Questo contributo è parte di un numero speciale di EyesReg dedicato al tema dell’agricoltura urbana, curato da Corinna Morandi.
di: Nicola Fabbri, Dario Musolino
EyesReg, Vol.6, N.5, Settembre 2016
Il tema della multifunzionalità agricola ha avuto molti sviluppi negli ultimi trent’anni, ed è strettamente connesso con il problema della sopravvivenza delle PMI agricole a livello nazionale e internazionale. L’agriturismo, in tutte le sue numerose declinazioni (1), è stato l’aspetto della multifunzionalità agricola che ha conseguito maggiori risultati nel sopperire al crollo dei redditi agricoli, ed è particolarmente singolare che a Milano questa dimensione della multifunzionalità sia praticamente assente. Per cui, la domanda sorge spontanea: può svilupparsi il settore agrituristico a Milano? Ha delle potenzialità in un’area fortemente urbanizzata come l’area milanese? E con quale logica, secondo quale modello, si potrebbe sviluppare?
Milano senza agriturismi: un’anomalia?
L’agriturismo è un settore completamente assente dall’area milanese, sia a scala provinciale che comunale (Tabelle 1 e 2). Un dato che risulta evidentemente anomalo nel panorama nazionale, nel quadro della forte crescita e diffusione territoriale che il settore agrituristico ha avuto negli ultimi decenni (Bartoli, 2015; Sivini, 2013). A livello provinciale, la mancanza di agriturismi nel milanese è un’eccezione, se messa a confronto con le altre grandi aree urbane del paese. A livello comunale, invece Milano condivide questa caratteristica con solo altre tre grandi aree urbane: Napoli, Torino, Palermo.
Tabella 1: Dinamica dei posti letto agrituristici nelle principali aree urbane (2000-2015: province; 2015: comuni capoluogo) (2)
Tabella 2: Presenze Italiane e straniere negli agriturismi delle principali aree urbane (2000-2015: province)
Una specificità che suona ancora più sorprendente se si considera che Milano, sia a scala comunale che provinciale, ha una lunga tradizione agricola, e ancora oggi permane una consistente produzione destinata primariamente alla filiera agroalimentare. Nonostante il fortissimo processo di urbanizzazione sviluppatosi negli ultimi sessant’anni, Milano presenta i diverse sue aree i tratti di una importante vocazione agricola, per quanto questo possa apparire paradossale rispetto alla sua immagine di città europea in cui svolgono un ruolo centrale i servizi finanziari e avanzati, e gli headquarter dei grandi gruppi industriali. Lo dimostrano, a livello comunale, i suoi 3.000 ha e le sue 95 aziende agricole attive (3). Mentre il territorio provinciale dispone di una superficie agricola utilizzata pari a 64.700 ettari, e una superficie agricola totale pari 71.700 ettari, e conta poi 2.370 aziende agricole attive (4).
E’ però indubbio che questa vocazione è stata profondamente soffocata dalla dinamica dello sviluppo urbano e del tessuto socioeconomico milanese. La crescita delle grandi aree industriali negli anni ’60 e ’70, il loro dimensionamento nei decenni successivi, nonché la concentrazione successiva delle imprese di servizi altamente specializzate e con elevato grado di internazionalizzazione, hanno fatto in modo che molte delle cascine “storiche” venissero praticamente inglobate nel tessuto urbano periferico, al punto che oggi vi sono alcune delle cascine che sono a brevissima distanza dalle fermate periferiche della metropolitana milanese. Il caso più emblematico è rappresentato dalle cascine comunali, ovvero di proprietà del comunque di Milano (5). Alcune di esse hanno subito forti processi di degrado, ma ve ne sono diverse altre che invece sono ancora attive pur se collocate in territori altamente urbanizzati.
