Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Orientamenti per una comprensione ecosistemica dei NEET e conseguenti politiche di sostegno

Print Friendly, PDF & Email

di: Luigi Bollani, Francesca Silvia Rota

EyesReg, Vol.8, N.2, Marzo 2018

 

 

Quella dei NEET è una categoria con rilevanti elementi di complessità e diversificazione interna, anche rispetto agli aspetti definitori che rispettano criteri di identificabilità su data base ufficiali (1). In generale, per NEET si intendono “young people Not in: Education, Employment, Training”.

Dal punto di vista anagrafico la categoria dei giovani non è però stabilita univocamente. Nella prima definizione, nata durante il governo Blair con il documento “Bridging the gap” (Social Exclusion Unit, 1999), il range di età includeva i giovani dai 16 ai 18 anni. Successivamente, è stato ampliato coinvolgendo in alcuni studi anche le classi fino ai 34 anni. Oggi, le principali classi che si ritrovano in letteratura e nelle politiche sono 16-18; 15-24; 15-29; 15-34 anni.

Per quel che riguarda la condizione lavorativa rientrano nei NEET tanto i disoccupati quanto gli inattivi (i primi facenti parte delle forze di lavoro e i secondi no). Nella classificazione sono quindi ricompresi tre diversi criteri: uno oggettivo sulla condizione lavorativa, uno sull’atteggiamento di ricerca e uno sulla disponibilità ad accogliere un lavoro (Agnoli, 2014). Quest’ultimo fattore in particolare è centrale per distinguere i giovani che si impegnano per uscire dalla condizione di NEET (2) dai giovani scoraggiati, che non cercano più, e per i quali il disimpegno è permanente. Questi ultimi, in particolare, sono quelli più bisognosi di politiche di sostegno, ma la loro condizione di outsider li rende difficili da identificare e raggiungere. A questo proposito, Eurofound propone una classificazione a sette categorie, riconducibile ad informazioni ricavabili dalla European Union Labour Force Survey (EU LFS) (3) e quindi quantificabile secondo le risultanze di indagine (Eurofound, 2016): Re-entrants, Short-term unemployed, Long-term unemployed, Unavailable due to illness or disability, Unavailable due to family responsibilities, Discouraged workers, Other inactive.

 

Distribuzione dei NEET in Europa

A livello europeo, Eurostat calcola il tasso di NEET come percentuale di giovani 15-29enni ‘disimpegnati’ rispetto alla totalità dei giovani della stessa età e, come si vede dai grafici di figura 1 – relativi ai 16 Paesi europei (EU 28) con maggiore popolazione – si tratta di un fenomeno dalle dimensioni considerevoli, soprattutto per l’Italia, dove sembra assumere connotati strutturali (Alfieri, Sironi, a cura di, 2017). In Italia, infatti, le percentuali si mantengono elevate indipendentemente dal genere e dall’anno considerato; si riscontra inoltre un notevole peggioramento del fenomeno nel decennio considerato, che invece – per il complesso dei Paesi EU28 – si è manifestato in misura molto ridotta e assai più lieve.

Figura 1 – Percentuali di Neet per Paese e genere (Anni 2007 e 2016)

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

Tra i vari paesi esistono comunque differenze significative. Per esempio, a fronte di un tendenziale riallineamento tra i tassi maschili e femminili (la differenza in punti percentuali passa da 6 a 4, più per un peggioramento della situazione occupazionale maschile che non per un miglioramento di quella femminile) ci sono paesi (Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia) in cui il gap si mantiene stabile e marcato.

Riprendendo le sette categorie proposte da Eurofound (2016) si vede anche che la situazione ‘media’ dei NEET 15-24enni in Europa vede una marcata preminenza di giovani disoccupati da meno di un anno, che cercano un lavoro e sono disponibili ad iniziarlo entro 2 settimane. Una condizione che, come Eurofound stesso sottolinea, è abbastanza comune nel periodo di transizione dalla scuola al primo lavoro e che può essere assimilata a un livello moderato di vulnerabilità.

 

Figura 2 – Neet tra 15 e 24 anni (EU20), per tipologie. Fonte: Eurofound (2016) su dati EU Labour Force Survey 2013

Se però questi stessi dati sono disaggregati a livello nazionale, la dimensione regionale del fenomeno dei NEET emerge in modo evidente. Il dendrodramma in figura 3, in particolare, riporta gli esiti di una analisi di cluster condotta a partire dai medesimi dati utilizzati da Eurofound.

 

Figura 3 – Neet tra 15 e 24 anni secondo categoria e Paese – EU20 (2013)

 

Ne consegue una grande diversità tra due gruppi principali di Paesi (cluster A e B), a loro volta suddivisibili in cinque sottogruppi minori:

A1. Sono più rappresentate le categorie di NEET legate a malattia/disabilità e altre forme di inattività. Fanno parte di questo cluster Danimarca, Olanda, Svezia, Finlandia.

A2. Peculiare è la categoria dei NEET che hanno già programmato di tornare a studiare o lavorare. I paesi che ne fanno parte sono Lussemburgo, Germania, Austria, Irlanda, Malta, Francia, Svizzera, Cipro.

