Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

L’agricoltura sociale come modello di inclusione sociale: a che punto siamo?

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di: Valentina Cattivelli, Verena Gramm e Laura Antonella Colombo

EyesReg, Vol.9, N.4, Luglio 2019

Introduzione. Un breve cenno al quadro normativo.

Il nostro paese tra i primi in Europa si è dotato di una legge sull‘agricoltura sociale (AS). La legge 18 agosto 2015 n. 141 ha di fatto rappresentato una novità normativa che ha disciplinato la portata sociale di una attività, quella agricola, fino ad ora radicalizzata in regolamenti e piani di natura strettamente economica.

A partire dal quadro normativo nazionale e da altre iniziative di policy a livello regionale, questo articolo ha l’obiettivo di fare il punto sull’AS in Italia, un tema complesso e a lungo frammentato in diverse iniziative di carattere locale, e che finalmente trova nella legge 141/2015 l’opportunità di essere affrontato con chiarezza.

Iniziamo introducendo la definizione di AS contenuta dalla nuova legge, proseguiamo evidenziando i benefici legati a tale pratica, emersi dai recenti studi sul fenomeno, e ci concentriamo poi sui principali attori che l’AS coinvolge e sulla loro distribuzione a livello nazionale. Infine consideriamo il dibattito in corso, che ha portato alla definizione del decreto attuativo della 141/2015, ossia al D.M. n. 12550 del 21 Dicembre 2018 – Definizione dei requisiti minimi e delle modalità relative alle attività di agricoltura sociale.

La definizione di AS è uno dei risultati più importanti ottenuti dal legislatore con la legge 141/2015. Secondo il suo dettato, l’AS consiste in quattro tipi di attività specifiche. Primo, attività volte all’inserimento socio-lavorativo di lavoratori a bassa contrattualità in ambito agricolo perché affetti da disabilità o lavoratori svantaggiati. Secondo, prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’AS per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana. Terzo, prestazioni e servizi di affiancamento a supporto di terapie medico-riabilitative, anche attraverso l´ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante. Quarto, progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità e alla diffusione e conoscenza del territorio.

Includendo tutte queste attività, l’AS integra in vario modo le prestazioni strettamente agricole, come la coltivazione o l’allevamento, con iniziative a carattere socio-sanitario, educativo, formativo, di inserimento lavorativo, ricreativo dirette soprattutto a fasce di popolazione svantaggiate o a rischio di marginalizzazione.

I vantaggi dell´agricoltura sociale

Seppur difficilmente quantificabile, l’utilità dell’AS è stata dimostrata da alcuni studi. Come evidenziato dalla recente produzione scientifica (Senni, 2005; Di Iacovo et al., 2008; Giulani, 2017; Gosetti, 2017) e riassunto nella Figura 1, l’AS porta miglioramenti delle condizioni psicofisiche di chi la pratica, riduce gli oneri che le pubbliche amministrazioni dovrebbero altrimenti sostenere per l´assistenza sociale a sostegno dei soggetti svantaggiati e a rischio di marginalizzazione, consente di passare dalla logica “della cura” a quella del “prendersi cura” in senso partecipativo e condiviso.

Figura 1. Utilità dell’agricoltura sociale per i possibili beneficiari degli interventi di agricoltura sociale

Fonte: nostra elaborazione sulla base della citata bibliografia, 2019

Dall´altra parte, dal punto di vista degli agricoltori, l´agricoltura sociale ha ulteriori vantaggi. Consente di diversificare il reddito agricolo e di incrementarlo. Riduce il rischio di esclusione sociale, soprattutto degli agricoltori che operano in aree marginali o di montagna, e aumenta l´interazione con le amministrazioni e le popolazioni locali. E´ poi stimolo per apprendere altre pratiche sociali come la capacità di raccontare le attività agricole, anche ricorrendo a moderne tecniche di storytelling, oltre che approcciarsi a varie forme di diversità (culturale, fisica, psicomotoria).

La diffusione dell´Agricoltura sociale in Italia

La diffusione del fenomeno in Italia ha subito una rapida crescita negli anni della crisi, raggiungendo un picco nel 2014, anno che ha visto la nascita di 35 nuove esperienze a livello nazionale. I dati al 2017 sono tuttora oggetto di discussione, tuttavia, gli ultimi dati forniti dalla Rete Rurale Nazionale (2017) evidenziano nel 2016 la presenza di circa 1.200 esperienze di AS in Italia, con una componente di privato sociale nettamente prevalente (430 sono le cooperative sociali censite). In Europa, l´AS viene praticata soprattutto dalle aziende agricole, in una ottica di multifunzionalità dell’azienda e come opportunità di diversificazione del reddito agricolo. In Germania e Austria, le motivazioni sociali sono ispiratrici di questa pratica. In Italia l’AS è un fenomeno altamente complesso che si sviluppa grazie all’azione congiunta di cooperative sociali, aziende agricole, enti pubblici e altri soggetti quali associazioni, gruppi di azione locale, consorzi, centri riabilitativi, comunità ed enti religiosi. Le mappe degli operatori dell’AS elaborate dalla Rete Rurale Nazionale (RRN, 2017) (Figure 2-4) vedono una distribuzione territoriale ampia del fenomeno, con una buona concentrazione sia al Centro-Nord che al Sud e con una netta prevalenza di cooperative sociali.

