Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Il car sharing nelle città italiane

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di: Davide Rossi e Antonio Sileo
EyesReg, Vol.4, N.5 – Settembre 2014.

Il car sharing, alla lettera “condivisione dell’auto”, è un modello di noleggio automobilistico in cui gli utenti possono prendere a nolo un autoveicolo per lassi temporali anche molto brevi pagando solo in funzione del tempo effettivo d’impiego. Può quindi essere utilizzato da soggetti che si servono in maniera occasionale e poco regolare del veicolo. Il principio fondante del car sharing è che l’utilizzatore ottiene i benefici di un’auto privata senza i costi e le responsabilità della proprietà. Infatti le auto sono utilizzate solo al bisogno (Richard, 2003).

La storia del car sharing inizia in Svizzera nel 1948, dove viene lanciato per la prima volta a Zurigo con il nome di “Sefage” (Susann, Daniel e Conrad, 1998).

Nonostante la remota origine negli anni a seguire tale modalità di trasporto non trova particolari applicazioni e sviluppi. Questo almeno fino ai primi anni ’70, quando il programma “Proco Tip” viene lanciato in Francia, sopravvivendo per due anni.

Un programma più ambizioso, il “Witkar”, viene introdotto ad Amsterdam: un progetto sofisticato basato su piccoli ed originali veicoli elettrici a tre ruote e dispositivi elettronici per la gestione delle prenotazioni e dei resi delle auto presso le stazioni. L’iniziativa, arrivata a registrare quattromila utenti, è durata dal 1974 al 1986 (Katzev, 2003).

A partire dagli anni ’80 e fino a tutti gli anni ’90 i programmi di car sharing hanno mantenuto una crescita modesta ma stabile. Il servizio si è diffuso soprattutto in Svizzera e Germania, in scala minore anche in Svezia, Olanda, Canada e Stati Uniti, con iniziative quasi sempre locali (Barthe Shaheen, 2002). Almeno, fino al 2000, anno in cui nasce, a Cambridge nel Massachusetts, “Zipcar”, che ha progressivamente sviluppato un network locale e nazionale che nel 2013 è arrivato a contare 810.000 iscritti e 10.000 veicoli tra Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Spagna e Austria. Nello stesso anno la società viene acquistata da Avis Budget Group per circa 500 milioni di dollari.

Esistono diversi tipi di car sharing, che possiamo suddividere in due macrocategorie: a tempo e a “flusso libero”.

Lo schema di utilizzo tuttavia è comune a qualsiasi tipo di condivisione dell’auto e può essere suddiviso in quattro fasi: prenotazione dell’autoveicolo, ritiro, utilizzo e riconsegna.
Nel caso di car sharing a tempo, l’unico disponibile fino ad Agosto 2013, terminato l’utilizzo del veicolo, occorre posteggiare il mezzo presso lo stesso parcheggio del gestore da cui era stato preso in consegna o in un’altra stazione di scambio, e assicurarsi che la vettura sia pronta per l’uso del fruitore successivo.  Ciò, oltre ad ostacolare i viaggi di sola andata, limita non poco le possibilità di utilizzo, anche in ragione della relativa scarsità di automezzi disponibili. Nella fase di prenotazione è inoltre necessario indicare anche il periodo di utilizzo del veicolo, dalle ore x:y alle ore z:t; è evidente che la durata non può che essere una stima, peraltro soggetta a variazioni per cause di forza maggiore, a cominciare dai problemi di viabilità.

La rigidità del modello, se da un lato incentiva le prenotazioni anticipate (quanto prima l’auto viene prenotata, tanto maggiori sono le probabilità di trovare una vettura disponibile), dall’altro ostacola l’estensione dell’itinerario o della durata del tragitto, possibile solo nel caso in cui nessun altro utente abbia prenotato l’auto.

Nel nuovo caso del free flow, invece, non esistono parcheggi o stazioni dedicate da cui partire e a cui fare ritorno. È possibile visualizzare e prenotare un’auto attraverso internet oppure con un’app per cellulare, senza dovere indicare la durata del noleggio. L’automobile sarà prelevata dal parcheggio in cui era stata lasciata dall’utilizzatore precedente e poi (normalmente) posteggiata in un qualsiasi parcheggio ad utilizzo terminato, senza l’obbligo di riconsegnare l’auto nello stesso parcheggio del gestore da cui era stata presa in consegna o in un’altra stazione di scambio. In questo modo l’utente non è in alcun modo vincolato nel suo percorso; notevole dunque l’aumento di flessibilità del servizio. Proprio tale flessibilità rappresenta probabilmente il fattore di successo che spiega la recente e crescente diffusione dei servizi di car sharing in Italia.

Tale espansione è resa possibile dall’ampia e rapida diffusione degli smartphone, indispensabili per poter sfruttare a pieno le nuove potenzialità di info-comunicazione in tempo reale racchiuse nelle app.

Il grande successo riscontrato nella città di Milano, dove i gestori di car sharing a flusso libero sono ormai tre, ha largamente contribuito ad una sorta di effetto emulativo, che dopo Roma, ha interessato anche agglomerati più piccoli come Firenze, o addirittura non metropolitani come Rimini.

Per i policy maker, infatti, non pochi sono gli argomenti di cui farsi vanto, a cominciare dai vantaggi ambientali. Diversi, appunto, sono gli studi che attribuiscono al car sharing grandi potenzialità per una mobilità più efficiente e razionale (minor numero di veicoli pro-capite, minore domanda di spazi di parcheggio, minori costi fissi e complemento del trasporto pubblico), con una riduzione degli impatti energetici e ambientali, tenendo anche conto dei cambiamenti sui modelli di proprietà e utilizzo di veicoli (Baptista, Melo e Rolim, 2014).

