Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Città e istituzioni locali come leva dello sviluppo sostenibile: il ruolo della politica urbana

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di: Francesco Monaco

EyesReg, Vol.3, N.4 – Luglio 2013.

Premessa.

Partirò dalla domanda a cui prova a dare risposta l’ultimo libro dell’economista americano di origini turche, Daron Acemoglu scritto insieme a James A. Robinson (2012): perché ci sono Paesi che diventano ricchi e Paesi che restano poveri? Per quale ragione nel mondo convivono prosperità e indigenza? Alcuni attribuiscono rilevanza al clima o alla geografia. Altri chiamano in causa la cultura. I nostri due autori dimostrano che le origini di prosperità e ricchezza risiedono nelle istituzioni politiche ed economiche che le nazioni si danno. Esistono casi in cui vengono costruite “istituzioni inclusive” o aperte, che permettono la partecipazione di grandi masse di persone alle attività economiche profittevoli, sanno cogliere le opportunità della storia, generano buona politica. Poi ci sono i casi in cui a prevalere sono le “istituzioni estrattive” o chiuse che consentono solo a pochi gruppi di appropriarsi della ricchezza della comunità, non si preoccupano di stimolare la creazione di questa stessa ricchezza, autorizzano l’accumulo di posizioni di rendita, producono solo cattiva politica.

Per l’Italia e l’Europa è questo il tempo, il tempo terribile della crisi di sistema, in cui diviene sempre più urgente lavorare per costruire istituzioni inclusive e contrastare la persistenza di istituzioni estrattive: tutti gli operatori pubblici e privati devono concorrere al raggiungimento di questo obiettivo. E’ questa la leva per ri-fondare su basi sociali il capitalismo europeo. Uno dei più importanti terreni su cui é necessario avviare questo esercizio é il governo delle città.

Elementi di scenario

Più della metà (53%) della popolazione totale dei Paesi OCSE vive nelle aree urbane. In 78 aree metropolitane di 1,5 milioni di abitanti si concentra il grosso delle attività economiche: in esse si attesta un PIL pro-capite superiore alla media nazionale (78% contro 66%) e una più alta produttività del lavoro (78% contro 66%). In Italia nel reticolo delle città medie (più di 80.000 abitanti) si addensa la maggiore capacità di produrre reddito, di offrire servizi collettivi (sanità, trasporti, istruzione), di attrarre investimenti [1].

Le economie di agglomerazione consentono alle aree urbane di attrarre sedi internazionali e regionali di società commerciali, offrono più risorse, polarizzano un maggior numero di servizi specializzati (marketing, finanziamenti pro-vendita, assistenza post-vendita, ecc.) e infrastrutture. Consentono anche i vantaggi della specializzazione e della diversità perché in esse si concentrano le attività di Ricerca & Sviluppo e la capacità di produrre innovazione (l’81% dei brevetti è depositato da candidati che operano nelle aree urbane). Le aree metropolitane tendono ad avere una maggiore dotazione di capitale umano.

Nelle aree urbane, tuttavia, si raccolgono i più grandi bacini di disoccupazione. Inoltre, esse mostrano i tassi di attività più bassi. Nel città del Mezzogiorno d’Italia il tasso di occupazione è al 43,6% (a nord 64,8%), mentre la disoccupazione tocca il 18,3%, la disoccupazione femminile è al 18,3%, quella giovanile svetta al 50,5%.

L’esclusione e la povertà nella maggior parte dei Paesi OCSE sono diventati fenomeni metropolitani, la disparità socioeconomica caratterizza quasi tutte le città, gli immigranti e le loro famiglie rappresentano la parte più vulnerabile delle aree urbane. Almeno il 10% della popolazione vive in quartieri degradati; in alcuni casi questo dato arriva a punte del 25%. Inoltre, nelle aree urbane, i livelli di criminalità superano di almeno il 30% la media nazionale.

Ulteriori esternalità negative urbane riguardano i costi indotti dalla congestione (traffico, inquinamento atmosferico e sonoro, degrado del verde pubblico), mentre a causa degli alti oneri di manutenzione, in molte aree urbane la qualità delle infrastrutture degrada progressivamente.

Una politica ordinaria per le città italiane

La qualità urbana attraverso la rigenerazione dell’esistente rappresenta un campo di intervento vasto, che necessita di un approccio integrato e tenga conto dei molteplici aspetti che la caratterizzano, quali ambiente, società, economia.

Gli elementi di competitività e i fattori di criticità rilevati, evidenziano la necessità che venga impostata a livello centrale una politica ordinaria delle città a cui dovrebbero partecipare e contribuire tutte le amministrazioni centrali interessate. Ciascuna, per quanto di competenza, dovrebbe esprimere una propria capacità di intervento nei comparti che producono servizi essenziali: quali salute e scuola, ma anche servizi sociali, di trasporto, ricreativi, di innovazione e ricerca, di sviluppo di impresa, di manutenzione del territorio.

Definire una “nuova politica nazionale” a carattere ordinario per le città, offre l’opportunità di dare risposte ai nuovi fabbisogni emergenti, riconoscendo il ruolo fondamentale dei grandi nodi urbani in termini di produzione di ricchezza, offerta di opportunità di sviluppo, localizzazione di servizi a elevato valore aggiunto, collegamento e interfaccia tra dimensione globale e reti locali. Consente, inoltre, di intervenire sulla città considerando lo spazio territoriale ed urbano come un’unica grande infrastruttura, caratterizzata da inscindibili relazioni tra governo dei flussi e politiche per la residenza, tra potenziamento dei grandi attrattori e delle funzioni rare ed offerta di servizi qualificati; in una dimensione di competitività, recupero e ricucitura delle marginalità e nella prospettiva della coesione sociale ed urbana.

