Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

La fusione dei comuni italiani: un processo appena iniziato?

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di: Walter Tortorella
EyesReg, Vol.4, N.4 – Luglio 2014.

Tra il mese di Dicembre 2013 ed il Febbraio 2014, cioè in poco più di due mesi, la geografia amministrativa dei comuni italiani è significativamente cambiata riportando il loro numero a quello del 1971. Se in termini quantitativi il dato può apparire scarsamente rilevante, essendo passati da 8.092 a 8.057, in termini di public choice è sintomatico di un livello di governo (quello locale) che, attraversato da decenni di riforme incompiute oscillanti tra neocentralismo e federalismo all’italiana, sta mutando al fine di evitare di incappare in una deriva decadente espressione dell’immobilismo burocratico che stiamo vivendo.

Grafico 1. Il numero dei comuni, dall’Unità d’Italia al 2014

Fonte: elaborazione Centro Documentazione e Studi Anci-Ifel su dati Ministero di agricoltura, industria e commercio ed Istat, Censimento generale della popolazione e Bilancio demografico, anni vari.

In Italia, infatti, il ricorso all’istituto della fusione fino al 2011 si può definire episodico e di origine volontaria. Episodico in quanto la casistica è di ampiezza contenuta, e volontario in quanto rispondente alla volontà delle popolazioni e non guidato da un processo di riforma imposta (1). Successivamente l’articolo 20 della legge n. 135/2012 (2)(c.d. Spending Review 2), ha sicuramente fornito una leva in merito all’incentivazione delle fusioni intercomunali create dal 2012 in poi con lo scopo di favorire il ricorso a tali strumenti (3). Sulla stessa linea si sta ponendo il ddl Delrio “svuota province”, che all’articolo 27 indica disposizioni ad hoc di incentivazione delle fusioni descritte, stabilendo che “le regioni, nella definizione del patto di stabilità verticale, possono individuare idonee misure volte a incentivare le unioni e le fusioni di comuni, fermo restando l’obiettivo di finanza pubblica attribuito alla medesima regione”.

Insomma, la finalità di breve periodo di tali misure è incrementare il ricorso ad unioni e/o a fusioni di comuni, per poi conseguire, come obiettivo ultimo, un riordino del territorio capace di rafforzare l’offerta e il grado di efficienza dei servizi erogati ai cittadini.  Così oggi ci troviamo di fronte complessivamente a 26 fusioni tra 61 comuni, che hanno portato ad un’inevitabile quanto storica compressione dell’universo delle amministrazioni comunali italiane (si veda tabella 1 allegata). Una simile contrazione volontaria di tali amministrazioni locali nel nostro Paese non ha precedenti: l’ultima di rilievo prescinde infatti da logiche volontarie da parte dei cittadini poiché risale alla riduzione forzata dei comuni per volontà del regime fascista, che esplicitò le proprie spinte autoritarie prima con l’introduzione dell’ordinamento podestarile in sostituzione degli organi elettivi comunali (4) e dopo attraverso la soppressione d’ufficio di municipi il cui territorio venne accorpato a comuni di taglia demografica maggiore e ai capoluoghi di provincia.

