Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Una visione strategica di ristrutturazione del territorio. Il caso dell’Abruzzo

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di: Aldo Cilli

EyesReg, Vol.10, N.4, Luglio 2020. Numero Speciale: “Nuovi orizzonti di ricerca per le Scienze Regionali”

Introduzione

Perché le politiche territoriali risultino efficaci necessitano di essere costruite su adeguate conoscenze e implementate attraverso opportuni strumenti di pianificazione. Spesso però, pur disponendo di questi elementi, le politiche risultano inefficaci. In molti casi ciò dipende da errori e fattori contingenti. Ma non è da escludere che il fallimento possa dipendere dalle modalità con cui la politica, l’analisi territoriale e la pianificazione entrano in relazione reciproca. In quest’ottica, la riforma delle geografie amministrative avviata in Abruzzo ai sensi della L. 56/14 (legge Delrio), costituisce un utile banco di prova per ragionare sui possibili nuovi modi con cui rappresentare e progettare il territorio, nella ricchezza della sua articolazione interna.

L’inefficacia del riordino amministrativo in Abruzzo

L’Abruzzo fu tra le prime regioni in Italia a disciplinare per legge i processi di aggregazione degli enti locali. Prima ancora che fosse formulato il Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), la L. R. 143/97, con lungimiranza, si poneva l’obiettivo di favorire processi associativiper superare la inadeguatezza dimensionale dei comuni e definire ambiti territoriali, tali da creare le condizioni per consentire un effettivo governo dei processi socio-economici e un efficiente ed efficace gestione dei servizi e delle funzioni di interesse locale”. Questo contesto normativo, insieme al peculiare assetto insediativo regionale, avrebbero quindi dovuto aiutare l’applicazione della riforma Delrio, nonché la realizzazione del necessario riallineamento tra dimensione spaziale, assetto decisionale e modello funzionale del territorio.

Tra gli obiettivi vi erano: a) l’incentivazione dei processi aggregativi tra comuni (fusioni di comuni); b) la sperimentasse di coalizioni su base funzionale, come tratteggiate dalla L.R. 143/97 (ambiti ottimali per le funzioni associate); c) la sperimentazione delle prime, utili, esperienze unionali (unioni di comuni).

La Regione, in particolare, emanò due testi attuativi della Legge 56/2014:

  • La L. R. 32/2015, Disposizioni per il riordino delle funzioni amministrative delle Province in attuazione della Legge 56/2014, qualemisura urgente disciplinante la transizione delle Province in enti di “secondo livello” (ridimensionati) e le modalità di trasferimento e redistribuzione di competenze e personale, prima della loro prevista cancellazione (poi, aggirata).
  • La L. R. 26 del 18.12.2018, Disposizioni per l’istituzione del Comune di Nuova Pescara, licenziata per concretizzare il progetto di fusione (“ingegneria istituzionale”) fra tre dei più popolosi comuni abruzzesi con l’istituzione del municipio di Nuova Pescara.

Nonostante l’elevato numero di “comuni polvere”, questi provvedimenti, tuttavia, non hanno prodotto processi di fusione ulteriori rispetto a quello di Nuova Pescara; né hanno incentivato le esperienze unionali e determinato una declinazione concreta delle “aree vaste” destinate a essere ambiti ottimali per le funzioni associate. Il recepimento scomposto della 56/14, il verificarsi di eventi calamitosi (due crisi sismiche), i dolorosi tagli della sanità regionale (commissariata), insieme con una malintesa nozione di identità locale intrisa di sterile campanilismo, hanno ostacolato l’avvio dei processi aggregativi tra gli enti locali. L’insuccesso della Delrio, in Abruzzo, è spiegabile anche considerando che;

  • essa costituiva una anticipazione della più complessiva modifica degli enti locali, vanificata dall’esito referendario del 2016, e la sua applicazione parziale ha inibito fusioni tra comuni di diverse province e relativi collegi elettorali;
  • la legislazione successiva al TUEL, nel 2012, revocando l’obbligo di fondersi, dopo dieci anni, pena la decadenza (art. 26 della L. 267/2000), per i comuni costituitisi in Unione, impedì alle Regioni di imporre aggregazioni ai “comuni polvere”, depotenziando esperienze unionali configurabili quali idonee, stabili cooperazioni preordinate ad hoc;
  • venne decurtato il fondo incentivante nazionale previsto per le fusioni, dopo il primo triennio.