Per finalizzare al meglio gli interventi della “nuova politica nazionale” occorre infine individuare strumenti di governo permanenti, in grado di pianificare e gestire progetti che, sulla base dei nuovi assetti istituzionali (in primis, l’istituzione delle città metropolitane), tengano conto di ruoli, fonti finanziarie, dinamiche istituzionali e dell’evoluzione dei bisogni sociali. In questo contesto, resta aperta la questione del governo e del coordinamento dei processi. Per la definizione e gestione di una politica ordinaria per le Città, in Italia è stato di recente istituito il Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane (CIPU) [2].

Prime indicazioni per il ciclo dei fondi strutturali 2014-2020

Nel documento “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020”, proposto dal Ministro Barca ed adottato dal Governo Monti nel 2012, si riconosce che: a) occorre dare “una cornice più ampia di riforme istituzionali, organizzative e nella cultura politico-amministrativa per dare una veste istituzionale adeguata alle politiche per le aree urbane”; b) le città occupano un posto centrale nell’agenda europea di sviluppo sostenibile e di coesione sociale; d) gli interventi per lo sviluppo urbano (co-finanziati da fondi strutturali) possono concorrere a velocizzare l’attuazione dei piani ordinari di settore –per ambiente, mobilità, welfare- con ricadute dirette e tangibili sulla qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese; e) il sostegno finanziario della politica di coesione alle città può essere efficace a condizione che vi sia “un disegno generale e un assunzione forte di responsabilità degli attori urbani rilevanti” [3].

Pur restando fondamentali gli investimenti che le Regioni dovranno fare sulla dimensione territoriale a livello comunale, per quanto riguarda gli investimenti nelle grandi aree urbane, sarà utile superare, nella nuova programmazione, il mainstreaming regionale (POR) nella prospettiva dell’attivazione di un programma nazionale (PON) fortemente orientato al miglioramento dei servizi urbani. Tale intervento dovrebbe: a) contribuire a ri-disegnare e modernizzare i servizi urbani secondo la logica delle smart cities; b) sviluppare la progettazione degli interventi per l’inclusione sociale dei segmenti di popolazione più fragili che vivono nei quartieri disagiati delle grandi aree urbane; c) rafforzare la capacità delle città di potenziare i segmenti locali delle filiere produttive nazionali o globali.

L’evidenza empirica dalla programmazione in corso aiuta ad individuare alcune direzioni per migliorare l’efficacia delle politiche di coesione nelle città del prossimo ciclo 2014-2020. Per procedere in questa direzione occorrerà, in particolare: 1) aumentare la responsabilità della amministrazioni cittadine nel progettare ed attuare gli interventi, attraverso modelli di organizzazione e strumenti operativi per la programmazione comunitaria che consentano la più ampia delega attuativa; 2) costituire modelli e pratiche che garantiscano il coordinamento e lo scambio tra l’amministrazione comunale ed i numerosi altri soggetti responsabili di investimenti, pubblici o privati, localizzati nelle città; 3) potenziare il ruolo delle Città metropolitane come soggetti protagonisti delle politiche aggiuntive attraverso l’ideazione di un programma nazionale per le città metropolitane coordinato dal centro e affidato alla gestione diretta delle città beneficiarie.

Infine sarà necessario valorizzare e diffondere le proposte delle città medie impegnate in strategie di qualità per la crescita e per la sostenibilità. Nell’ultimo decennio, numerose amministrazioni hanno adottato strumenti e modalità di governo e sviluppo del territorio che perseguono strategie innovative, chiare e condivise. Alcuni comuni capoluogo hanno investito risorse per la realizzazione di piani strategici robusti e credibili con piena ownership dei vertici politico-istituzionali locali. Altre realtà hanno trovato soluzioni per dotarsi di una visione di sviluppo, innovando forma e contenuti di piani e strumenti ordinari di governo della città. Queste realtà dovrebbero poter trovare spazio adeguato − non occasionale, ma intenzionale – nella programmazione comunitaria, in particolare in quella regionale.

Francesco Monaco, ANCI – Associazione nazionale Comuni italiani

Note

[1] I dati riportati nella nota sono tratti da OECD, Territorial Rewiews, Competitive Cities in Global Economy e per, l’Italia, ISTAT (varie annualità)

[2] Il CIPU – Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane è stato istituito dall’articolo 12-bis della legge 7 agosto 2012, n. 134)

[3] Il documento è consultabile al seguente indirizzo di posta elettronica: http://www.coesioneterritoriale.gov.it/metodi-e-obiettivi-per-un-uso-efficace-nel-2014-2020/ Esso rappresenta il testo base oggetto della consultazione pubblica che avvia la procedura di definizione dell’Accordo di partenariato per la politica di coesione europea 2014-2020

Riferimenti bibliografici

Acemoglu, D. e Robinson, J.A (2012) Why Nations Fail: The Origins of Power, Prosperity, and Poverty, Crown Publishing

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1 Comment

  • stefano aragona

    Concordo.
    Vieni alla Sessione “Pianificazione e progettazione integrata per il territorio e la città… ecologica” da me presieduta a Palermo in occasione della XXXIV Conferenza AISRe 2,3 settembre.
    Ciao
    Stefano Aragona
    Ing., PhD. , Ricercatore in Urbanistica
    Master of Sciences in Economy Policy & Planning
    Dipartimento Patrimonio, Architettura, Urbanistica
    Università Mediterranea di Reggio Calabria
    Via salita Melissari, Feo di Vito
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    +39 0965.809521
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