Analizzando la localizzazione geografica dei comuni che hanno intrapreso la via della fusione dal 1 Gennaio 2014, nonché la loro taglia demografica, emergono due elementi rilevanti. La prima riguarda la concentrazione territoriale delle fusioni praticamente soltanto nelle regioni settentrionali, ed Emilia-Romagna in particolare (al centro rappresenta un caso quello della Toscana, dove sono stati istituiti sette nuovi comuni mediante fusione). La seconda ha a che fare con la popolosità dei comuni, in quanto nella quasi totalità dei casi si è trattato di amministrazioni comunali fino a 5.000 abitanti, molte delle quali già avevano una lunga esperienza di servizi associati. Rispetto al recente passato, quindi, sembra che il ricorso alle fusioni da parte dei comuni se non proprio sospirato, appare come una delle possibili soluzione ai problemi di finanza locale sempre più ricorrenti. E in effetti, parte delle ragioni di questa accelerazione potrebbero essere riconducibili proprio a quelle norme (nazionali e regionali) che garantiscono incentivi di tipo finanziario alle casse dei nuovi comuni, nonché alla consapevolezza di raggiungere determinate economie di scala nella gestione associata delle funzioni comunali e nella connessa erogazione dei servizi, attraverso l’accorpamento di più realtà amministrative e cittadine. Non a caso dei 61 comuni soppressi, 34 aderivano ad unioni. Ciò a sottendere come la partecipazione ad unioni di comuni prima di effettuare una fusione abbia il significato di una prova di convivenza, durante la quale le amministrazioni comunali sperimentano forme di gestione associata delle proprie funzioni fondamentali con comuni delle aree circostanti.

Fin qui la riflessione di tipo geo-amministrativo. Sul versante più meramente politico quello che non va sottovalutato è l’aspetto antropologico del fenomeno. A dispetto di una teoria dell’impasse istituzionale derivante da un’immagine distorta del municipalismo che vorrebbe ciascun cittadino legato al proprio campanile, e pertanto non interessato a processi riformatori che ne modificano il proprio attaccamento territoriale, il fenomeno (volontario) a cui stiamo assistendo sembra andare in direzione opposta. Ciò perché quella della fusione dei comuni si sta affermando per quella che realmente è: una soppressione dell’ente e dei suoi organi politici, non del territorio con le sue tradizioni e la sua identità storica. E’ questo un passaggio molto importante per lo sviluppo e il successo delle trasformazioni in corso. Ridefinire i livelli locali di governo, a partire anche dal loro numero, è tanto più possibile quanto maggiore è la partecipazione dei cittadini al processo riformatore, e la loro convinzione che il senso di appartenenza alla loro comunità non viene messa in discussione, ma anzi salvaguardato, e tutelato, come valore della memoria e quindi patrimonio del Paese.

Semplificare la governance multilivello non solamente in maniera verticale ma anche orizzontale di certo impatta su una riduzione dei costi diretti della macchina amministrativa, ma soprattutto è uno sprono verso una ricerca di ottimizzazione nell’erogazione dei servizi la cui parcellizzazione è divenuta vieppiù insostenibile. L’auspicio che il processo di fusione, come anche quello di unione di comuni, continui ad andare avanti è funzione di una ricerca di salubrità della finanza pubblica che necessariamente passa per una contrazione dei costi istituzionali ed un accorciamento della filiera istituzionale.

Walter Tortorella, Centro documentazione e studi Comuni Italiani

(1) Nel periodo 1991-2011, anni per i quali l’Istat diffonde i dati ufficiali relativi alle variazioni amministrative dei comuni italiani, si sono registrate 9 fusioni tra 24 comuni, la prima avvenuta nel 1995 e l’ultima nel 2011.

(2) Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, c.d. Spending Review 2.

(3) “A decorrere dall’anno 2013, il contributo straordinario ai comuni che danno luogo alla fusione, di cui all’articolo 15, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, è commisurato al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti”.

(4) Con la legge del 4 febbraio 1926, n. 237 fu introdotta la figura del podestà in sostituzione degli organi elettivi (giunte e consigli comunali) e del sindaco nei comuni con una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. La riforma dell’ordinamento locale venne estesa a tutti i comuni del regno con il R.D.L. del 3 settembre 1926, n. 1910, ad eccezione di Roma in quanto governatorato.