La spendig review, nel biennio 2012-2014, produsse anche lo scioglimento di unioni con finanze disastrate, appesantite dai bilanci dei comuni meno virtuosi e penalizzate da artificiose gestioni associate di pochi servizi, spesso simultaneamente erogati anche dagli stessi comuni. In Abruzzo, infine, la razionalizzazione della spesa pubblica, sempre a danno delle aree più fragili, ha comportato:

  • tagli lineari e spoliazione di servizi specie nelle aree interne;
  • mancato finanziamento dei fondi incentivanti;
  • abolizione, con L.R. 1/2013, delle 19 comunità montane storiche, senza che, come previsto dalla L.R. 143/97, fossero riconvertite in Unioni di Comuni, disperdendo, così, senza modelli alternativi, sedimentate esperienze di cooperazione locale.

Non assecondare politiche di coesione, in un quadro di crescente regresso del welfare, in Abruzzo, ha indebolito proprio le rappresentatività e le istanze delle comunità più deboli, depotenziandone l’incisività, già scarsa, nei consessi decisionali rilevanti.

Tale situazione richiede, oggi, un urgente cambio di prospettiva. La mancata attuazione, non metabolizzata, di una riforma che avrebbe dovuto plasmare nuovi enti locali, concepita in remoto, esige che se ne attui una più concreta, ovvero utile alle comunità e aderente al territorio, tale da organizzare meglio l’accesso dei cittadini a funzioni e servizi essenziali.

Ripensare il territorio secondo un modello funzionale

La riorganizzazione dell’assetto territoriale abruzzese su base funzionale attinge a solide analisi e proposte di matrice geografico-territoriale, frutto di corposi studi (Atlante SOMEA ispiratore della L.R. 143/97), o elaborazioni più recenti, di approccio strategico (Abruzzo 2020), cui riferirsi per delineare un ripensamento del sistema delle dotazioni funzionali. Tale ri-lettura ha attualizzato la sedimentata interpretazione del peculiare assetto insediativo abruzzese denominabile come “cantonale”, in virtù dei notevoli condizionamenti indotti dalle morfologie territoriali. Ha inoltre delineato una visione spaziale utile a ri-allineare in un quadro unico:

  • l’assetto insediativo,
  • le strutture dei centri decisionali di spesa pubblica (enti locali),
  • il modello relazionale/funzionale di ri-dislocazione ed utilizzo di servizi,
  • le connesse infrastrutture.

In tal senso, si sono preventivamente ri-definite idonee “aree funzionali urbane” quali adeguati bacini di utenza di servizi svincolabili dai “recinti amministrativi” sovrapposti con modesta adesione ai caratteri costitutivi del territorio (Figg. 1 e 2).

Figura 1. Mappa interpretativa della matrice insediativa e delle relative connessioni e gravitazioni

Fonte: Ricerca Abruzzo 2020_ Quaderno 1, Visione Strategica del territorio regionale (www. abruzzo2020.it). Autore:Aldo Cilli con Luisa Volpi (ottimizzazione grafica).

Figura 2. Mappa interpretativa della Visione strategica del sistema insediativo.

Fonte: Ricerca Abruzzo 2020_ Quaderno 1, Visione Strategica del territorio regionale (www. abruzzo2020.it). Autore:Aldo Cilli con Luisa Volpi (ottimizzazione grafica).

L’attualizzazione di dati di flusso, combinata ad un’indagine attenta alle coordinate spaziali, ha reinterpretato le classiche dinamiche di gravitazione sui principali poli urbani, definendone con maggior dettaglio ampiezza e possibili sovrapposizioni dei relativi bacini di utenza, disvelando, inoltre, anche più minute interazioni reciproche (qualificate) tra piccole comunità locali. Alcune di esse, pur in un quadro di stabilità tra vari cluster contermini, si sono evolute seguendo le mutate dinamiche di fruizione di servizi progressivamente ridotti o concentrati spazialmente, divenendo meno agevolmente accessibili. Tali ambiti ottimali di area vasta, delineati secondo criteri territoriali che ne colgono significativi aspetti di omogeneità funzionale, soddisfano i requisiti che definiscono il concetto di dimensione locale pertinente (Donolo, 2008), intendibile quale summa di caratteri (non solo spaziali) che identifica ambiti convenientemente circoscritti, governabili con efficacia. Questo ripensamento del territorio, così, intenzionalmente, rivaluta il ruolo insostituibile della rete urbana intermedia abruzzese, che fornisce ad ampi bacini (non solo interni), distanti dalla armatura territoriale primaria, prestazioni nevralgiche quali: istruzione secondaria superiore (ed oltre), livelli essenziali di sanità, accessibilità alle “reti lunghe”. Ben oltre la centralità dei 4 capoluoghi provinciali, infatti, si conferma un rilievo funzionale, appena secondario, delle “cittadine” di Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto, alle quali, storicamente, afferiscono bacini di consumo di servizi piuttosto qualificati. Sembra altrettanto centrale, ad una scala diversa, anche la conferma della rilevanza di piccoli poli urbani storici (Castel di Sangro, Carsoli, Ortona) o l’avvento di polarità emergenti cui attingono sub ambiti periferici distanti dai poli urbani maggiori (Roseto, Giulianova, Nereto), sino a ritagliarsi una certa autonomia funzionale da essi (Fig. 3).

