Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Le politiche regionali e locali contro il sommerso: verso una modellizzazione

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di: Domenico Marino

EyesReg, Vol.2, N.5 – Settembre 2012.

Il lavoro sommerso non costituisce solamente un problema dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale, poichè i suoi effetti si riflettono sulla sfera privata degli individui, giungendo anche a minare il loro equilibrio psicologico. La riduzione dell’economia sommersa e del lavoro non regolare, di conseguenza, gioca un ruolo importante all’interno delle politiche del lavoro (Girasella e Marino, 2005).

Questo articolo ha l’obiettivo di fornire un modello teorico volto a spiegare le ragioni della presenza dell’economia sommersa e dell’andamento ciclico della sua incidenza.

Un modo nuovo per guardare al problema dell’economia sommersa e del lavoro non regolare è, infatti, quello di considerare un agente economico razionale (l’imprenditore) posto di fronte alla scelta di organizzare la sua produzione utilizzando lavoro retribuito secondo le modalità imposte dalla legge (impresa regolare) oppure contravvenendo alle norme (impresa irregolare).

Tale decisione è dettata dalla percezione dell’imprenditore relativa all’economicità delle due opzioni, che a sua volta dipende dal differenziale di costo del lavoro e dalle sanzioni relative ad un suo comportamento non conforme alla legge. Poichè i costi del lavoro dell’impresa non regolare sono minori di quella regolare, la percezione del rischio di essere sanzionato costituisce un elemento addizionale per la scelta. Quindi, l’abilità dello Stato nell’individuare comportamenti legati all’economia sommersa e la maggiore o minore propensione al rischio dell’imprenditore contribuiscono a determinare l’economicità di una scelta rispetto all’altra.

Gli operatori dell’economia regolare svolgono la loro attività utilizzando risorse reali e non sono soggetti al rischio di ricevere una sanzione. Viceversa, gli operatori dell’economia non regolare sono soggetti al rischio di essere sanzionati. In questo secondo caso, si dovranno quindi dotare di un fattore produttivo figurativo (si legga `multa’ o `mazzetta’) da azionare nel momento in cui venisse alla luce il loro comportamento deviante.

Il vantaggio di costo (assenza di contributi, maggiori facilità di licenziamento, retribuzione inferiore a quella contrattuale) che godono le imprese non regolari può essere annullato dal costo addizionale che queste sostengono per l’acquisto del fattore produttivo figurativo, a seguito di un’azione efficace di contrasto da parte dello Stato.

Si mostrerà come la maggiore o minore efficacia dell’intervento pubblico, determinerà quindi la convenienza o meno a ricorrere al ‘sommerso’ e infine generando un andamento ciclico della presenza di imprese non regolari in un sistema economico.

La letteratura

Il modello teorico presentato in questo articolo si inquadra in una più ampia letteratura sul comportamento illegale delle imprese. Alla tradizionale impostazione beckeriana che ha costituito per vario tempo il mainstream sia nella versione più classica (Becker, 1968) che in quella più avanzata (Schmidt-Witte, 1984), si è aggiunto l’approccio strategico-strutturale (Schelling, 1984) che pone particolare attenzione al comportamento delle organizzazioni criminali rispetto alla loro struttura e l’interazione strategica interna e alle relazione tra Stato e soggetti dell’economia illegale. L’apporto di quest’ultimo filone è stato importante sia sul piano descrittivo che sul piano delle possibili implicazioni di politica economica.

Un modello di feedback fra sommerso e intervento dello Stato

Il ruolo dello Stato è quello di garantire la regolarità del lavoro attraverso una sanzione sul lavoro non regolare. Si ipotizzi che lo Stato imponga una sanzione s, pari al costo di essere scoperti, e che l’efficacia dello stato nel contrasto al lavoro non regolare sia data dalla probabilità \pi di scoprire un’attività non regolare. Si assume che \pi\left(\vartheta \right) sia crescente e concava in \vartheta, \pi ^{\prime }\left( \vartheta\right) >0, \pi^{\prime \prime}\left(\vartheta \right) <0. Il valore atteso della sanzione sarà dato da:

(1) V\left( s\right) =e^{-\rho t}\pi \left( \vartheta \right) s

dove \rho è il fattore di sconto dell’imprenditore che dipende dalle considerazioni dell’imprenditore sul rischio di essere sanzionati al tempo t e \vartheta è una misura dell’intensità dell’intervento pubblico. Più alto è il fattore di sconto \rho, minore è la preoccupazione dell’impresa per la sanzione. Si assume che l’intervento dello stato sia tanto più incisivo e forte quanto più ampio è il mercato e quanto più diffuso è il ricorso al lavoro non regolare. L’introduzione di questo assunto introduce un meccanismo di retroazione che giustifica i cicli nella lotta al lavoro non regolare.

L’utilizzo di lavoro non regolare genera un minor costo A. Si distinguono tre casi:

  • A<v(s), l’impresa non avrà convenienza ad utilizzare lavoro regolare;
  • A=V(s), l’impresa sarà indifferente tra utilizzare o meno il lavoro non regolare;
  • A>V(s), l’impresa avrà convenienza ad utilizzare lavoro non regolare.

La lotta al lavoro non regolare ha un suo costo, occorre cioè utilizzare risorse pubbliche per combatterla. Le imprese sommerse si difendono dall’azione dello Stato cercando di evitare o eludere la sanzione. La crescita del livello di lavoro non regolare fa crescere l’efficacia dell’intervento dello Stato e quindi, ceteris paribus, rende meno conveniente il ricorso al lavoro non regolare. In formula:

(2) S=S(I), con S^{\prime }(I)>0.

dove S è la funzione che descrive l’intensità dell’intervento dello Stato ed I il livello di lavoro non regolare. La derivata prima positiva ha il significato immediato di una relazione fra crescita dell’azione dello Stato in relazione ad un aumento dell’utilizzo del lavoro non regolare intendendo essere sia l’aumento del numero di imprese che utilizzano lavoro non regolare, sia l’aumento della dimensione del lavoro non regolare.

Ipotizzando che lo Stato scelga se aumentare o diminuire l’intensità del suo intervento osservando il livello dell’irregolarità all’istante t e che il legame tra variazione dell’intensità dell’intervento dello Stato e quantità di lavoro non regolare utilizzata dalle imprese sia lineare si avrà:

(3) \frac{S_{t+1}-S_{t}}{S_{t}}=a+bI_{t}.

E’ possibile definire il costo T necessario per evitare o eludere della
sanzione dell’azione dello Stato supponendo che l’aumento dell’azione dello
Stato faccia aumentare il costo dell’utilizzo del lavoro non regolare

(4) K\frac{S_{t+1}-S_{t}}{S_{t}}=\frac{T_{t+1}-T_{t}}{T_{t}}

dove K è una costante.

Si può definire una sorta di elasticità intertemporale della ‘quantità’ di utilizzo del lavoro non regolare in rapporto al suo costo, in modo che se cresce il costo, nel periodo successivo c’è un minor livello di utilizzo del lavoro non regolare. Si può, quindi, scrivere:

(5) \varepsilon =-\frac{\Delta I/I}{\Delta T/T}.

Si assume che suddetta elasticità intertemporale sia costante nel tempo. Con semplici passaggi, sostituendo la (3) e la (5) nella (4) si ottiene la relazione di feedback:

(6) I_{t+1}=I_{t}\left( 1-wa\right) -I_{t}^{2}wb, con w=K\varepsilon .

Questa relazione ha un punto di equilibrio per

(7) I_{e}=0, I_{e}=-a/b.