Figura 2. Distribuzione della categoria Aziende Agricole (RRN, 2017) (1).

Le aziende agricole operatrici di AS sono diffuse estensivamente sul territorio nazionale, con una più alta concentrazione nelle regioni centrali e in Sicilia. L’indagine preliminare del 2017 a cura della Rete Rurale Nazionale censisce 336 aziende agricole attive in AS, confermando quindi i valori già rilevati per il 2016.

Figura 3. Distribuzione della categoria Cooperative Sociali (RRN, 2017).

Le Cooperative Sociali rappresentano il modello organizzativo più diffuso, con 430 cooperative censite. 

Figura 4. Distribuzione della categoria Enti Pubblici (RRN, 2017).

Segue la categoria degli Enti Pubblici, con 153 realtà censite una buona diffusione in quasi tutte le regioni in Italiane, con qualche eccezione come l’Emilia Romagna, in cui l’agricoltura sociale è condotta principalmente da aziende agricole e cooperative sociali.

In regioni quali la Sicilia e la Toscana le aziende agricole sono protagoniste dell’AS. In altre, quali l’Umbria e il Lazio, le cooperative sociali sono gli operatori di spicco. Gli enti pubblici appaiono la categoria meno diffusa.

La distribuzione disomogenea degli operatori sul territorio nazionale è legata a diversi fattori di carattere socio-economico e giuridico. Innanzitutto, va considerato che nelle regioni meridionali, ad eccezione della Sicilia, la mappatura delle esperienze di AS è più complessa che nelle regioni centro-settentrionali. Infatti, mentre nelle prime vi è una relativa scarsità di informazioni, nelle seconde l’emergenza del fenomeno è facilitata da una ricognizione a livello regionale già avviata da tempo (RRN, 2017). Inoltre, la concentrazione di un più elevato numero di aziende agricole “sociali” nelle regioni centrali e meridionali è legata al modello imprenditoriale qui diffuso. Qui infatti il numero delle cooperative è inferiore rispetto alle regioni settentrionali (Lori et al., 2013). In aggiunta, al nord, il modello cooperativo è fortemente radicato nel tessuto imprenditoriale locale. A questo si lega il tema dell’entità degli aiuti garantiti dalle amministrazioni regionali. Infatti, le imprese agricole sono destinatarie di un più elevato numero di contributi e aiuti nelle aree meridionali. Gli aiuti alla imprenditoria giovanile e femminile in agricoltura si sommano infatti ai più elevati aiuti per le attività sociali. Infine, le scelte operate dal legislatore regionale influenzano la distribuzione degli operatori di AS sul territorio nazionale. Infatti, in assenza di un quadro normativo, almeno fino al 2015, alcuni legislatori hanno ricondotto le attività di AS nell’ambito di quelle previste per l’agriturismo (come il Lazio con la l.r. 14/2006 e l’Emilia Romagna con la l.r. 4/2009) privilegiando di fatto le aziende agricole ed escludendo altre a minore vocazione economica come le cooperative sociali. L’approccio “aziendalistico” caratterizza anche la legge regionale della regione Calabria (l.r. 141/2009). Altre regioni, invece, hanno normato l’AS nell’ambito degli interventi specifici previsti per la previsione e regolazione della multifunzionalità, come le Marche (l.r. 21/2011). Altre ancora, come la Toscana (l.r. 24/2010), hanno adottato un approccio più vicino a quello della cooperazione sociale, promuovendo attraverso la normativa regionale il potenziale di inserimento lavorativo di persone svantaggiate in ambito agricolo e la fornitura di servizi sociali innovativi nelle aree rurali (Giarè et al., 2014). Solo di recente la Basilicata con legge regione 17 dicembre 2018, n.53 “Disposizioni in materia di agricoltura” ha normato l´AS.

Per quanto riguarda il relativo numero ridotto di enti pubblici, questo può essere motivato dal generale ripensamento dell’operato del soggetto pubblico in tutti i settori di attività. I vincoli sempre più stringenti di finanza pubblica, le ridotte risorse finanziarie disponibili cosi come la riorganizzazione nella erogazione dei servizi sociali dettata dalle recenti ristrutturazioni istituzionali (come la revisione del ruolo e delle competenze delle province o dei sistemi sanitari nazionali) hanno imposto agli enti pubblici di limitare l’erogazione dei servizi sociali e sanitari ai soli servizi essenziali e di limitare poche risorse a strumenti, esperienze alternative di cura e di coesione sociale come l’AS.

