione.
  30. Al minimo, lo studio dovrebbe trattare in modo coerente il fatto che l’accelerazione della realizzazione di queste infrastrutture ha come controparte la deprioritizzazione di altre opere oppure un aumento del prelievo fiscale.
  31. Si può onestamente affermare che nessuno degli studi che trattano delle infrastrutture considera seriamente questa questione. Riferendosi a Torino, sembra implicito e sicuro per gli autori che la spesa per le infrastrutture considerate sui periodi 2001-2004 e 2005-2009 non avrebbe minimamente avuto luogo in assenza delle olimpiadi.
  32. Sembra implicitamente che i 10,179 miliardi di spese infrastrutturali (chiamate “infrastructural investments not linked to Expo” ) non sarebbero per niente state spese nel caso Milano non avesse organizzato l’expo.
  33. L’insieme delle spese infrastrutturali sono considerate (p. 5)
  34. Lo studio si riferisce a “realizzazione delle opere per lo svolgimento dei Giochi e al funzionamento del TOROC” e anche a ““opere connesse” da realizzare nell’area dei Giochi, e alle “opere di accompagnamento””, l’assunto implicito sembra essere che nessuna di queste opere sarebbe stata realizzata, anche in parte, in assenza delle olimpiadi. L’ipotesi potrebbe tuttavia essere discutibile e, in ogni caso, discussa degli autori, considerando l’improbabilità che nessun intervento su queste strutture fosse stato realizzato in assenza dei giochi.
  35. Il titolo del capitolo si riferisce all’Italia e a Milano, alcune cifre sono citate p. 116 senza riferimento esplicito a un determinato perimetro, poi si scopre che gli stessi risultati (tab. 21.1) si riferiscono alla Lombardia.
  36. Lo studio considera l’economia nazionale e l’economia lombarda, ma è a volte difficile capire a quale perimetro si riferisce un determinato risultato.
  37. Lo studio considera Milano (provincia), Lombardia e Italia. La copertura territoriale è articolata, ma non risulta chiaro come gli effetti a livello provinciale possano essere stimati sulla base della tabella intersettoriale regionale (come sembra desumersi della p. 99).
  38. Se un livello territoriale (spesso lo Stato) copre l’essenziale delle spese, o fornisce garanzie finanziarie, uno dei perimetri di studio utilizzati dovrebbe corrispondere a questo livello territoriale.
  39. Lo studio non discute dell’area di interesse, ma implicitamente si concentra sul livello regionale (p. 119 per esempio).
  40. O almeno, non sembra possibile essere rassicurato su questo tema. L’impatto è calcolato a livello regionale, ma non viene precisata la scala della matrice utilizzata.
  41. La base per l’analisi dell’impatto è la Matrice Input Output dell’Italia relativa al 2005” l’impatto di Expo 2015 sull’economia italiana; I risultati dell’analisi d’impatto, Novembre 2010 p. 4.
  42. Se ci basiamo sull’affermazione: “L’attivazione indiretta è stata stimata sulla base della TEI relativa all’economia italiana al 2005 e alla tavola Lombardia 2006 (prezzi base).” p. 99.
  43. È proprio la particolarità del modello IDEM quella di prendere in considerazione con particolare cura la natura regionale degli effetti.
  44. Lo studio riconosce onestamente: “Generalmente, (…) si è ipotizzato che tutti gli input indicati nei vettori d’’impatto provengano da imprese italiane” L’impatto di expo 2015 sull’economia italiana; I risultati dell’analisi d’impatto, Novembre 2010 p. 8.
  45. Bonariamente si potrebbe capire che la maggiore parte degli effetti si producono negli anni “vicini” all’evento, ma questa ipotesi dovrebbe almeno essere esplicitata e la sua valenza discussa.
  46. Si trovano alcune affermazioni contrarie: “70,000 new jobs during the timeframe necessary to prepare for Expo Milano 2015.” Capitolo 21, p 116.
  47. Anche se si trova l’affermazione “In via cautelativa si è supposto che tali effetti imputabili a EXPO Milano 2015 si esauriscano nel 2020”, comunque formulata in modo piuttosto informale.
  48. Vedasi sezione 3.3 del rapporto completo. p. 22 e seguenti.
  49. Si vedano capitoli 3.1 e 3.2 di (Unione Industriale Torino 2005) che contengono una temporalizzazione dei risultati.
  50. Ad esempio, se l’effetto di spiazzamento è trascurato, questo è effettuato dopo verifica che il suo impatto è minore di quello di altri benefici presi in considerazione.
  51. Non sono considerati né il crowding out, né gli effetti si sostituzione.
  52. Lo studio non tratta gli effetti delle infrastrutture annesse. Questo potrebbe portare, in coerenza con la pratica degli autori, a una sottostima degli impatti economici, almeno che un trattamento economico attento agli effetti di sostituzione e basato su un input-output differenziale potesse giungere a conclusioni in senso diverso. Oltre a questi aspetti, lo studio non considera il crowding out e gli effetti di sostituzione.
  53. Per l’insieme degli studi disponibili, basterebbe constatare che i costi finanziari (interessi) non sono considerati. Inoltre, nessuno degli studi considera il crowding out, anche se questo aspetto può essere considerato speso secondario. Più fondamentale la mancata considerazione dei costi opportunità dei fondi pubblici.
  54. Il riferimento ai costi di mantenimento nello studio (p. 5) è fuorviante; essi appaiono come un beneficio e non come un costo.
  55. Interessante il fatto che sia citato l’esempio del Crystal Palace come eredità “ancora oggi concrete e visibili” delle Esposizioni Internazionali (p. 59), tralasciando il fatto che sia bruciato nel 1936 !
  56. Ad esempio un’Analisi Costi-Benefici potrebbe dare un esito negativo, pure in presenza di un impatto economico positivo.
  57. La metodologia scelta non è discussa in confronto a metodi prescrittivi proposti dall’economia pubblica. La mancata portata prescrittiva non è esplicitata.
  58. idem
  59. idem
  60. Solo un Input-Output differenziale (dove il vettore d’attivazione è costruito al netto degli effetti di sostituzione) e la presa in considerazione di costi d’opportunità delle risorse potrebbero ovviare a questa seria limitazione degli studi considerati.