Il dinamismo e l’attrattività di Milano: le nuove opportunità
Alcune cascine sono state affidate dal Comune ad associazioni che svolgono attività ambientale e sociale, con importanti risultati. Ma la recente crescita dell’agriturismo sul territorio nazionale, in tutte le sue molteplici diversificazioni, la valorizzazione consolidata delle produzioni agroalimentari di alta qualità e il tentativo di recupero delle tradizioni e della storia rurale, possono offrire a queste cascine delle ulteriori potenzialità di sviluppo, nonché delle opportunità di creare anche valore aggiunto, particolarmente rilevanti nel quadro dei trend che stanno investendo l’economia milanese.
Per comprendere queste opportunità è quindi sufficiente fare innanzitutto qualche breve considerazione sul turismo milanese, che ha visto un trend di forte crescita negli ultimi anni, sia nella componente di movimento turistico domestico che straniero. Ciò è dovuto non solo alla recentissima spinta propulsiva di EXPO, ma anche alla crescita di medio-lungo periodo di segmenti turistici leisure e business, come per esempio il turismo culturale, quello fieristico, quello degli eventi, e anche di segmenti specifici come i flussi in ingresso legati ai servizi sanitari (Rete alloggi solidali, 2013). Per dare un ordine di grandezza, basti osservare che la Provincia di Milano ha ottenuto nel 2000 (sul totale delle strutture ricettive) 4.302.694 presenze domestiche e 3.461.521 presenze di turisti stranieri, per un totale complessivo di 7.764.215 presenze. Nel 2014, gli italiani erano cresciuti a 6.279.490, e gli stranieri a 7.559.966, praticamente raddoppiando le presenze complessive. E nel 2015, con l’effetto EXPO, il dato è ancora più eclatante, con rispettivamente 7.084.294 italiani e 8.766.250 stranieri (6).
Anche dal lato dell’offerta ricettiva, il settore turistico milanese è in via di forte trasformazione. La ricettività del capoluogo lombardo è sempre stata concentrata sugli alberghi, e ancora oggi oltre il 90% dei turisti si concentra su questo tipologia di alloggio. Ma vi è una forte richiesta di ricettività complementare, come dimostra la crescita fortissima dei B&B e il recente boom delle piattaforme web di sharing (Airbnb, 2016). Vi sono però ancora serie carenze nell’offerta turistica milanese nell’accogliere tutti i target di domanda. Ad esempio, solo recentemente, sulla spinta di EXPO, vi è stato instaurato un certo numero di ostelli della gioventù. E ancora, vi è un insufficiente numero di hotel per ospitalità di lunga durata destinati a coloro che devo assistere persone malate con lunghi ricoveri in ospedale.
Questi trend riguardanti il turismo si collegano quindi a un terzo rilevante fenomeno: la crescente diversificazione settoriale e funzionale dell’economia milanese (Musolino e Canti, 2015), che determina una forte diversificazione demografica, socio-economica e culturale della composizione dei residenti e dei flussi in entrata, e quindi della domanda di prodotti e servizi che insiste nell’area, compresi i servizi di ospitalità e turistici.
A questi grandi mutamenti, si accompagna un quarto trend, esploso negli ultimi anni, e strettamente legato alla filiera agro-alimentare: la rinascita e la rimodulazione del rapporto tra il mondo agricolo e la città, attraverso nuovi prodotti (es. biologico), nuovi servizi (es. fattorie didattiche, ristorazione, street food, ecc.), nuove relazioni di vendita e consumo, nuove forme distributive (filiera corta, farm market, vendita diretta nelle aziende agricole, ecc.), nella logica del principio della multifunzionalità delle aziende agricole. Un processo che investe in pieno Milano, del quale anzi il capoluogo lombardo è protagonista, con i suoi 15 farmers’ market, i suoi 9 spacci aziendali (164 nel territorio metropolitano), e i suoi circa 80 Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), limitandosi a quelli censiti (Comune di Milano, 2015).
Quale ruolo per le cascine?