Figura 3. Lettura funzionale del sistema insediativo.

Fonte: Ricerca Abruzzo 2020_ Quaderno 2, Il sistema urbano regionale ((www. abruzzo2020.it). Autore:Aldo Cilli con Luisa Volpi (ottimizzazione grafica).

Nell’Abruzzo segnato da declino demografico, armatura urbana debole (eccetto che per la città costiera lineare), prevalenza di piccoli comuni, la visione strategica territoriale di ri-strutturazione rispondente ad un modello funzionale più efficiente nei diversi ambiti (Cilli, 2016) è assimilabile ad una struttura dendritica, disarticolabile in due connessi passaggi di scala (figure) che sottendono uno schema gerarchico fondato su:

  • otto poli urbani principali, centrali rispetto a sette aree funzionali sub regionali, ovvero città che, seppure con distinti profili, erogano servizi significativi per bacini di utenza estesi;
  • dodici centri della rete urbana secondaria, assimilabili a poli locali a supporto delle città o a cerniere funzionali tra le aree meglio servite ed i bacini marginali, le cui dotazioni assicurano servizi piuttosto qualificati ai vicini ambiti marginali;
  • numerosi centri minori ove si rinvengono solo servizi essenziali (di prossimità) attorno ai quali ri-aggregare strutture minime di coesione locale, ovvero grumi di comuni polvere sprovvisti di ogni attrezzatura.

Figura 4. Articolazione funzionale del sistema urbano minore a servizio delle aree interne.

Fonte: Ricerca Abruzzo 2020_ Quaderno 2, Il sistema urbano regionale (www. abruzzo2020.it). Autore:Aldo Cilli con Luisa Volpi (ottimizzazione grafica).

Conclusioni

Il modo in cui in Abruzzo si è data attuazione al riordino amministrativo ha disatteso le aspettative: proprio laddove l’efficientamento degli enti locali sarebbe stato più necessario e strategico, la riforma non è riuscita a intervenire adeguatamente sulla rete urbana secondaria e sull’organizzazione territoriale dei servizi di prossimità da questa erogati, fondamentali per evitare l’abbandono, l’invecchiamento e l’impoverimento (di redditi, posti di lavoro e attività). E questo nonostante alcune precondizioni locali favorevoli tra cui: la non istituzione della Città metropolitana (che quindi assegnava centralità alla Regione) e la volontà espressa dal Legislatore regionale di stimolare il ricorso all’associazionismo intercomunale non solo per ridurre la spesa pubblica, ma anche per intervenire sui cosiddetti “comuni polvere”. Probabilmente, anche per effetto di una erronea idea del territorio, la cui natura dendritica si coglie solo se si è in grado di andare oltre le tradizionali rappresentazioni, combinando l’informazione dei flussi con un’indagine attenta alle coordinate spaziali, e a cogliere anche più minute interazioni reciproche tra piccole comunità.

Aldo Cilli, DEC Università G. d’Annunzio Chieti/Pescara

Riferimenti bibliografici

Cilli A., (2014), Nuove figure per un riposizionamento strategico del territorio regionale e Atlante ragionato dell’Abruzzo in transizione. In Mascarucci R. et. al., Abruzzo 2020. Visione strategica del territorio regionale_ Quaderno n. 1, Pescara: Sala Editore, 18-43 et 66-117.

Cilli A., (2016), La gerarchia funzionale del sistema urbano regionale eL’articolazione territoriale del sistema insediativo. In Mascarucci R. et. al., Abruzzo 2020. Il sistema urbano regionale_ Quaderno n. 2,Pescara: Sala Editore, 24-33 et 114-141.

Cilli A., (2016), Ripensare il territorio. La rivalutazione dello spazio fisico per una nuova idea di coesione territoriale, Popoli (Pe): RC Editore.

Donolo C., (2008), Transizione verso territori capaci, Rivista di Sociologia del Lavoro, Fasc. n. 109, (eps), F. Angeli Editore, 25-42.

Fuschi M., Ferrari F., (2017), L’Abruzzo «oltre» la proposta di riordino istituzionale. Le ragioni del territorio, (S)radicamenti, Società di studi geografici. Memorie geografiche Numero Speciale 15, 43-51.

Fuschi M., Cilli A.,“La conurbazione centro adriatica abruzzese: una piccola metropoli di rango sovra regionale”, Memorie geografiche N. 16, 2018, Società di Studi Geografici, Firenze, pp. 543-552.

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