B1. Le categorie di NEET peculiari sono quelle delle responsabilità familiari e della disoccupazione di breve periodo. Ne fanno parte Lettonia, Estonia, Polonia, Lituania, Repubblica Ceca, Regno Unito.

B2. I paesi che formano questo cluster (Slovacchia, Grecia, Croazia, Spagna, Portogallo) sono accomunati da una maggiore presenza di NEET di lunga durata.

B3. Categorie peculiari sono gli scoraggiati e altri tipi di inattivi. Ne fanno parte Romania, Italia, Ungheria.

 

I giovani e l’importanza dell’ecosistema in cui vivono

Le evidenze della cluster analysis portano a sostenere che, per implementare politiche efficaci di sostegno ai NEET, è necessario ragionare in termini sistemici e territoriali. Lo stato di NEET è infatti uno stato complesso e sfuggente, esito del combinarsi di più condizionamenti (individuali, famigliari, sociali), che trovano nel contesto territoriale locale in cui vivono i giovani una utile chiave di lettura.

Nello specifico, è fondamentale conferire riconoscibilità (e efficienza) al sistema degli attori/enti che localmente costituiscono punti di riferimento nella socializzazione, attivazione e empowerment dei giovani. Partecipando alle attività di questi attori/enti i giovani hanno l’occasione per rinforzare il proprio carattere (inner direction) e costruirsi un proprio sistema di contatti e relazioni, utile per sostenere la fase della transizione all’età adulta o adultità (4).

Per identificare questi attori il suggerimento è quello di utilizzare un criterio funzionale. Attori e enti sono cioè individuati a partire dalle quattro funzioni principali attraverso cui si concretizza l’adultità: i) il raggiungimento dell’autonomia/indipendenza economica; ii) la definizione del proprio ruolo nella società; iii) la creazione di un sistema di legami sociali stabili; iv) il rafforzamento delle capabilities individuali.

L’insieme degli attori e delle istituzioni che fanno capo a queste funzioni formano quello che viene qui definito come il Sistema della Transizione Giovanile (SiTraG). In Italia i principali soggetti che formano il SiTraG includono sia attori di tipo esclusivamente pubblico (Centri per l’impiego, Agenzie formative, Enti di governo quali Regione, Provincia, Comune, Unione e loro divisioni), sia enti a partecipazione mista o sostenuti con finanziamenti pubblici (oratori, chiese, scuole paritarie convenzionate), sia ancora enti privati con finalità sociale (fondazioni bancarie, associazioni di volontariato e altre istituzioni del terzo settore, teatri con progetti per i giovani) o soggetti totalmente privati (agenzie formative, agenzie per il lavoro, palestre). La mappatura di questi attori diventa allora il primo passaggio fondamentale per capire le risorse effettivamente a disposizione delle politiche per aiutare i giovani. Come accade anche per altri ambiti complessi/sistemici in cui si riscontra un fallimento di mercato (cfr. il caso dell’innovazione, in cui non a caso si ricorre spesso al concetto di “ecosistema”), le politiche pubbliche hanno maggiori possibilità di successo se intervengono sulle condizioni abilitanti e sull’ecosistema piuttosto che su singoli attori e beneficiari. Questo perché, come anche nell’innovazione, si affrontano dinamiche che mutano nel tempo, spesso con ritorni ciclici.

 

Quantificazione locale in Italia

Una seconda condizione essenziale per implementare politiche efficaci per i NEET è migliorarne la quantificazione. Oggi la quantificazione dei NEET italiani è basata sull’indagine delle forze di lavoro. Si tratta di un’indagine condotta su una base campionaria ampia (oltre 250 mila famiglie distribuite in circa 1.400 comuni italiani) ma non sufficiente a sviluppare analisi a scale inferiori a quella regionale. A questo proposito sono stati fatti alcuni tentativi per integrare dati amministrativi con le indagini campionarie Istat. In particolare si sono usati i dati raccolti con il progetto ARCHivio Integrato di Microdati Economici e DEmografici (ARCHIMEDE), che integra i dati Istat tradizionali con quelli di archivi amministrativi. Ad esempio è stato condotto uno studio pilota in Lombardia, integrando l’indagine sulle forze di lavoro con le liste anagrafiche comunali (per individuare i giovani tra 15 e 29 anni), l’anagrafe studenti MIUR (per poter eliminare gli iscritti a scuole e università), ASIA-Occupazione e altri archivi sul lavoro (per poter escludere chi mostra traccia di attività lavorative). Risultava al momento non disponibile un archivio sui dati della formazione regionale e si riscontravano problemi sull’individuazione dei lavoratori transfrontalieri (Ballabio et al., 2016 a e b).