Le condizioni di stabilità locale vengono date dai valori della seguente espressione:

(8) \frac{dI_{t+1}}{dI_{t}}=\left( 1-wa\right) -2wbI_{t},

da cui segue che per a<0 la prima delle soluzioni è instabile e la seconda stabile. La spiegazione può essere così sintetizzata: la crescita dell’utilizzo del lavoro non regolare fa crescere l’intervento dello Stato e ciò innalza il costo del suo utilizzo. L’aumento del costo fa diminuire la domanda di lavoro non regolare. L’intervento dello Stato fa diminuire il livello di lavoro non regolare. La diminuzione del livello fa diminuire l’intervento dello Stato, quindi fa diminuire il costo dell’utilizzo del lavoro non regolare e ne fa aumentare la domanda. L’utilizzo di lavovo non regolare cresce e il ciclo ricomincia.

Alcune considerazioni di policy

Dal punto di vista della policy, sarebbe necessario individuare un livello ottimale di spesa pubblica in prevenzione e sicurezza del sommerso capace di rendere il costo aggiuntivo dell’impresa che utilizza lavoro non regolare superiore a quello dell’impresa che non lo utilizza.

Lo Stato svolge, infatti, un ruolo cruciale poichè può ridurre o eliminare il vantaggio competitivo imponendo una sanzione che annulla il vantaggio dell’impresa sommersa. La possibilità di influenzare tramite la sanzione è per ipotesi tanto maggiore, quanto maggiore è la dimensione d’impresa (da un punto di vista quantitativo e, indirettamente, dal punto di vista qualitativo).

Ma il tema della sanzione può ulteriormente essere ampliato fino a includere anche la sanzione sociale di natura non monetaria. Appare evidente che il sistema sanzionatorio basato su sanzioni monetarie da applicarsi nel momento in cui una violazione della regolarità del lavoro viene accertata definitivamente è insufficiente a garantire la diminuzione del sommerso, perchè i costi percepiti dall’impresa sarebbero estremamente bassi.

Sicuramente più efficaci sono le misure che mirano a creare delle black list di imprese che hanno comportamenti non conformi alle regole e che per esempio limitino la possibilità di contrattazione con la pubblica amministrazione per le imprese che utilizzino lavoro sommerso o non regolare. In questo senso ad esempio, si è mossa la Regione Calabria approvando una legge innovativa che introduce una Centrale Allarme Emersione ossia una banca dati in cui vengono inserite le imprese che hanno utilizzato lavoro sommerso e non regolare. L’iscrizione a questa banca dati preclude qualunque tipo di rapporto economico con la Regione Calabria.

Ancora più importanti sono, poi, le sanzioni non monetarie. Se la sanzione viene comminata dal contesto sociale nel momento in cui un certo comportamento non conforme alle regole viene posto in essere e non nel momento del suo effettivo accertamento, con una sorta di riprovazione sociale allora il fenomeno del sommerso diviene meno conveniente e poco frequente. Se pertanto il contesto sociale mostra accondiscendenza verso il fenomeno del sommerso la sua riduzione con politiche di pura repressione diventa un’utopia. Il livello di sommerso, quindi, rispecchia il grado di accondiscendenza sociale verso il non rispetto delle regole ed è tanto più alto quanto più vengono tollerati comportamenti di questo tipo.

Domenico Marino, Università Mediterranea di Reggio Calabria

Bibliografia

Becker G. S (1968), Crime and punishment: an economic approach. Journal of Political Economy, 78: 169-172.

Girasella E., Marino D. (2005), Le caratteristiche del sommerso femminile e la propensione all’imprenditorialità nell’area dello Stretto di Messina, in Meldolesi L. e Marchese M. (eds.) Emersione al femminile, 65-86, Carocci, Bari.

Schelling T.C. (1984), Choice and consequence. Perspectives of an errant economist, Harvard University Press, Cambridge.

Schmidt P., Witte A., (1984), An economic analysis of crime, Academic Press, New York.

Ringraziamenti

Si ringraziano Marco Alderighi, Dario Musolino, Pietro Saitta e i partecipanti al seminario “Formal, informal and criminal economy. An outlook on Northern and Southern Europe” per gli utili suggerimenti. Rimane, ovviamente, mia la responsabilità per gli eventuali errori.

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