Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

I flussi globali di container: la recente evoluzione della geografia portuale mediterranea e italiana

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di: Marcello Tadini

EyesReg, Vol.2, N.5 – Settembre 2012.

Nell’ultimo decennio il rapido sviluppo delle economie del Sud-est asiatico (e della Cina in particolare) ha contribuito in maniera significativa all’andamento positivo dello scambio di merci mondiale e ha determinato la rilevanza dei flussi diretti e provenienti da quell’area geografica rafforzandone il ruolo di leadership nello scenario commerciale globale.

La crescita economica del Far East trova riscontro anche nelle percentuali di aumento dei flussi di container (che rappresentano la modalità prevalente per la movimentazione di prodotti finiti e semilavorati a livello internazionale) lungo le rotte che toccano il Sud-est asiatico. In particolare la rotta Asia-Europa è risultata contraddistinta da una movimentazione di container pari a circa un terzo del traffico globale e caratterizzata da un incremento del traffico pari a circa il 300% nel periodo 2000-2007, prima del calo determinato dalla crisi economica mondiale.

I flussi di merce che percorrono la suddetta rotta mettono in luce come asse strategico per il collegamento merci tra il Sud-est asiatico e l’Europa mediterranea il Canale di Suez, attraverso cui sono transitati nel 2011 38,6 milioni di TEU (container da 20 piedi).

L’incremento dei traffici provenienti dall’Asia e diretti verso l’Europa attraverso il canale di Suez evidenzia la centralità assunta dal Mediterraneo nella geografia dei flussi commerciali mondiali, nonché il potenziale dei porti mediterranei europei (Siviero, 2010).

In particolare emerge il ruolo centrale dell’Italia per via della sua posizione strategica e baricentrica.

Il settore portuale italiano è contraddistinto da un modello organizzativo duale di scali specializzati nella movimentazione container (Cassa Depositi e Prestiti, 2012):

− quelli delle regioni meridionali (Gioia Tauro, Taranto e Cagliari), localizzati lungo l’asse Suez-Gibilterra, principale direttrice mediterranea dei traffici tra Far East ed Europa, specializzati nell’attività di transhipment (accesso delle grandi navi portacontainer e organizzazione di navi più piccole per la distribuzione nazionale);

− quelli delle regioni settentrionali, nel Tirreno settentrionale (da Savona a Livorno) e nell’Alto Adriatico (da Ancona a Trieste), a ridosso dei principali poli industriali nazionali e in posizione favorevole rispetto ai grandi corridoi di trasporto europei, che si caratterizzano come porti gateway (cioè di destinazione finale).

L’esponenziale sviluppo del mercato container ha aperto spazi di posizionamento competitivo a molti sistemi portuali e ha rappresentato un’occasione di crescita per il bacino del Mediterraneo e per i porti italiani. Tuttavia, proprio le opportunità che si sono determinate hanno innescato una forte competizione, nella quale riescono ad affermarsi solamente i sistemi che sono in grado di dare risposte di servizio concorrenziali e soluzioni dotate di affidabilità e competitività (Spirito, 2007).

Il sistema portuale italiano si è trovato ad operare in un contesto competitivo in cui da un lato, sugli scali di transhipment dell’Italia meridionale, pesa la concorrenza dei porti del Mediterraneo occidentale, lo sviluppo degli scali del Nord Africa e del Mediterraneo orientale; mentre, dall’altro lato, gli scali del Tirreno settentrionale e dell’Alto Adriatico subiscono la competizione dei grandi porti del cosiddetto Northern Range (cioè quelli localizzati lungo la fascia costiera compresa tra Le Havre in Francia e Amburgo in Germania).

Considerando i flussi di container in ingresso nel Mediterraneo da est, i porti del Nord Italia risulterebbero attrattivi per le merci provenienti dall’Asia essendo più vicini al cuore dell’Europa produttiva. Essi sono localizzati in posizione strategica rispetto ai grandi mercati di origine/destinazione dei carichi e rappresentano una porta d’accesso ad aree economiche di rilievo (Cazzaniga Francesetti, 2007; Costa, 2011; Cassa Depositi e Prestiti, 2012).

Un container in arrivo dalla Cina e diretto nel Nord-ovest italiano dovrebbe seguire infatti un percorso (suggerito dalla collocazione geografica) che privilegi lo scalo di Genova per l’ingresso della merce, consentendo un risparmio di quattro giorni di navigazione rispetto alla scelta di viaggiare fino ai porti del Nord Europa e poi valicare le Alpi. Tuttavia, spesso ciò non accade perché la “geografia logistica” evidenzia come più conveniente la soluzione nord-europea che consente tempi certi e un’efficace programmazione del trasporto.

