Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Le aree negate: una possibilità di eco-planning

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di: Claudia de Biase e Irene D’Agostino

EyesReg, Vol.9, N.6, Novembre 2019

Capua è un comune di circa 20.000 abitanti in Provincia di Caserta. La Provincia ha approvato (DCP 26 del 26/04/2012), il proprio Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP). Lo strumento ha evidenziato, per il Comune di Capua, un crescente degrado funzionale e fisico dei centri storici e la mancanza di identità civica, accompagnata da una forte carenza di attrezzature e servizi sociali, evidente soprattutto nelle periferie e nei recenti sviluppi del tessuto urbano. Il PTCP di Caserta ha introdotto un’importante novità: l’inserimento di una “specifica” tipologia di aree, le cosiddette aree negate. Si tratta, in sintesi, di quelle parti di territorio appartenenti sia al sistema urbano che al sistema dello spazio aperto, prive di una funzione univocamente definita e contrassegnate da evidenti segni di degrado (Capo II, art.75, NTA, PTCP).
Tali aree, nel territorio di Capua, sono ben 114. Tra queste, in particolare, vi è un’area di 132.863mq, dalla forma di un trapezio rettangolo notevolmente allungato, localizzata in una zona urbana baricentrica tra il centro storico e gli insediamenti abitativi realizzati negli anni 80-90. Ad oggi quest’area non ha una destinazione d’uso e da diversi anni versa in uno stato di completo abbandono non avendo ancora una pianificazione definitiva. Dobbiamo, a tal proposito, ricordare che a Capua vige ancora un PRG del 1974 e che, nonostante nel corso degli anni siano state approvate 3 varianti e siano stati presentati diversi preliminari di PUC, solo nel 2015, l’amministrazione comunale ha deciso di intervenire in quest’area, attraverso la previsione di un “programma di intervento per la valorizzazione e la trasformazione”, previa bonifica dell’area. Il programma prevede, data anche l’aggravarsi delle condizioni di degrado, la demolizione di alcuni corpi di fabbrica e il recupero della restante area. Ad oggi, però, nonostante la previsione del programma, l’area si presenta ancora come un “non-luogo”.

Le aree negate e la sfida alla riqualificazione

Figura 1. Mappatura e classificazione delle aree negate di Capua.

Le aree negate, le aree dismesse, i vuoti urbani, sono sempre stati un tema fortemente dibattuto in tutte le epoche. Con il termine “aree negate” del PTCP di Caserta si possono intendere aree temporaneamente abbandonate o trascurate perché ritenute per un certo periodo non strategiche (Clèment,2005).
Il PTCP di Caserta, nello specifico, classifica le aree negate in 5 categorie:

• Aree urbane
• Aree di pertinenza delle infrastrutture
• Aree dello spazio aperto
• Cave
• Aree con accumulo di rifiuti.

Con il termine “area negata”, quindi, possiamo riferirci a quello che comunemente viene definito un vuoto urbano. «Per vuoti urbani s’intendono vaste aree rese disponibili per obsolescenza o cambio di destinazione d’uso, che vengono chiamati indistintamente aree strategiche, periferie interne, grandi vuoti, aree dismesse, derelict land …, gli interstizi non edificati o qualunque altro spazio aperto indipendentemente dalla loro scala» (Belski,2001).
Se questa è una prima definizione, secondo altri studiosi il vuoto è una parte della città, privato di identità, di legame funzionale con il contesto urbano e di connotazione spaziale (Gargiulo et al.,2000). Il concetto di vuoto è strettamente connesso a ciò che Sposito definisce non-uso. Se il non-uso delle aree dismesse è una condizione forzata e produttrice di degrado, il riuso, invece, per molti aspetti è un fenomeno assolutamente fisiologico nell’espansione urbana (Sposito,2012).
Pertanto, i processi di riqualificazione e di rigenerazione possono rappresentare una grande opportunità per il sistema (locale), sia dal punto di vista di una nuova utilizzazione, sia come driver di creatività per accelerare le trasformazioni del tessuto produttivo ed elevare il livello della qualità architettonica e funzionale degli spazi urbani. Una rigenerazione, che oggi rispetti, senza più nessun dubbio, tutti i criteri di sostenibilità. Quest’ultima ormai da decenni, è divenuta un tema centrale nel dibattito scientifico relativo a tutte le aree della produzione e della gestione dei beni materiali, sia per le conseguenti ricadute sull’ambiente, sia per le problematiche connesse alla dipendenza dalle fonti energetiche non rinnovabili. La sostenibilità urbana e territoriale ha, quindi, l’obiettivo di coniugare le istanze della tutela ambientale con lo sviluppo socioeconomico, in modo durevole per le future generazioni.
Non è casuale, infatti, che lo sviluppo urbano sostenibile sia tra gli obiettivi che la Commissione europea si è posta per il 2020, e che la rigenerazione urbana sia parte di un processo culturale che fa dell’approccio integrato e intersettoriale allo sviluppo urbano, del coordinamento orizzontale e verticale tra livelli amministrativi, della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali, della necessità di una capacità previsionale nell’orientamento delle scelte di sviluppo nel medio periodo basate sulla sostenibilità, i cardini di un nuovo modello di intervento.

Una proposta di eco-planning per Capua

Figura 2. Masterplan di progetto con zoom.