Tabella 1. Le fusioni intercomunali dal 1° gennaio 2014 al 4 febbraio 2014

Regione Prov. Nuovo Comune Comune soppresso Pop. Censimento 2011
Lombardia BG Sant’Omobono Terme Sant’Omobono Terme 3.472
9 nuovi, 22 soppressi Valsecca 421
-13 comuni Totale 3.893
BG Val Brembilla Brembilla 4.150
Gerosa 372
Totale 4.522
CO Bellagio Bellagio 3.067
Civenna 729
Totale 3.796
CO Colverde Gironico 2.255
Parè 1.748
Drezzo 1.231
Totale 5.234
CO Tremezzina Lenno 1.833
Tremezzo 1.258
Mezzegra 1.014
Ossuccio 973
Totale 5.078
LC Verderio Verderio Inferiore 2.952
Verderio Superiore 2.707
Totale 5.659
MN Borgo Virgilio Virgilio 10.913
Borgoforte 3.487
Totale 14.400
PV Cornale e Bastida Cornale 723
Bastida de’ Dossi 172
Totale 895
VA Maccagno con Pino e Veddasca Maccagno 1.984
Pino sulla Sponda del Lago Maggiore 210
Veddasca 250
Totale 2.444
Veneto BL Quero Vas* Quero 2.511
1 nuovi, 2 soppressi Vas 827
-1 comuni Totale 3.338
Friuli-Venezia Giulia UD Rivignano Teor Rivignano 4.449
1 nuovi, 2 soppressi Teor 1.954
-1 comuni Totale 6.403
Emilia-Romagna BO Valsamoggia Bazzano 6.723
4 nuovi, 12 soppressi Castello di Serravalle 4.866
-8 comuni Crespellano 9.829
Monteveglio 5.282
Savigno 2.727
Totale 29.427
FE Fiscaglia Migliaro 2.228
Migliarino 3.695
Massa Fiscaglia 3.596
Totale 9.519
PR Sissa Trecasali Sissa 4.259
Trecasali 3.732
Totale 7.991
RN Poggio Torriana Torriana 1.595
Poggio Berni 3.365
Totale 4.960
Toscana AR Castelfranco Piandiscò Castelfranco di Sopra 3.066
7 nuovi, 14 soppressi Pian di Sco 6.452
-7 comuni Totale 9.518
AR Pratovecchio Stia Pratovecchio 3.107
Stia 2.904
Totale 6.011
FI Figline e Incisa Valdarno Figline Valdarno 16.800
Incisa in Val d’Arno 6.324
Totale 23.124
FI Scarperia e San Piero Scarperia 7.728
San Piero a Sieve 4.240
Totale 11.968
LU Fabbriche di Vergemoli Fabbriche di Vallico 492
Vergemoli 328
Totale 820
PI Casciana Terme Lari Casciana Terme 3.628
Lari 8.738
Totale 12.366
PI Crespina Lorenzana Crespina 4.124
Lorenzana 1.201
Totale 5.325
Marche AN Trecastelli Castel Colonna 1.039
2 nuovi, 5 soppressi Monterado 2.137
-3 comuni Ripe 4.401
Totale 7.577
PU Vallefoglia Colbordolo 6.175
Sant’Angelo in Lizzola 8.639
Totale 14.814
Campania AV Montoro** Montoro Inferiore 10.579
1 nuovi, 2 soppressi Montoro Superiore 8.877
-1 comuni Totale 19.456
*Fusione valida a decorrere dal 28 dicembre 2013. **Fusione valida a decorrere dal 3 dicembre 2013
Fonte: elaborazione Centro Documentazione e Studi Anci-Ifel su dati Istat, 2014
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1 Comment

  • avrei piacere di contattarla. Nell’ambito della sua riunione annuale (quest’anno a Ferrara il 24 e 25 settembre), curo una sessione tematica inerente esperienze e riflessioni di riassetto istituzionale. Obbiettivo della sessione vorrebbe essere un confronto su come misurare e valutare esiti e benefici dei diversi strumenti di riassetto istituzionale dei comuni (contratti, enti strumentali ad hoc, fusioni, delega differenziata di funzioni, incentivi finanziari, ..). La casistica italiana inizia ad essere densa e dovrebbe consentirlo. Un Suo contributo sarebbe molto gradito.

 
 

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