I vantaggi derivanti dal posizionamento, in termini di giornate di navigazione teoricamente risparmiabili, risultano avere nella pratica un’importanza relativa; più strategica risulta infatti la certezza dei tempi di consegna, dipendente dall’organizzazione dei porti, degli operatori e del ciclo logistico, a prescindere dalla loro localizzazione fisica (Beretta, Dalle Vacche, Migliardi, 2011).

A conferma di ciò, negli ultimi anni la geografia dei flussi di container ha delineato uno scenario in cui emergono le maggiori capacità competitive dell’Europa settentrionale e in particolare dei porti del Northern Range.

La recente evoluzione della movimentazione container nei porti europei e mediterranei (fig. 1 e tab. I) evidenzia il ruolo forte del Northern Range, come anche la sostanziale stabilità della sua quota (tra il 37 e 38%) a fronte di una significativa crescita dei porti mediterranei (dal 38,9% del 2005 al 41,8% del 2010) grazie allo sviluppo dei porti spagnoli, alla realizzazione di nuove strutture nei paesi nordafricani (Marocco ed Egitto) e all’incremento di competitività degli scali del Mediterraneo orientale (Tadini e Violi, 2011).

In questo quadro, il sistema portuale italiano ha visto calare la sua quota di mercato (pari al 9,3% nel 2010 mentre era l’11,5% nel 2005); appare evidente, dunque, come abbia saputo sfruttare poco, anche nel periodo della sua miglior espansione, la propria collocazione geografica competitiva (Costa, 2011).

Figura 1: I primi trenta porti europei e mediterranei per traffico container (2010)

Fonte: elaborazione da European Sea Ports Organisation (2012) e altre fonti

Tabella I: Quote di traffico container nelle principali regioni portuali europee e mediterranee

2010 2009 2008 2007 2006 2005
Northern Range 36,6 36,2 37,6 37,7 37,6 37,7
Mediterraneo occidentale 12,7 12,8 11,6 10,8 10,9 10,8
Mediterraneo orientale 15,0 15,0 13,4 13,2 13,2 12,5
Mediterraneo settentrionale 6,2 6,1 6,0 6,1 6,2 6,5
Mediterraneo centrale 7,9 9,0 8,0 8,2 8,4 9,1
Atlantico 4,0 4,0 4,1 4,2 4,6 4,6
Baltico e Scandinavia 7,1 6,2 7,2 7,3 6,9 6,5
Gran Bretagna e Irlanda 8,6 8,7 9,0 9,5 9,8 10,2
Mar Nero 2,0 2,0 3,2 3,0 2,5 2,1
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: elaborazione da European Sea Ports Organisation (2012) e altre fonti sulla base della ripartizione operata da Musso e Parola (2005)

Le ragioni della ridotta competitività dei porti italiani sono diverse e risiedono nelle limitazioni fisiche dovute alle ridotte capacità di ampliamento, nella contenuta dotazione di strutture per la movimentazione e lo stoccaggio dei container, nella scarsa attrattività per le imprese della fascia alpina e della Germania meridionale (Notteboom, 2008), ma anche nel modello organizzativo della portualità italiana che aggiunge un ulteriore passaggio, destinato a ridurre il vantaggio competitivo del sistema portuale nazionale in termini di minori tempi di percorrenza e di minori costi potenziali (Spirito, 2007).

Come mette in evidenza Cazzaniga Francesetti (2006), i porti italiani scontano anche carenze nell’offerta di servizi pubblici (Dogana, Guardia di Finanza, Polizia di Frontiera, Sanità Marittima, Vigili del Fuoco, ASL, ecc.) e privati (rimorchio, pilotaggio, ormeggio gestiti in monopolio) che dovrebbero essere più rapidi, sempre disponibili e meno costosi. Inoltre, per la competitività portuale è determinante la logistica inland e, quindi, la dotazione di infrastrutture di collegamento (strade, ferrovie e canali) e di nodi logistici ubicati strategicamente, nonché un sistema di gestione che consenta una rapida ed efficace movimentazione delle unità di carico e manipolazione della merce.