 

 

Allegato 2: fonti d’informazioni disponibili sugli studi d’impatto di Milano 2015 e Torino 2006

  • Il Dossier di candidatura, steso nel 2007 ad opera del Comitato di candidatura, (composto da diverse istituzioni: Comune, Provincia, Regione, Camera di Commercio, Università …)
  • Uno studio del CERTeT (Centro di Economia Regionale, dei Trasporti e del Turismo), Università Bocconi, del 2010, documentato in:
    1. Un fascicolo di 7 pagine: “L’impatto di EXPO 2015 nell’economia italiana” datato 24 novembre 2010, disponibile in rete.
    2. Un documento di 5 pagine: “Expo Milano 2015 l’impatto sull’economia italiana”, dove viene inserita una sintesi dello studio e dei principali risultati, reperibile in rete.
    3. Delle note esplicative di 16 pagine, ottenuto a richiesta degli scriventi, titolato: “L’impatto di expo 2015 sull’economia italiana, I risultati dell’analisi d’impatto”, novembre 2010.
  • Uno studio del 2013 realizzata da SDA Bocconi, commissionato dalla Camera di Commercio di Milano e da Expo 2015 S.p.A. Documentato in:
    1. Una presentazione powerpoint:L’indotto di Expo 2015. Analisi d’impatto economico”, 20 dicembre 2013. La presentazione fornisce indicazioni generali sull’impatto di questo evento attraverso 33 slides, di cui 3 con indicazioni metodologiche.
    2. Nel gennaio 2015, dopo diverse richieste formulate anche mesi prima da un nostro collaboratore, viene comunicato: L’indotto di Expo 2015, Un’analisi di impatto economico, a cura di, Alberto Dell’Acqua, Giacomo Morri, Enrico, Quaini, Milano, Ottobre 2013, 102 p.
  • Esiste anche uno studio Dell’Acqua, A., Etro, L. L., (2008), “Expo Milano 2015. Un’analisi di impatto economico per il Sistema Paese ed i settori industriali italiani”, SDA Bocconi School of Management, Milan, Research report. Questo studio non appare tuttavia disponibile pubblicamente.
  • É reperibile anche il Dossier di registrazione, ma questo contiene solo pochissime indicazioni di tipo economico.

Per quanto riguarda Torino, i documenti considerati sono:

  • Unione Industriale Torino, 2005. Valutazione degli effetti economici dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006, Torino: Unione Industriale Torino.
  • Fachin, S., & Venanzoni, G. (2002). IDEM: an Integrated Demographic and Economic Model of Italy. CONSIP S.p.A.

 

 

 

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