 

Le politiche europee e nazionali

Il tema dell’occupazione giovanile è un tema strategico da cui dipende il futuro del paese e, più in generale, dell’intera Unione europea. Ci aspetta quindi che le politiche comunitarie vi dedichino grande attenzione. E, in effetti, nel dicembre 2012 la Commissione Europea ha varato l’iniziativa Youth Guarantee (YG) richiedendo agli Stati membri di avviare nel 2014 un sistema di garanzia per i giovani Neet (15-24enni) che assicurasse loro – entro un periodo di 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema di istruzione formale – un’offerta “qualitativamente valida” di lavoro o di proseguimento degli studi, oppure di apprendistato o tirocinio. A sostegno di questa operazione, nel periodo 2014-2020 il Fondo sociale europeo investirà direttamente almeno 6,3 miliardi di EUR da sommare a ulteriori 6,4 miliardi dell’iniziativa per l’occupazione giovanile (IOG).

Nel varare il programma Garanzia Giovani (GG 2014-2018) l’Italia prevede a sua volta investimenti per 1,51 miliardi (1,13 di fondi europei e 0,38 di cofinanziamento) e, a detta del Ministero (5), è “il progetto più innovativo e sfidante in materia di politiche attive del lavoro con cui l’Italia si sia mai confrontata”. Ma sarà sufficiente? Forse vale la pena ricordare che negli stessi anni per la PAC (2015-2020) sono stati i miliardi programmati a livello europeo sono stati 252,24 di cui 22,96 per la sola Italia.

 

Luigi Bollani, Università degli Studi di Torino 

Francesca Silvia Rota, IRES Piemonte

 

Bibliografia

Abburrà L., Donato L., Nanni C. (2016). Neet: nè a scuola nè al lavoro. Una categoria statistica, diverse condizioni sociali. IRES. Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte (openbess: TO082-01932)

Agnoli Maria Stella (2014). Generazione Neet. Il problema e i percorsi di ricerca; in a cura di: Maria Stella Agnoli, Generazioni sospese. Percorsi di ricerca sui giovani Neet, Franco Angeli (ISBN: 9788891710628)

Alfieri S., Sironi E. (a cura di) (2017). Una generazione in panchina, Vita e Pensiero, Milano (http://www.rapportogiovani.it/new/wp-content/uploads/2017/06/978-88-343-3324-2.pdf)

Ballabio S., et al. (2016, a). Chi sono i NEET? Un’analisi a partire dai dati ArchIMEDe (http://www.rapportogiovani.it/new/wp-content/uploads/2016/11/Ballabio_et.al_.pdf)

Ballabio S., et al. (2016, b). Le lenti del territorio per la qualità delle statistiche da fonte amministrativa (https://www.istat.it/storage/MILES/07-Ballabio-Comune-Ferrazza-Verrecchia-Vitalini-Viviano.pdf)

Eurofound (2012): “NEETS – Young people not in employment, education or training: Characteristics, costs and policy responses in Europe”, Publications Office of the European Union, Luxembourg www.eurofound.europa.eu/publications/htmlfiles/ef1254.htm

Eurofound (2016), Exploring the diversity of NEETs, Publications Office of the European Union, Luxembourg. (https://www.eurofound.europa.eu/sites/default/files/ef_publication/field_ef_document/ef1602en.pdf)

Montemurro F. , Roner C. (a cura di) (2014), “La disoccupazione giovanile in Piemonte”, Associazione Ires Lucia Morosini, http://www.iresluciamorosini.it/osservatori.php

Nardi B et al. (2013), “Not Employed in Education or Training (NEET) adolescents with unlawful behaviour: an observational study”, Journal of Psychopathology, 19:42-48.

Social Exclusion Unit (1999) Bridging the gap: new opportunities for 16-18 year olds not in education, employment or training, presented to Parliament by the Prime Minister. (http://dera.ioe.ac.uk/15119/2/bridging-the-gap.pdf)

 

Note

(1) L’articolo estrapola parte del lavoro di analisi condotto per il progetto “From NEET to Need”. Il progetto, della durata di tre anni, è di responsabilità del Gruppo di Ricerc-azione InCreaSe con il sostegno finanziario della Compagnia di San Paolo.

(2) Eurofound, per esempio, distingue tra i NEET che volontariamente scelgono di prendere tempo, magari in attesa di proseguire ulteriormente la propria formazione (Transition), i NEET che periodicamente ricade nella condizione di NEET in seguito a insuccessi lavorativi (Floating) e i NEET con problemi comportamentali che ne rendono difficile l’inserimento nella vita sociale (Core).

(3) In particolare, la classificazione di Eurofound (2012) fa riferimento ad incroci desunti dalle domande del questionario EU LFS: Ricerca di lavoro durante le precedenti quattro settimane (SEEKWORK); Ragioni per non cercare lavoro (SEEKREAS); Possibilità di iniziare a lavorare entro due settimane (AVAIBLE); Ragioni per l’impossibilità di iniziare il lavoro (AVAIREAS); Durata della mancanza di lavoro (SEEKDUR).

(4) Il termine adultità permette di svincolare il ragionamento dal mero riferimento anagrafico. L’età adulta in Italia è infatti legata al compimento del diciottesimo anno di età. Qui si parla però della transizione dei giovani da uno stato di immaturità a uno di maturità, socializzazione e autorealizzazione che può avvenire in momenti diversi e anche molto posticipati rispetto a quelli indicati per legge.

(5) http://www.garanziagiovani.gov.it/Pagine/default.aspx

 

Condividi questo contenuto
 
 
 
 
 
 
 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *