Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Politica industriale e regionale, e crisi delle politiche macroeconomiche

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di: Riccardo Cappellin
EyesReg, Vol.4, N.6 – Novembre 2014.

Il piano Juncker e l’aggiornamento della Stategia Europa 2020 rendono necessario elaborare una strategia di crescita dell’economia italiana che abbia un orizzonte di almeno 3 anni, e diversa da un piano pluriennale di riduzione del deficit pubblico tramite tagli che generano deflazione. Le politiche monetarie e fiscali nazionali ed europee devono essere integrate con le politiche delle infrastrutture e le politiche di sviluppo industriale.  Per rilanciare la crescita è necessario un cambiamento di metodo e di strategia: innanzitutto, dall’enfasi sull’offerta aggregata e sulla competitività nei soli costi di produzione delle esportazioni alla focalizzazione sulla crescita della domanda interna e alla ripresa degli investimenti delle imprese e delle famiglie e dei consumi di beni durevoli; in secondo luogo, da una focalizzazione sul mercato del lavoro e sui costi del lavoro per le imprese alla focalizzazione sulla crescita dell’occupazione qualificata nelle imprese e sulla promozione dell’innovazione di prodotto e di processo e la crescita della produttività; infine, da un’espansione della offerta di moneta meramente quantitativa ad una riforma dei mercati finanziari e una riorganizzazione degli intermediari finanziari per il finanziamento degli investimenti delle imprese industriali e dei servizi di utilità collettiva.

E’ opportuno che il mondo della politica e delle istituzioni nazionali sia più aperto verso il contributo che viene dal mondo della ricerca universitaria. Il gruppo di discussione “Crescita, Investimenti e Territorio” (www.economia.uniroma2.it/dedi/ebook-politiche-industriali/),   composto dai noti economisti industriali e regionali italiani, ha elaborato 49 contributi e organizzato diversi Policy Workshops, mirano a definire con grande dettaglio le linee di una strategia di politica economica diversa da quella indicata dalle teorie macroeconomiche neo-liberiste prevalenti in Europa e in Italia.

E’ necessaria una politica di ampio respiro come lo sono stati il Piano Marshall di ricostruzione o il Piano Delors o la Strategia Europa 2020. Il deficit annuale d’investimenti sia privati che pubblici, nel 2013 rispetto al 2008, era in Europa e di circa 370 miliardi e di circa 85 miliardi per anno in Italia. Manca in Italia un progetto ed è indispensabile definire una visione dell’economia a medio termine. Solo una grande onda d’innovazione, di finanza e d’investimenti può sollevare l’economia italiana fuori dalla stagnazione di lungo periodo attuale. Un approccio difensivo in attesa che l’economia torni a crescere è destinato a fallire. L’innovazione non è solo un fattore di successo ma ormai un fattore di sopravvivenza per le imprese sia grandi che piccole e medie.

E’ necessaria sia una forte selettività degli interventi che una forte integrazione degli stessi nelle singole aree urbane e regionali del Paese. Una strategia di “diversificazione intelligente” (“smart diversification”) del sistema produttivo italiano mira a creare nuove specializzazioni produttive, che espandano la base produttiva del Paese, e le infrastrutture chiave mancanti, e deve avere un impatto significativo sull’economia e sulla qualità della vita dei cittadini. E’ necessario saper combinare in modo intelligente i nuovi bisogni emergenti degli utilizzatori e le migliori competenze delle diverse imprese e settori produttivi tra loro complementari.

I centri urbani, sia quelli di natura metropolitana che quelli di medie dimensioni, devono rappresentare la struttura di base o il principio di organizzazione del grande Piano di investimenti mirato alla ripresa della crescita dell’economia europea e italiana. Nelle 100 città italiane è necessaria una strategia di sviluppo economico (Cappellin 2014a, Ciciotti 2014), che parta dalla domanda interna o dai “beni comuni” delle città e dai bisogni emergenti dei cittadini che riguardano: riqualificazione e rigenerazione di edifici ed aree degradate in ambito urbano,  mobilità terrestre delle persone e logistica delle merci, gestione delle risorse idriche, risparmio energetico e sviluppo delle energie rinnovabili, salvaguardia dell’ambiente e smaltimento dei rifiuti, protezione da disastri naturali, telecomunicazioni e cablaggio, nuovi bisogni alimentari e agricoltura, servizi sociali, cultura, turismo e tempo libero, salute e sanità, integrazione dello spazio territoriale europeo e cooperazione transnazionale.

Molti di questi settori possono rappresentare il campo di attività di imprese private non solo nella fase della costruzione dell’infrastruttura ma anche in quella della gestione del servizio. Tuttavia, queste nuove produzioni industriali e di servizio devono essere molto innovative e quindi in grado di assicurare un rendimento finanziario adeguato per essere finanziate con risorse private e non, come sempre, solamente con fondi pubblici.

Maggiori investimenti hanno l’effetto sia di aumentare la domanda aggregata, tramite l’effetto del moltiplicatore keynesiano della spesa sul PIL, che di espandere la capacità produttiva nei singoli settori e quindi di aumentare l’occupazione e i redditi, che a loro volta determineranno un aumento della domanda aggregata. L’interdipendenza tra la domanda (D) e l’offerta è raffigurabile con il grafico della domanda e dell’offerta cross-settoriale (Cappellin 2014b), che indica per ogni settore da un lato il prodotto lordo (Y) e dall’altro il prezzo (P) e il costo, qualora i diversi settori sono ordinati per livelli decrescenti della produttività e dei prezzi-costi. Pertanto, la creazione di nuove produzioni è possibile solo se si superano le barriere all’entrata (come nelle aree A) e quindi è necessario aumentare i prezzi delle singole produzioni, che i consumatori sono disposti a pagare data la migliore qualità dei prodotti, con appropriate innovazioni di prodotto e maggiore conoscenza (K), e diminuire i costi di produzione con le innovazioni di processo. Se la scheda della domanda si sposta verso l’alto e la scheda dell’offerta verso destra, nuove produzioni diventano efficienti (si riducono le aree B) e aumenta il PIL.