I temi per il futuro

La nuova legge nazionale in materia di AS (l. 141/2015), se da un lato ricompone la frammentazione del fenomeno a livello regionale, dall’altro non risolve le tensioni tra i principali soggetti erogatori (cooperative sociali e aziende agricole) e le rispettive istituzioni di rappresentanza, che si confrontano in un dibattito ancora aperto sulla definizione dei decreti attuativi. Uno dei nodi chiave al centro di questo dibattito è la definizione di parametri di riferimento per operare in AS. Un ostacolo determinante per il riconoscimento delle attività di AS nelle cooperative sociali è contenuto nella stessa legge 141/2015, che impone alle cooperative sociali la soglia del 30% di fatturato agricolo sul volume complessivo del fatturato. Un ulteriore punto in frizione riguarda il dettaglio delle “attività connesse” e relativa inclusione nel fatturato agricolo. La pubblicazione del D.M. 12550 del 21 dicembre 2018 ha solo in parte risolto questi dubbi, concentrandosi maggiormente sulla definizione dei requisiti per lo svolgimento delle quattro attività specifiche costitutive della AS. In dettaglio il decreto stabilisce che per le attività di inserimento socio-lavorativo il numero dei destinatari debbano essere proporzionali al numero degli addetti impiegati, 1 per ogni azienda che impiega almeno 15 addetti, 2 fino a 20 unita, etc. Per quanto riguarda le attivita sociali e di servizio per le comunità locali, il decreto da´ enfasi alla necessità di rispettare le normative vigenti, con particolare riguardo a quelle regionali in attuazione delle stesse, per una durata stabilita da ciascuna amministrazione regionale. Stabilisce altresì che queste attività possano essere realizzate anche attraverso forme di inserimento indiretto, quali tirocini, borse lavoro e altre attività formative. Per quanto riguarda le prestazioni e i servizi che affiancano le terapie siano esse mediche che psicologiche e riabilitative, il decreto stabilisce che esse debbano essere realizzate prevalentemente presso l´azienda agricola, quando la conoscenza di flora, fauna, oltre che del territorio e della tradizione dei luoghi siano funzionali allo svolgimento dell’attività prevista. Altresì la loro realizzazione, richiede il rispetto dei piani sanitari regionali e nazionali, oltre che il coinvolgimento di personale specializzato. Infine, circa le attività relative all´educazione ambientale e alimentare, queste devono essere rese a favore di bambini in età prescolare e persone in difficoltà sociali, fisica e psichica. Anche la realizzazione di orti sociali rientra in questa categoria.

Quello appena tracciato è un quadro che evidenza quanto l’AS coinvolga diversi operatori e stakeholders, ciascuno caratterizzato da differenti approcci al tema agricolo e sociale. Accanto ai soggetti istituzionali su cui questo articolo si è concentrato, ricordiamo che un ruolo importante è svolto anche da gruppi informali di persone che, autonomamente e spesso gratuitamente, offrono servizi di AS presso le proprie aziende agricole a favore di parenti, conoscenti e di altre realtà del territorio del terzo settore. Insieme, aziende, amministrazioni locali, associazioni e gruppi informali potrebbero operare al meglio per la piena inclusione sociale delle persone.

Valentina Cattivelli, Eurac Research

Verena Gramm, Eurac Research

Laura Antonella Colombo, University of Exeter

Riferimenti bibliografici

Di Iacovo, F. (2008), Agricoltura sociale: quando le campagne coltivano valori, Milano: Franco Angeli.

Finuola, R., Pascale, A. (2008), L’agricoltura sociale nelle politiche pubbliche, Istituto nazionale di economia agraria, Agriconsulting.

Giarè, F., Masani, L., Santevecchi, M., Valitutti, F., (2014), L’agricoltura sociale in Italia. Opportunità e sfide per il prossimo periodo di programmazione. Rete Rurale Nazionale.

Giuliani, C., (2017), Social Agriculture – a sustainable, diversification strategy for agriculture and an innovative offer of social services – The case of South Tyrol, abstract and presentation ERDN 2-4.10.

Gosetti, G., (2017), I lavoratori dell’agricoltura: percorsi, culture, condizioni, Milano: Franco Angeli.

Lori, M., Vannini, I., Caramaschi, M., (2013), 10 anni di cooperazione sociale, Le giornate di Bertinoro per l’economia civile, XIII edizione, Ottobre 2013.

Rete Rurale Nazionale, CREA, La mappa degli operatori dell’agricoltura sociale, 2017. Retrived from: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10847

Senni, S. (2005), L’agricoltura sociale come fattore di sviluppo rurale. Agriregionieuropa, 1(2)


Note

(1) Le macchie di colore indicano una concentrazione di unità impegnate in attività di agricoltura sociale. Lo stesso vale anche per le mappe successive.

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