Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Nuove sfide per lo sviluppo delle aree interne: una riflessione introduttiva

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di: Fabiano Compagnucci e Gabriele Morettini

EyesReg, Vol.10, N.1, Gennaio 2020

Con esiti che variano in relazione ai momenti storici e alle diverse fasi dello stadio di sviluppo, le scelte localizzative delle attività residenziali e produttive hanno, da sempre, avvantaggiato alcune aree penalizzandone altre. La questione territoriale, che in Italia si sostanzia, fin dall’Unità, nella dicotomia nord avanzato-sud arretrato, può assumere diverse declinazioni spaziali: la si può considerare a scala locale (centri e periferie urbane), meso-regionale (la concentrazione di attività economiche nei comuni centroidi dei mercati locali del lavoro e di funzioni residenziali nei comuni limitrofi), regionale, e nazionale (discriminando tra i contesti economicamente trainanti e le aree più deboli e marginali) o continentale (la zona compresa fra Londra, Parigi, Berlino, Monaco e Milano concentra più della metà del PIL dell’intera UE).  Tutti questi livelli territoriali ospitano, al tempo stesso, aree “vincenti”, in grado di catalizzare il maggior potenziale di sviluppo, e aree fragili, afflitte da marginalizzazione socioeconomica e scarsamente resilienti rispetto agli shock esogeni.

Le aree interne, in questa ottica, rappresentano una delle possibili specificazioni della categoria delle aree fragili. Si tratta di zone prevalentemente montane e rurali, distanti dai centri che dispensano servizi essenziali, e caratterizzate da un prolungato declino. Queste aree hanno subito una profonda riconfigurazione spaziale guidata dalla ricerca delle economie di agglomerazione. Non a caso, la prima grande ondata di spopolamento ha investito soprattutto i nuclei e le frazioni, penalizzate dall’isolamento economico, dalla remotezza fisica, dalla faticosa accessibilità ai servizi basilari, anche su scala locale. Nei capoluoghi comunali la popolazione è invece risultata sostanzialmente costante dal primo dopo-guerra all’inizio del nuovo millennio, perché si è riusciti a mantenere soglie minime di economie di agglomerazione, vuoi per la presenza di attività manifatturiere diffuse in molte zone del centro-nord, vuoi per una presenza più capillare di servizi essenziali, ad esempio gli ospedali. A partire dagli anni ’90, si sono però avviate politiche restrittive (ad esempio nella sanità) molto attente a costi e benefici finanziari, ma che sembrano aver dimenticato la fondamentale questione delle esternalità.

Le aree interne, spossate da una prolungata decadenza e dai ripetuti disastri naturali, pongono pertanto una sfida impegnativa e ormai indifferibile se si vuole evitare l’abbandono di un’estesa porzione del Paese. 

Il tema deve essere affrontato con uno sguardo plurale, consapevole e condiviso con le comunità locali, cui deve essere assicurato un livello minimo di economie di agglomerazione, inscindibile dall’accesso ai servizi pubblici essenziali (come peraltro auspicato dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne).

Richiede soprattutto l’elaborazione di politiche capaci di valorizzare un patrimonio locale vasto e antico ma spesso misconosciuto o svilito, come nel caso dei beni comuni. Il recupero dell’identità locale va però associato a un’apertura all’esterno non semplice in territori montani, penalizzati da carenti vie di collegamento e da un capitale territoriale eroso da decenni di declino. Creare legami con altri soggetti istituzionali, economici e sociali rappresenta però l’unica strada per sfuggire a una desertificazione apparentemente ineluttabile. Le comunità locali potrebbero del resto contare sulle nuove tecnologie, che rendono meno stringenti i vincoli orografici, o sulla nuova sensibilità maturata anche nei centri urbani. La stessa terminologia della SNAI enfatizza la complementarietà dei territori: le aree interne hanno bisogno della città, ma la città non può rinunciare alla sua montagna, da cui riceve risorse insostituibili (ambientali, ricreative, identitarie, storiche, economiche). I contributi che seguono disegnano, da molteplici prospettive, possibili traiettorie evolutive per le aree interne.

Fabiano Compagnucci,Gran Sasso Science Institute, Social Sciences

Gabriele Morettini, Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali

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