Pertanto, l’obiettivo di una nuova politica industriale è promuovere un aggiustamento dinamico, sia della domanda che dell’offerta nei diversi settori produttivi e un cambiamento della struttura produttiva dell’economia, per creare nuove produzioni e aumentare sia l’occupazione che la produttività media (Cappellin 2014b, Bellandi e Rullani 2014, Sterlacchini 2014).

In termini sintetici, la politica necessaria per uscire dalla crisi si articola in una serie di pochi passaggi logici e operativi:

1)   non vi è crescita in un’economia avanzata come in quella italiana se non si segue la stessa strategia di innovazione e di investimento, che è stata seguita da Stati Uniti e Gran Bretagna, e l’Unione Europea e il Governo italiano devono adottare una politica macroeconomica,  fiscale e monetaria, orientata alla crescita e all’espansione della domanda interna di consumi e di investimenti, che consenta alle imprese di fare previsioni e progetti a medio termine;

2)  è necessario partire dai bisogni emergenti e dalla domanda dei cittadini concentrati nelle città e progettare prodotti e servizi che diano una risposta a bisogni collettivi tuttora insoddisfatti e con grande crescita potenziale e permettano di portare il livello della qualità della vita nelle aree urbane a quello che esiste ora nelle città degli altri grandi paesi europei;

3)  è necessaria una politica industriale e regionale che promuova gli investimenti delle imprese private in costruzioni e impianti per lo sviluppo di nuovi settori o filiere produttive innovative, nei quali si prevede una domanda interna elevata e che assicurino un ruolo nuovo dell’economia europea nella competizione a scala globale;

4)  le nuove produzioni consentiranno di aumentare l’occupazione e i redditi e la crescita degli investimenti fissi lordi e la nuova occupazione nelle nuove produzioni aumenteranno la domanda interna e faranno uscire l’economia dalla recessione.

In primo luogo, è necessario che la Banca Centrale Europea fornisca liquidità non solo alle banche ordinarie e ai Governi, ma anche alla Banca Europea degli Investimenti e che il risparmio nazionale dei cittadini individuali, delle assicurazione e dei fondi pensionistici sia orientato verso l’acquisto delle obbligazioni emesse dalla Banca Europea degli Investimenti o dalle Casse Depositi e Prestiti dei singoli Paesi, che potranno concedere credito alle imprese o acquistare i “project bonds” direttamente legati a nuovi investimenti reali e non finanziari (Marelli e Signorelli 2014),. E’ quindi necessario creare o rafforzare nuovi intermediari finanziari non bancari specializzati nel campo della finanza di progetto e nell’investimento in capitale di rischio (“equity”) (Baravelli 2014).

In secondo luogo, è necessario passare all’individuazione di progetti operativi nel campo delle produzioni innovative delle imprese private e delle infrastrutture e dei servizi di collettivi nelle aree urbane italiane. In questa prospettiva, è necessario sostenere con fondi pubblici la progettazione e la ricerca e sviluppo, che sono il “driver” degli investimenti innovativi delle imprese e dei Governi e le Università, i giovani ricercatori ed anche le diverse Società Scientifiche potrebbero dare un contributo cruciale, se venissero avviati “bandi di idee per progetti innovativi” nelle diverse regioni italiane.

Riccardo Cappellin, Università Tor Vergata, Roma   

 

 

Riferimenti bibliografici 

Baravelli, M. (2014),  Rilanciare la crescita in Europa e in Italia con gli investimenti: innovazione finanziaria e governance territoriale, Policy Workshop: “Crescita, investimenti e territorio: dalle idee ai progetti”, Congresso dell’AISRe, Padova, 12 settembre 2014.

Bellandi, M. e E. Rullani (2014), Innovazione e investimenti per la rinascita industriale, contributo al XI Rapporto Industria 2014 della CISL, Roma.

Cappellin R., Marelli E., Rullani E. e Sterlacchini A. (2014), a cura di, Crescita, investimenti e territorio: il ruolo delle politiche industriali e regionali, Website “Scienze Regionali” (www.rivistasr.it), eBook 2014.1

Cappellin, R. (2014a), Le città intelligenti motore della crescita, “Rassegna Sindacale”, 17, 1-7 maggio 2014, pp. 8-9.

Cappellin, R. (2014b), Innovation and investments in an urban cross-sectoral growth model: a change of course is needed in macroeconomic policies, relazione presentata alla Riunione Scientifica della SIE – Società Italiana degli Economisti, Università di Trento, 23-25 ottobre 2014,  https://uniroma2.academia.edu/RiccardoCappellin

Ciciotti, E. (2014),  Il nuovo ruolo delle città in un periodo di cambiamenti strutturali: aspetti teorici e implicazioni di policy, Policy Workshop: “Crescita, investimenti e territorio: dalle idee ai progetti”, Congresso dell’AISRe, Padova, 12 settembre 2014.

Marelli, E. e M. Signorelli (2014), Convergence, crisis and the need for innovative policies in the Eurozone, relazione presentata alla Riunione Scientifica della SIE – Società Italiana degli Economisti, Università di Trento, 23-25 ottobre 2014.

Sterlacchini, A. (2014),  Verso una politica industriale di alto profilo in Italia, Policy Workshop: “Crescita, investimenti e territorio: dalle idee ai progetti”, Congresso dell’AISRe, Padova, 12 settembre 2014.

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