Ogni auto in condivisione, infatti, sostituirebbe un numero, per la verità molto variabile, più o meno crescente, di auto private. Meno auto per le strade, meno congestione, meno inquinamento.

Tale assunto però, ad avviso di chi scrive, non può essere affatto generalizzato, in quanto davvero tante sono le differenze e le specificità tra le città, anche tra quelle di uno stesso Stato. Per esempio, molto variabile può essere il numero dei fruitori della città in essa non residenti (studenti e lavoratori fuori sede, pendolari, ecc), che non possiedono un autoveicolo, ma possono servirsi del car sharing.

Inoltre, come è facile immaginare, e come ha già scritto la German Association Car  Sharing, le due macro-categorie di utilizzo condiviso dell’auto non possono essere paragonate: i risultati degli studi sul car sharing a tempo non possono essere considerarsi validi per il car sharing a flusso libero.

È dunque ancora presto per esprimere giudizi compiuti su questa nuova modalità di spostamento; e crediamo, peraltro, che non sarà neanche agevole pronunciarsi in futuro, dato che i gestori (privati), tra loro in concorrenza, molto gelosamente (e comprensibilmente) custodiranno i dati.

Per ora possono invece registrarsi gli introiti, di certo ammontare, per i comuni, dati dal car sharing a flusso libero, poiché per ogni auto condivisa è prevista la corresponsione di un canone annuo (1.200 euro per Roma, 1.100 a Milano, 600 a Firenze), un risultato comunque non disprezzabile.

A nostro avviso, tuttavia, una prima critica, sul piano delle policies, almeno per quanto riguarda l’Italia, può già essere mossa.

Nei bandi per il car sharing a flusso libero, tutti a dir poco simili, mancano del tutto i grammi di CO2 emessi per kilometro percorso (gCO2/km), si parla solo di autoveicoli Euro V e successivi, di tutte le alimentazioni (benzina, diesel, metano, GPL) e propulsioni (anche ibridi ed elettrici, e per questi ultimi vi è il vantaggio di essere esentati dal canone annuo).

Per quanto riguarda, invece, le dimensioni delle auto è scritto che “Il 90% dei veicoli appartenenti alla flotta dedicata al servizio di car-sharing a flusso libero dovrà essere di lunghezza inferiore a 450 cm”.

Si tratta di requisiti che, ancorché minimi, non garantiscono che le automobili in condivisione abbiamo prestazioni ecologiche inferiori a quelle private, specie se nuove.

È noto infatti che in Europa il settore automobilistico deve perseguire target di contenimento delle emissioni, vincolanti e specifici. Senza addentrarci in complicazioni tecniche, ci limitiamo a ricordare che il regolamento (CE) n. 443/2009/ anche dopo le modifiche del regolamento (UE) n. 333/2014, fissa un obiettivo di 95 gCO2/km per il livello medio di emissioni per il nuovo parco auto (i veicoli di nuova immatricolazione) e determinate emissioni specifiche medie di CO2 annuali.

I gCO2/km, peraltro, sono, in fondo, solo un altro modo per esprimere i litri di carburante consumati per km percorso: a meno emissioni corrispondono minori consumi, come sanno bene anche gli esperti del marketing automobilistico.

Ciò spiega perché le auto nuove, da un anno all’altro, consumano ed emettono sempre meno. Se infatti la media ponderata delle emissioni delle auto nuove vendute in Italia nel 2012 era 126,3 gCO2/km, nel 2013 tal valore e sceso fino a 120,9, per attestarsi nel primo semestre 2014 a 118,0 gCO2/km (fonti: Agenzia europea per l’ambiente e UNRAE). Quest’ultimo valore, seppur di poco, è inferiore – già oggi – a quello di almeno uno degli autoveicoli utilizzati da uno dei gestori di car sharing free flow: un vero peccato, visto che la stessa auto può essere acquistata con una motorizzazione ben più ecologica, efficiente, innovativa ma anche più costosa che emette solo 92 g/km di CO2.

A tal proposito non può essere trascurato che alle auto del car sharing è permesso l’accesso alla zone interdette (ZTL, nella Capitale) oppure a pagamento (Area C a Milano) per gli altri veicoli. Si tratta di un incentivo non di poco conto, che dovrebbe essere concesso solo in ragione di un accertato minore impatto ambientale.

Davide Rossi e Antonio Sileo, IEFE-Università Bocconi

Riferimenti bibliografici

Barth M., Shaheen S. (2002), Shared-Use Vehicle Systems: A Framework for Classifying Car sharing, Station Cars, and Combined Approaches, in Transportation Research Record: Journal of the Transportation Research Board, Vol. 1791, pp. 105-112, January.

Katzev R. (2003), Car Sharing: A New Approach to Urban Transportation Problems, in Analyses of social issues and public policy, Vol. 3, issue 1, pp. 65-86, December.

Shaheen S. (1999), Dynamics in Behavioral Adaptation to a Transportation Innovation: A Case Study of Car Link-A Smart Car sharing System, UCD-ITS-RR-99-16, in Institute of Transportation Studies, University of California, Davis.

Shaheen S., Sperling D., Wagner C. (1998), Car sharing in Eurpoe and North American: Past, Present and Future, in Transportation Quarterly, Vol. 52, No. 3 (Summer).

Baptista P., Melo S., Rolim C. (2014), Transportation: Can we do more with less resources?, in 16th Meeting of the Euro Working Group on Transportation – Porto 2013.

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