In questo quadro, la disponibilità di un’ampia offerta di cascine costituisce chiaramente un grande potenziale di rilancio in una ottica di multi-funzionalizzazione e diversificazione dell’agricoltura periurbana milanese, come anche il recente workshop “New farms for EXPO”, come le sue numerose analisi, riflessioni e proposte, ha osservato e messo in evidenza (7). La presenza singolare, e per certi versi unica, di cascine attive o potenzialmente tali, ma profondamente collocate nel contesto urbano milanese, offre nuove opportunità di sviluppo sociale, ambientale ma anche di creazione del valore. In altri termini la peculiare collocazione territoriale di queste consente nuovi approcci alla multifunzionalità, e lo sviluppo dell’agriturismo può rappresentarne un fattore con grandi potenzialità. Alcune ipotesi possono essere:
- Ristrutturare e investire sulle cascine più vicine ai mezzi pubblici milanesi, come ad esempio Cascina Campazzo e Cascina San Giacomo, facendone degli agriturismi veri a propri che possono essere offerti alla clientela turistica milanese; in questo modo si potrebbe creare un valore aggiunto per il comune e, con adeguati corsi di formazione, è possibile dare nuove opportunità di lavoro per coloro che ci vivono o che possono far parte della comunità locale;
- Prendendo in considerazione alcune delle cascine più esterne, ma ancora in piena attività agricola, mirare allo sviluppo del segmento delle fattorie didattiche, cresciuto moltissimo negli ultimi anni; le scuole elementari e medie offrono un enorme mercato sotto questo profilo e data la proprietà comunale delle cascine, è possibile pensare ad un accordo specifico con il provveditorato agli studi per la formazione degli studenti;
- Alcune Cascine si trovano vicino ad ospedali di primaria importanza internazionale, come le due cascine Mulino San Gregorio e Cascina San Gregorio Vecchio, nelle quali si potrebbero integrare diverse attività, tra cui anche l’ospitalità per accompagnatori di malati di lunga degenza (8).
Queste ipotesi sono solo alcuni esempi di un più ampio ventaglio di possibilità che si possono implementare, e che devono tenere conto delle specificità di ogni cascina in termini di location sul territorio, di storia e organizzazione degli spazi, dell’attuale presenza di famiglie nelle abitazioni e dello stato delle infrastrutture. Negli ultimi anni vi sono state alcune lodevoli iniziative per la riqualificazione di alcune di esse ma il problema è che ogni bando è stato un’iniziativa a sé stante, mentre le cascine milanesi – dato il loro elevato valore storico, di conservazione della tradizione agricola, sociale e anche strettamente economico (il valore degli immobili è in molti casi notevole) – richiederebbero la predisposizione di un piano organico che tenga conto delle singole peculiarità alla luce anche della loro collocazione nello spazio urbano milanese. E, poiché la loro riqualificazione richiede spesso significativi investimenti, è importante sottolineare come questi investimenti pur avendo una valida connotazione sociale, sono anche in grado di creare valore e quindi ritorno economico, consentendo quindi un uso delle risorse pubbliche sostenibile sotto tutti i profili nel tempo.
Nicola Fabbri, CERTeT-Bocconi
Dario Musolino, CERTeT-Bocconi
Riferimenti bibliografici
Airbnb (2016), Fattore sharing: l’impatto economico di Airbnb in Italia.
Bartoli V. (2015), “L’agriturismo per lo sviluppo rurale multi-funzionale: un’analisi a livello regionale”, in EyesReg – Giornale di Scienze Regionali, Vol. 5, N. 4, Luglio, pp. 149-154.
Comune di Milano (2015), Linee di indirizzo della Food Policy di Milano 2015-2020, pubblicato sull’Albo Pretorio il 09-10-2015.
Fabbri N. (2015), “What tourism and which social activities in the Milan farms?”, presentazione al workshop “New Farms for Expo”, Cascina Corte San Giacomo, Milano, 26 Giugno.
Multiplicity Lab del DIAP – Politecnico di Milano, Coldiretti, Consorzio SIR, Slow Food, Centro Studi PIM, Comune di Milano (2009), Le cascine di Milano verso e oltre Expo 2015. Un sistema di luoghi dedicati all’agricoltura, all’alimentazione, all’abitare e alla cura del territorio, Novembre.
