Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Le manovre sui comuni: verso un nuovo modello di welfare locale

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di: Patrizia Lattarulo e Giuseppe Ferraina

EyesReg, Vol.3, N.1 – Gennaio 2013.

Di fronte alla persistente difficoltà di risanamento dei conti pubblici del Paese anche ai Comuni viene chiesto di contribuire al processo, con un impegno crescente nell’arco del triennio 2011-2013. Dalla lettura del rapporto La finanza territoriale in Italia (Irpet et al., 2012) si apprende che lo sforzo finanziario posto a carico dei Comuni è di 3,8 miliardi di euro nel 2011 (8,6% della spesa corrente 2010 del comparto), comprensivo del taglio strutturale ai trasferimenti erariali, della spending review e dell’obiettivo programmatico del Patto di Stabilità Interno (PSI), ma gli importi sono destinati a triplicare nei tre anni successivi, pari a una riduzione di risorse disponibili del 25,0% della spesa comunale in conto corrente 2010 (circa 11 miliardi di euro).
Tenuto conto delle dimensioni raggiunte dagli interventi in atto, risulta piuttosto difficile ipotizzare che le misure di rigore imposte al nostro Paese dai mercati internazionali non vadano ad incidere già nel prossimo futuro sul modello di welfare che ha improntato l’intervento pubblico locale fino ad oggi. I vincoli imposti sul fronte della spesa, pur congiuntamente ai margini di manovra che si vanno aprendo sul versante delle entrate, sembrano prefigurare un significativo cambiamento nella capacità di offerta di servizi alla scala locale. Alla luce delle variabili di bilancio relative all’esercizio finanziario 2011 (fonte Siope), in questo contributo ci si interroga sulle strategie messe in atto dagli enti locali in termini di riduzione dell’offerta di servizi, aumento della pressione fiscale e razionalizzazione dei costi.
Le riscossioni dei Comuni nel 2011 si riducono del 2,0%, tanto in parte corrente quanto in conto capitale. È il risultato dell’effetto congiunto di riduzione strutturale dei contributi erariali di parte corrente, fiscalizzazione dei trasferimenti erariali mediante trasferimento a scala locale del gettito di alcune imposte immobiliari e contrazione della base imponibile legata alla crisi economica. L’effetto delle manovre è ancora all’inizio e in questa fase, più che negli importi, i cambiamenti riguardano la composizione delle entrate, dal momento che si dimezzano i trasferimenti a favore delle entrate proprie ma senza invarianza finanziaria . Spinti dal PSI gli enti comunali sono quindi costretti a trovare risorse nel pagamento dei servizi. La crisi economica riduce pure la base imponibile delle entrate in conto capitale, ad esempio degli oneri di urbanizzazione.
Nel 2011 ogni cittadino italiano ha versato in media al proprio Comune, direttamente attraverso i tributi o indirettamente mediante i trasferimenti da Stato e Regioni, 700 euro procapite contro i 730 del 2010. A questi importi si aggiunge il pagamento per i servizi prestati, pari a 190 euro per abitante contro i 176 dell’anno precedente. Diminuisce, quindi, la parte di imposte pagate dai cittadini che viene destinata ai Comuni per la fornitura dei servizi da questi erogati. Ai cittadini, pertanto, si chiede un maggiore corrispettivo economico per i servizi forniti dalle amministrazioni locali, le quali per mantenere inalterati i livelli storici di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, si vedono costrette a reperire nuove risorse finanziarie, spesso aumentando il pagamento dei servizi prestati e/o innalzando la pressione fiscale sui cittadini.
Sul fronte delle spese, nel 2011 ogni cittadino italiano riceve servizi dai Comuni per 853 euro, mentre la media triennale degli investimenti è pari a 278 euro procapite. La spesa corrente è sostanzialmente uguale al periodo precedente (+0,7% in valori nominali), mentre la spesa per investimenti diminuisce del 10,0% (media triennale). Appare quindi evidente lo sforzo dei Comuni di preservare i precedenti livelli di servizio offerti, ma anche la difficoltà di incidere sulla razionalizzazione dei relativi costi sostenuti. Come già osservato in altre occasioni, i Comuni reagiscono al PSI manovrando la leva più flessibile del bilancio, vale a dire i pagamenti in conto capitale. È vero anche, però, che la riduzione degli investimenti è in parte di natura contabile, dal momento che i pagamenti (la cassa) flettono assai più pesantemente degli impegni (la programmazione e l’avvio dei lavori). Infatti, gli impegni si riducono del 4,5%, mentre i pagamenti del 18,7%, tra il 2009 e il 2010 (ultimo anno disponibile). Emerge, dunque, l’effetto inatteso del PSI, ossia il rinvio dei pagamenti ai fornitori per i lavori già attuati o in corso di esecuzione che limita così notevolmente la tradizionale funzione anticiclica svolta dalla spesa pubblica durante le fasi di crisi economica.