Se ciò viene a mancare, i fattori di vantaggio competitivo dei porti italiani (di quelli del Tirreno settentrionale in particolare), vale a dire i minori giorni di navigazione richiesti e il minor numero di chilometri da percorrere per raggiungere i mercati dell’Europa centrale, non sono sufficienti per sopperire alla scarsa affidabilità ed organizzazione della logistica integrata terra-mare. In questo scenario va inquadrato il sistema portuale del Tirreno settentrionale che negli anni più recenti ha visto calare la sua quota di mercato (pari al 3,75% nel 2010 mentre era il 4,21% nel 2005).

Alla luce della maggior efficienza dei porti del Nord Europa, non stupisce il fatto che oggi oltre il 40% delle merci gravitanti sull’Italia settentrionale (esclusi i prodotti petroliferi e metallurgici), con origine/destinazione paesi extra-europei, trovi conveniente servirsi dei porti del Northern Range non sfruttando le possibilità offerte da quelli del Tirreno settentrionale.

Considerando il volume di merci con origine/destinazione italiana che transitano per i porti del Nord Europa, emerge come, con una movimentazione superiore a 440 mila TEU, il Northern Range possa essere considerato virtualmente l’ottavo porto container “italiano” (Cassa Depositi e Prestiti, 2012).

Come sottolinea Bologna (2006), per raggiungere il livello dei porti del Nord non basta un terminal portuale efficiente e poco costoso, non sono sufficienti magazzini e distripark, è necessario offrire servizi di collegamento e trasporto retroportuali di eguale efficienza e capillarità. Nel sistema della portualità nazionale, non è stata completata la gamma dei servizi che sono richiesti dalle merci, prima ancora che dal contenitore, per poter consolidare una scelta di posizionamento portuale che si basa oggi sull’affidabilità complessiva offerta da un insieme integrato di prestazioni.

Alla luce delle potenzialità di crescita attualmente esistenti per l’area mediterranea, la sfida per i porti italiani, ed in particolare per quelli nord tirrenici, riguarda la necessità di migliorare le infrastrutture portuali ma soprattutto di attivare la costruzione di una rete di collegamenti terrestri efficienti per evitare di perdere competitività rispetto ad un sistema logistico globale in continua evoluzione.

Riferimenti bibliografici

Beretta E., Dalle Vacche A., Migliardi A. (2011), “Connessioni logistiche, efficienza e competitività: un’indagine sul sistema portuale italiano”, in Banca d’Italia, Le infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione, realizzazione, Roma, Aprile (pp.557-584).

Bologna S. (2006), Allegato al documento Osservazioni e proposte sulla portualità, dattiloscritto per il Cnel, Roma.

Cassa Depositi e Prestiti (2012), Porti e logistica. Il sistema portuale e logistico italiano nel contesto competitivo euro-mediterraneo: potenzialità e presupposti per il rilancio, Maggio.

Cazzaniga Francesetti D. (2006), “I criteri di scelta dei porti internazionali e i porti italiani”, VIII Congresso SIET, Trieste, Giugno.

Cazzaniga Francesetti D. (2007), Il futuro della portualità italiana: una scommessa difficile, testo disponibile al sito: http://www.rdlog.it, consultazione Marzo 2011.

Costa P. (2011), “Dalla concorrenza nei porti alla concorrenza tra i porti”, in Costa P., Casagrande M. (a cura di), Dalla concorrenza nei porti alla concorrenza tra i porti. Il caso dei servizi tecnico-nautici in Italia, Marsilio Editori, Venezia.

European Sea Ports Organisation (2012), Annual Report 2010-2011, testo disponibile al sito: http://www.espo.be, consultazione Marzo.

Musso E., Parola F. (2005), “Mediterranean Ports in the Global Network: How to Make the Hub&Spoke Paradigm Sustainable?”, International Workshop on new generation Port-Cities & their role in global supply chains, Genova, 12 Dicembre.

Notteboom T. (2008), “The Relationship between Seaports and the Intermodal Hinterland in Light of Global Supply Chains”, Discussion Paper n. 2008-10, OECD-International Transport Forum, March.

Siviero L. (2010), Economia dei trasporti intermodali e innovazione logistica, Franco Angeli, Milano.

Spirito P. (2007), Il sistema italiano dei porti mediterranei e l’integrazione con il traffico terrestre, testo disponibile al sito: http://www.proteo.rdbcub.it, consultazione Gennaio 2011.

Tadini M., Violi C. (2011), “Il ruolo del sistema logistico del Piemonte orientale nell’ambito del corridoio Genova-Rotterdam,” AP Argomenti, Transport systems in the Mediterranean area: infrastructures, competitiveness – Special Issue.

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