Musolino D., Canti F. (2015), “Diversifying for a diversified urban economy: the economic potential for the new farms of Milan”, presentazione al workshop “New Farms for Expo”, Cascina Corte San Giacomo, Milano, 25 Giugno.
Musolino D., Canti F., Pesaro G. (2015), “New Economies”, in Venturini G., Venegoni C., Re-Act. New farms for Expo, Published by New Generations, Lecco.
Rete Alloggi Solidale (2013), Indagine e valutazioni sul fenomeno della Mobilità Sanitaria verso la Regione Lombardia (www.acasalontanidacasa.it)
Sivini S. (2013), “Il comparto agrituristico italiano: un’analisi”, in Agriregionieuropa, n. 32.
Venturini G., Venegoni C. (2015), Re-Act. New Farms for Expo, Published by New Generations, Lecco.
Note
(1) L’agriturismo ha moltissime espressioni, spesso sovrapponibili tra loro: alloggio di breve e lunga durata, fattoria didattica per il turismo scolastico, spaccio di prodotti aziendali, agricampeggio, ristorazione con prodotti aziendali, assistenza nei percorsi di cicloturismo, etc.; solo per citarne alcune.
[2] Gli agriturismi sono regolati dalla una specifica legge nazionale (L. 96 del 2006), nonché dall’applicazione che ne viene fatta dalle singole leggi regionali (per la Lombardia, è la L. R. 31 del 2008, con il relativo regolamento di attuazione collegato). Per essere agriturismi occorre essere imprenditori agricoli e l’attività turistica, in quanto parte dell’attività agricola, non deve essere preponderante. Tale rapporto, nell’attività agricola è definito con criteri differenti da regione a regione. A causa di questa definizione, si sono spesso generate una serie di confusioni sul mercato, poiché spesso vi sono agriturismi che si dichiarano tali, ma senza averne la specifica autorizzazione. Questa è la ragione per cui in Provincia di Milano vi sono alcune aziende che dichiarano di essere degli agriturismi, pur senza esserlo in senso stretto, e per questa ragione non rientrano nelle classificazioni ISTAT. Si fa presente che l’attività di B&B non è un’attività agrituristica, nel senso che è una categoria di alloggio (come gli alberghi e i campeggi) che hanno criteri di definizione giudici e operativi differenti rispetto all’agriturismo, anche se vi sono delle similitudini.
(3) Fonte: Comune di Milano, 2014 (http://dati.comune.milano.it/dato/item/257).
(4) Fonte: Provincia di Milano, 2011 (http://www.cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/agricoltura/doc/Info_utenza/Opuscolo_Dati_Provvisori_Censimento_Provincia_Milano.pdf).
(5) 62 cascine (fonte: www.agricity.it).
(7) Si veda anche Venturini e Venegoni (2015), in cui sono contenuti gran parte dei risultati e delle riflessioni emersi dal Workshop. E in particolare, con riferimento ai temi della diversificazione economica e della multifunzionalità, si vedano i lavori del gruppo “New Economies”, composto da Stefano Bonvini, Anais Jeandin, Lydia Karagiannaki, Letizia Monti, Angelo Michele Pagano, Davide Paolo Tedeschi, Giulia Ricci.
[8] Molino San Gregorio è già oggetto di un progetto di riqualificazione sociale che può essere ulteriormente integrato e sviluppato con un approccio di questo genere. Dettagli sul progetto di riqualificazione si trovano sul sito http://www.molinosangregorio.it. Cascina San Gregorio Vecchio è invece sempre di proprietà pubblica, ma non comunale (è dell’Ospedale Maggiore di Milano). Attualmente è parzialmente occupata e la sua vicinanza con l’ospedale San Raffaele ne farebbe una sede ideale per la fornitura di alcuni servizi di supporto e di alloggio, che potrebbero dare ulteriore lavoro a diverse famiglie.