Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Il Progetto Quadro: un modello vincente di governance a livello regionale?

Print Friendly, PDF & Email

di: Monica Cariola

EyesReg, Vol.5, N.3 – Maggio 2015.

Da quando il concetto di governance ha trovato possibilità di realizzazione in vari strumenti di programmazione negoziata economica anche a livello locale, le Regioni italiane hanno cominciato a sperimentare nuovi modelli di governance da utilizzare nella programmazione delle politiche connesse alla gestione dei Fondi FSE e dei Fondi FESR, al fine di migliorarne applicabilità e performance. In particolare da diversi anni alcune Regioni hanno sperimentato strumenti di policy da applicare alla gestione dei bandi regionali per le attività previste dai Piani Operativi Regionali (POR).
Le esperienze tradizionali di finanziamento regionale nella formazione prevedevano l’intervento diretto della Regione su ogni progetto formativo, con notevoli costi di gestione ed organizzativi; l’introduzione dello strumento di policy “Progetto Quadro” (PQ), nell’ambito dei propri POR per la gestione dei fondi FSE, ha inteso superare il concetto di rapporto diretto tra Regione e singolo beneficiario, interponendo un ente intermedio nella gestione di interventi settoriali, di filiera o intersettoriali, aziendali o territoriali e, specie nella promozione di interventi di formazione continua, ha costituito una risposta ai crescenti fabbisogni formativi del sistema produttivo.
La finalità di questi progetti (di dimensioni finanziarie spesso rilevanti) è duplice: da un lato favorire una progettazione degli interventi su scala più ampia del singolo progetto formativo, dall’altro promuovere una sempre più elevata capacità di programmazione a livello territoriale da parte degli operatori singoli o associati. Tali progetti, anche per le loro dimensioni, richiedono infatti competenze diverse e, per questo motivo, presuppongono necessariamente un forte livello di accordo e di collaborazione fra operatori e partner diversi, spesso riuniti in associazioni temporanee di scopo. Infatti i PQ sono principalmente proposti da associazioni di rappresentanza di imprese, territoriali e/o di categoria, ma anche promossi da Enti gestori e destinati alle risorse umane delle aziende presenti nella Regione, finalizzati ai processi di cambiamento delle imprese e di sperimentazione di nuove forme di lavoro flessibile.

 

Innovatività del modello rispetto agli strumenti tradizionali di programmazione

Dalle sue prime applicazioni (in Lombardia nel 2002) il modello dei Progetti Quadro è stato via via utilizzato in svariati ambiti, dalla formazione continua ai servizi per il lavoro, alla formazione superiore e di specializzazione, fino alla formazione specifica per determinati settori; il modello è stato così progressivamente perfezionato nei suoi aspetti procedurali e programmatori e sono stati attivati processi virtuosi di compartecipazione, anche finanziaria, dei soggetti intermedi alle politiche regionali.

Infatti, i notevoli limiti imposti dai sistemi di programmazione tradizionali hanno favorito lo sviluppo del PQ inteso come modello di programmazione più efficiente.
La modalità tradizionale, con finanziamento di singole proposte corsuali, presentate dalle stesse imprese beneficiarie o da società specializzate, prevedeva che la Regione valutasse la domanda di finanziamento solo dal punto di vista della qualità del progetto, senza misurare l’effettiva rilevanza dell’intervento, né il potenziale impatto strategico delle azioni sullo sviluppo del sistema regionale. Inoltre, limitava l’accessibilità delle imprese più piccole ai finanziamenti: le complessità burocratiche e la necessità di assicurare la contemporanea partecipazione alla formazione di un numero di lavoratori che poteva corrispondere anche alla totale forza lavoro nel caso di una micro-impresa, rappresentavano un enorme ostacolo alla partecipazione stessa.
Dal punto di vista tecnico i PQ consentono invece il passaggio dall’assegnazione di fondi FSE ai soggetti erogatori di singoli corsi, ad un modello basato sul finanziamento di “pacchetti di attività”, identificati in prima istanza nel loro complesso, secondo una logica di co-progettazione con le associazioni datoriali e sindacali che decidano di collaborare con il soggetto intermedio che propone un PQ. La progettazione più specifica e operativa viene invece demandata ad un secondo momento, in funzione delle caratteristiche e delle necessità dei singoli end-users.
Il soggetto proponente un PQ si impegna a raggiungere degli obiettivi strategici di cui la Regione, per selezionare i progetti da finanziare, valuta la coerenza con le proprie priorità e con obiettivi misurabili (ad es. numero di imprese, lavoratori destinatari, ore di formazione) in base ai quali viene determinato il finanziamento.
Le associazioni datoriali e sindacali dovrebbero garantire una migliore risposta ai reali fabbisogni di aggiornamento delle competenze dei lavoratori. Gli organismi intermedi promotori di un PQ devono stimolare la domanda di formazione, motivando anche le imprese più piccole a partecipare anche a servizi più specifici.