Pianificare la città o una sua parte oggi significa, quindi, tenere ben chiari i principi ispiratori della sostenibilità.
Rigenerare una sua parte comporta “…the simultaneous adaptation of the physical fabric, social structures, economic base and environmental condition of an urban area” (Roberts,2000).
I temi della partecipazione (costruzione e coinvolgimento) della multidimensionalità, della processualità delle azioni progettuali (fattibilità tecnica, economica, politica e sociale) incidono e diventano centrali nella rigenerazione urbana e del paesaggio (Bianchini et al.,1993).
A fronte della complessità cui assistiamo, le politiche di rigenerazione per la nuova città e il paesaggio devono partire da alcuni elementi fondamentali:
• Condizioni insediative
• Condizioni economiche
• Condizioni sociali
• Condizioni ambientali.

Realizzando un equilibrio tra la disponibilità di risorse attuali e la domanda di utilizzazione previste. Si tratta di una strategia che può essere definita di «rigenerazione urbana come resilienza» (Francini et al.,2018)‬.
Basandosi sui principi ispiratori della sostenibilità e della mixitè, accompagnati da un’attenta analisi urbanistica della zona, è stato possibile individuare gli elementi peculiari, i valori potenziali nonché le numerose criticità dell’area, su cui basare le linee guida della proposta di recupero. L’obiettivo principale è sopperire al deficit di spazio pubblico che porta alla creazione di territorio negato e di rivitalizzare un’area di forte degrado per la città.
Tale area, di 132.860mq, presenta forti elementi di criticità: prima fra tutte, gran parte degli edifici che erano presenti sono stati abbattuti nel 2016 in seguito a usi impropri e occupazioni abusive da parte di famiglie rom. Degli edifici presenti nell’area al 2016, oggi ne rimangono solo due, oggetto di recupero edilizio(3.350mq). A questo si aggiunga come l’accessibilità sia fortemente ridotta, dato che è possibile accedere all’area solo attraverso la strada principale, via Martiri di Nassirya. Il verde pubblico è inesistente, o per meglio dire è degradato, dismesso e abbandonato. Un ulteriore disagio è dato dalla mancanza di parcheggi ad esclusione dello spazio antistante l’ingresso all’ex campo profughi e i margini stradali. Altro punto importante è l’inadeguatezza dei servizi di quartiere, ad esclusione del palazzetto dello sport, della scuola elementare “Ex campo profughi” e tre chiese (S.Cristoforo, S.Roberto Bellarmino e S.Lazzaro), non esistono altri servizi.
La rigenerazione di tale area pertanto prevede di intervenire sulle dimensioni definite da Francini contemporaneamente, attraverso la creazione di infrastrutture verdi, blu, grigie e rosse e con la previsione di interventi sia di social housing che di edilizia libera, in modo da garantire anche la una adeguata mixitè sociale, funzionale ed edilizia. La mixitè edilizia e funzionale è un utile strumento per l’eliminazione delle distinzioni sociali ed economiche (Baudin,2001). Essa, come sostenuto anche da Secchi (Secchi,1984), si raggiunge attraverso la compresenza di funzioni abitative, con quelle del lavoro, del consumo, del tempo libero, che può contrastare la monofunzionalità tipica delle periferie urbane. Non si tratta, quindi, del mix tradizionale ma di un mix innovativo che comprende il tempo libero, lo sport, la cultura e l’enterteinment, integrando le funzioni non solo all’interno dei singoli edifici, ma nell’intera città (multiuse city) così da innescare a cascata processi virtuosi di rivitalizzazione e riqualificazione dei contesti urbani limitrofi (Vitillo,2010).
L’obiettivo è dunque quello di sviluppare una favorevole integrazione dell’ambiente antropizzato con quello naturale e, contemporaneamente di preservare e riparare gli ecosistemi compromessi, facilitando lo sviluppo dell’ambiente costruito, delle condizioni economiche e sociali della popolazione, in un’ottica di resilienza urbana.

Claudia de Biase e Irene D’Agostino, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale

Riferimenti bibliografici

Baudin G.(2001), La mixitè sociale: une utopie urbaine et urbanistique, in Les utopies de la ville. Besançon: Stampa universitaria Franche-Comté, 13-24.
Belski M. P.(2001), Periferia come centro. Rozzano: Apollo e Dioniso.
Bianchini F.,Parkinson M.(1993), Cultural Policy and Urban Regeneration: The West European Experience.
Clèment G.(2005), Manifesto del Terzo paesaggio. Macerata: Quodlibet.
Francini M.,Chieffallo L.,Palermo A.,Viapiana M.F.(2018)‬, La rigenerazione urbana dei tessuti periferici a valenza storica. Milano: Franco Angeli.
Gargiulo C.,Davino A.(2000), Processi di rivitalizzazione e riqualificazione urbana: dalla pianificazione del recupero all’attuazione degli interventi, in XXI conferenza italiana di scienze regionali, 20-22.
Roberts P.(2000), The evolution, definition and purpose of urban regeneration, in Urban Regeneration. London: A Handbook, 9-36.
Secchi B.(1984), Un problema urbano: l’occasione dei vuoti, in Casabella, n.503, 18-31.
Sposito C.(2012), Sul recupero delle aree industriali dismesse: tecnologie, materiali, impianti ecosostenibili e innovativi. Milano: Maggioli editore.
Vitillo P.(2010), Aree dismesse e rinascita delle città, in Ecoscienza, n.3, 99-101.

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