Diminuisce il peso dei Comuni nell’economia locale e si accentuano le disparità territoriali

Le strategie amministrative messe in atto dai Comuni non sono comunque tutte uguali. Al contrario, esse risentono tanto delle tradizioni territoriali di governo locale quanto delle caratteristiche ambientali in termini sia di capacità di gettito sia di domanda di servizi. Sul fronte delle entrate le Regioni a statuto speciale (RSS) sono ancora oggi quasi escluse dalle strategie di rientro della spesa pubblica e non partecipano, se non in via marginale, al processo di risanamento della finanza pubblica, per cui la loro struttura finanziaria rimane essenzialmente basata su risorse derivate. Il passaggio in termini di compartecipazione da IRPEF a IVA ha l’effetto atteso di aumentare il ruolo compensativo dei trasferimenti erariali riducendo lo squilibrio territoriale. In altri termini, si riduce la distanza delle entrate medie tra regioni, altrimenti molto profonde. Sul fronte delle spese si confermano le tradizionali preferenze dei singoli territori: il Centro tende a mantenere inalterata l’offerta di servizi a scapito degli investimenti, mentre nel Nord si privilegia l’intervento sugli investimenti. In quest’ultima zona del Paese i Comuni hanno sempre manifestato un’elevata propensione alla spesa per investimenti, per cui, dopo anni di forte riduzione dei pagamenti, questi enti si trovano costretti a procedere al pagamento dei lavori attuati, trasferendo così risorse aggiuntive ai propri territori. Ciò si deve anche al buon funzionamento del Patto verticale regionale , che ha registrato risultati indubbiamente positivi nelle regioni del Nord. Di fronte all’alternativa di finanziare i pagamenti con l’aumento della pressione fiscale e/o mediante la riduzione della spesa corrente, non pochi enti scelgono di non rispettare il vincolo imposto dal PSI.
Il Patto verticale regionale ha, difatti, svolto in diversi contesti territoriali un’importante funzione di ausilio a favore dei Comuni in evidente stato di sofferenza finanziaria. Soprattutto al Nord, le Regioni intervengono con importi rilevanti, tanto che in alcuni casi i loro plafond sopravanzano l’obiettivo programmatico del PSI complessivamente posto a carico dei Comuni ricadenti sul territorio di riferimento, dando luogo a una sorta di overshooting regionale. Al contrario, i Comuni del Sud risultano svantaggiati anche sotto questo aspetto, dal momento che le Regioni non si rivelano in grado di rendere disponibili risorse aggiuntive per i loro enti locali in difficoltà. Dove questo non avviene (Puglia e Basilicata) i risultati sono comunque poco soddisfacenti: si pensi al caso pugliese, dove il 40% del plafond regionale reso disponibile al comparto non viene utilizzato dagli enti.
In definitiva, l’analisi territoriale evidenzia che nell’ultimo anno in tutte le regioni, fatta eccezione per le RSS, il Lazio, la Lombardia e la Puglia, i Comuni hanno diffusamente ridimensionato il loro peso nell’economia locale, tanto percependo minori entrate quanto riducendo le spese. Tra le realtà oggetto di una maggiore involuzione emergono alcune aree caratterizzate da ben radicate tradizioni di governo locale come Liguria ed Emilia Romagna, ma anche contesti quali Campania e Sicilia, dove la scarsa offerta di servizi impedisce la richiesta di una maggiore contribuzione da parte dei cittadini.