 

Il modello di Governance alla base del PQ: Criticità e punti di forza

E’ stato analizzato lo strumento PQ, per individuarne principali punti di debolezza e forza, esaminando più a fondo il caso della Regione Lombardia che ha applicato tale strumento per la prima volta nella programmazione POR-FSE 2000-2006.
L’attento esame dei documenti regionali e dei dispositivi dei singoli bandi ha suggerito un’analisi diretta sul campo, attraverso interviste a testimoni privilegiati e soggetti selezionati tra i beneficiari delle misure D1(Formazione Continua) e C3 (Alta Formazione), le più finanziate (tab.1).

 

Tab.1: PQ finanziati -POR-FSE 2000-2006- Lombardia

Tabella 1 Fonte: Elaborazioni IRCRES su dati Monitorweb- Lombardia

 

Gli enti gestori-beneficiari hanno sottolineato come i PQ si caratterizzino per interventi di più ampio respiro, in quanto tendono a coprire coerentemente un territorio o un settore e si proiettano su un orizzonte di medio-lungo periodo. Dalle interviste ai testimoni privilegiati messe a confronto con quelle realizzate alla Regione Lombardia ai responsabili programmazione-gestione dei PQ, sono emersi elementi utili alla ricostruzione del processo di implementazione e quindi del modello logico di Governance alla base dello strumento PQ. Tale modello può essere suddiviso in due macro fasi: 1) dall’implementazione del bando fino alla determinazione dei relativi vincitori; 2) dall’assegnazione dei fondi ai soggetti prescelti, fino alla valutazione finale ed alle relative analisi di follow up (fig.1). Dalla suddivisione di queste macrofasi in singole microfasi analizzabili singolarmente è stato quindi più facile far emergere elementi di criticità e punti di forza del processo.

 

 Figura 1 – Il modello di governance alla base dei PQ

Figura 1_rev      

Fonte: elaborazioni IRCRES-CNR

 

L’analisi del processo di implementazione e del funzionamento dello strumento PQ ha fatto emergere molti elementi a favore della sua introduzione nella Governance regionale:
• creazione di una rete e di un processo interattivo di feed back con gli attori locali: per conoscere in modo più approfondito le esigenze delle imprese presenti, nonchè implementare conoscenze da porre alla base delle programmazioni future.
• semplificazione procedurale: per realizzare progetti complessi coinvolgendo attivamente anche micro e piccole imprese.
• definizione di azioni di sistema: i progetti affrontano temi con una copertura ampia, sia territoriale (cioè un territorio ben definito), oppure settoriale (che coprono un settore produttivo o formativo specifico); questo consente una visione dall’alto e un coinvolgimento verso un target potenziale più allargato.
• efficienza nello sfruttamento e distribuzione delle risorse economiche, grazie alla progettazione ad ampio spettro unita alla scelta di finanziare progetti di dimensioni rilevanti.
• coinvolgimento diretto dei corpi intermedi nella programmazione e realizzazione delle politiche formative in attuazione del principio di sussidiarietà, con un’immediata corrispondenza degli obiettivi progettuali alle effettive esigenze dei destinatari e del territorio.
• stimolo al miglioramento del sistema dell’erogazione dei servizi formativi e alla qualità dei servizi offerti, in quanto è notevolmente aumentata l’attenzione al cliente, anche perché le richieste dei bandi sui PQ hanno imposto una riorganizzazione delle strutture. Le fasi di progettazione più articolate e la creazione di sistemi di enti hanno stimolato la crescita nelle competenze delle risorse coinvolte in questi processi, permettendo un’upgrade generalizzato nel sistema della formazione. Nelle organizzazioni dei beneficiari sono nati uffici di progettazione sulle azioni del FSE, che hanno permesso l’elaborazione di strumenti più adeguati alle esigenze territoriali e più calzate sui bandi emessi.