Minori servizi e minori investimenti, tanto più nei grandi comuni

Così come la collocazione geografica può incidere nel determinare diversi modelli di azione pubblica sul territorio, tenuto opportunamente conto anche delle differenti capacità fiscali e delle diverse preferenze in termini di domanda di servizi manifestate dalle popolazioni locali, similmente la dimensione demografica è un fattore che incide tanto sui costi dell’offerta di servizi quanto sui livelli e sulla tipologia di domanda espressi dalle comunità locali di riferimento. L’evoluzione in atto penalizza particolarmente i grandi Comuni, che già risentono di diseconomie legate alla mancata coincidenza tra confini amministrativi e bacino di offerta dei servizi erogati. In questi Comuni la pressione fiscale è molto più alta della media, dal momento che ai residenti viene richiesto di pagare servizi offerti ad una collettività più ampia; parimenti i costi di erogazione sono più elevati perché finanziano un’offerta di servizi che non risponde alla sola popolazione residente, ma anche alle diverse tipologie di city users che utilizzano quotidianamente diversi servizi erogati nei centri urbani pur risiedendo altrove. La pressione fiscale e i costi di erogazione dei servizi aumentano ovunque, ma in misura maggiore nei grandi Comuni, dove contestualmente i pagamenti degli investimenti risultano anche per questa ragione particolarmente penalizzati.

Conclusioni: per i cittadini minori servizi con maggiore pressione fiscale

In definitiva, dunque, tra il 2010 – anno di avvio del complesso processo di riforma che investe la finanza locale – e il 2012, ai Comuni viene chiesto un importante contributo al risanamento della finanza pubblica, per un importo di circa 9,4 miliardi di euro. Ai tagli complessivamente operati sui trasferimenti erariali (7.650 milioni di euro) si affianca un significativo inasprimento dei vincoli di spesa legati al PSI (1.712 milioni di euro). Al cospetto dei cittadini, pertanto, le amministrazioni comunali si trovano costrette a ridurre i servizi per rispettare il PSI e vengono contemporaneamente spinte ad aumentare la pressione fiscale per recuperare una parte dei trasferimenti erariali venuti meno. L’aumento della pressione fiscale, a partire dall’IMU e verosimilmente destinata a crescere con l’utilizzo di una serie di leve fiscali di natura facoltativa , andrà infatti a compensare la riduzione dei trasferimenti erariali. Sul Comune ricade, dunque, la responsabilità di confrontarsi con i cittadini offrendo minori servizi e imponendo nel contempo una maggiore pressione fiscale. Proprio su di essi, in tutta evidenza, grava pertanto l’onere della transizione verso un nuovo modello di prestazione dei servizi rispetto a quanto finora venutosi consolidando nel nostro Paese.

Tabella 1 – VARIAZIONE DEL CONTRIBUTO DEI COMUNI ITALIANI AL RISANAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL BIENNIO 2010-2012
Valori assoluti in milioni e procapite in euro

v.a.

p.c.

∆ CAPACITÀ DI SPESA
Obiettivo PSI 2012

3.542

61

Plafond statale 2012 Patto verticale regionale incentivato

-800

=

-14

=

Manovra netta 2012 derivante da PSI 2012

2.742

47

Obiettivo PSI 2010

-1.030

=

-18

=

Riduzione capacità di spesa 2012/2010

1.712

29

∆ TRASFERIMENTI ERARIALI
Taglio strutturale ai trasferimenti + altri vincoli da spending review

4.450

76

Riduzione FSR 2012 con passaggio da ICI a IMU

3.200

=

55

=

Riduzione capacità di entrata 2012/2010

7.650

131

∆ PRESSIONE FISCALE
IMU 2012 standard – ICI convenzionale 2010 (MEF)

3.200

55

Fonte: nostre elaborazioni su dati IFEL e MEF

 Patrizia Lattarulo, Giuseppe Ferraina, IRPET

Riferimenti bibliografici

Corte dei Conti, Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, anni vari.

Corte dei Conti, Relazione sulla gestione finanziaria degli Enti Locali, anni vari.

Guerra M. C., Zanardi A. (a cura di), La finanza pubblica italiana, Il Mulino, Bologna, anni vari.

Ifel (a cura di), Il quadro finanziario dei Comuni, anni vari.

Ires Piemonte, Irpet, Srm, éupolis Lombardia, Ipres, Liguria Ricerche (2012), La finanza territoriale in Italia, Rapporto 2012, Franco Angeli, Milano.

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese, anni vari.

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