Pur nella generale positività di giudizio, dall’analisi dello strumento e dei feed-back dei beneficiari sono emerse ancora alcune criticità di tipo organizzativo:

• nonostante maggiormente flessibili, i PQ presentano ancora una certa rigidità in fase rendicontativa, specie per modifiche in corso d’opera.
• i bandi non seguono una periodicità costante, nè il calendario accademico/scolastico; questo limita una reale programmazione degli interventi formativi, che richiederebbero una cadenza annuale, e impedisce di innestarsi sui flussi di domanda di formazione, concentrati ad inizio anno scolastico.
• Il lasso di tempo tra presentazione e approvazione del progetto è troppo elevato e mai costante, il che contrasta l’attività di programmazione e una risposta adeguata ai bisogni dei destinatari finali degli interventi.

Le due principali finalità dei PQ, favorire una progettazione degli interventi su scala più ampia del singolo progetto formativo e promuovere una più elevata capacità di networking e di programmazione a livello territoriale da parte degli operatori, vengono certamente meglio raggiunte con i PQ che con altri strumenti di programmazione tradizionali; ciò non toglie che permangano ancora criticità e che il modello, attraverso processi di feed-back tra Regione, Gestori e beneficiari, non possa ancora essere perfezionato.

Monica Cariola, IRCRES-CNR

 

 

Riferimenti bibliografici
Bezzi C. (2001), Il disegno della ricerca valutativa, Franco Angeli, Milano.
Bramanti A., Odifreddi D. (a cura di) (2003), Istruzione formazione lavoro: una filiera da (ri)costruire. L’esperienza lombarda e la sfida della riforma, Franco Angeli, Milano.
Bulgarelli A. (a cura di) (1996), Percorsi di valutazione del Fondo Sociale Europeo nelle Regioni italiane, Isfol, Franco Angeli, Editore.
Cariola M. (2005), “Le metodologie di valutazione dei centri servizio per il lavoro: dalla letteratura alla proposta di un metodo di analisi di processo e performance”, in Vitali G., Ragazzi E. (a cura di), I fabbisogni formativi dei soggetti deboli, Franco Angeli, Milano, pp. 209-238.
Martini A., Sisti M. (2009),Valutare il successo delle politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna.
Moro G. (2005), La valutazione delle politiche pubbliche, Carocci, Roma.
Palumbo A., Vaccaro S. (a cura di) (2007), Governance: teorie, principi, modelli, pratiche nell’era globale, Mimesis ed., Milano.
Palumbo M. (2001), Il processo di valutazione. Decidere, programmare, valutare, Franco Angeli, Milano.
Quaglino G.P., Carrozzi G.P. (1983), Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, Milano.
Quaglino G.P., Ermolli G. (1985), La formazione. Criteri e metodi di valutazione, Franco Angeli, Milano.
Resmini L. (1993), “L’efficienza e l’efficacia del settore pubblico: alcuni metodi di analisi”, Economia e diritto del terziario, vol. 1, pp. 93-125.
Russo A. (2009), Governare lo sviluppo locale. Esperienze di governance a confronto. Aracne, Roma.

 

Nota
L’articolo trae spunto da un’indagine eseguita dal Ceris (ora IRCRES), per conto di Ecosfera S.p.A, e contenuta nei Rapporti di Approfondimento tematico curati dall’autrice, nell’ambito della Valutazione Indipendente del POR Ob. 3 della Regione Lombardia – periodo 2000-2006.

Condividi questo contenuto
 
 
 
 
 
 
 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *