di: Francesco Vidoli
EyesReg, Vol.4, N.5 – Settembre 2014.
Nell’ultimo decennio la crisi economico-finanziaria, i cambiamenti dei paradigmi di produzione insieme ad un faticoso consolidamento dell’Unione Monetaria Europea hanno obbligato gli Stati membri da un lato a rafforzare le politiche fiscali con particolare riguardo ai trasferimenti locali, dall’altro ad acuire le tendenze verso un maggiore decentramento fiscale ed amministrativo.
L’esigenza di soddisfare vincoli monetari legati al patto di stabilità e crescita ha imposto una maggiore enfasi sulla necessità di un controllo rigoroso delle finanze pubbliche in ambito UE, avendo, di converso, un “profondo impatto sulle Amministrazioni locali e regionali e sulla loro capacità di fornire servizi pubblici adeguati” (cfr. Bloomfield, 2006).
Il focus dei sistemi pubblici di contabilità nazionale si è, dunque, spostato sulla necessità, nel breve e nel medio lungo termine, di implementare sistemi di controllo della spesa pubblica stabili, flessibili e proattivi sia a livello centrale, ma soprattutto a livello locale.
Tenuto conto di tale contesto la sfida è costruire sistemi perequativi e di controllo che permettano di mantenere, per quanto possibile, inalterati i livelli del servizio pubblico minimizzando le spese causate da inefficienze, incorretta allocazione dei fattori produttivi o disallineamenti cronici nel dimensionamento ottimale delle Amministrazioni locali.
La valutazione dei fabbisogni di spesa dei governi locali è il cuore di ogni sistema intergovernativo di perequazione fiscale che miri ad eliminare le differenze nei costi di fornitura dei servizi pubblici locali. Sebbene tale perequazione fiscale assorba in media solo il 5% del totale della spesa pubblica nei paesi OECD, essa rappresenta il fondamento delle relazioni fiscali tra differenti livelli di governo.
La perequazione, in ultima istanza, può essere vista come il complemento naturale del decentramento fiscale in quanto “mira a correggere eventuali squilibri derivanti dall’autonomia sub-centrale” (cfr. Blöchliger et al., 2007). Senza la perequazione fiscale, il decentramento non potrebbe esistere.
La costruzione di un sistema basato su metodi quantitativi che valuti contemporaneamente i fabbisogni di spesa locali ed i livelli del servizio standard rappresenta un metodo innovativo in quanto in letteratura i principali documenti di ricerca (cfr. Reschovsky 2007, Dafflon & Mischler, 2008) focalizzano la loro attenzione esclusivamente sul lato finanziario del problema, non prendendo in considerazione lo stretto legame che esiste tra i livelli standard di spesa e i livelli dei servizi.
E’ importante sottolineare che senza considerare il livello standard dei servizi che gli enti locali devono fornire in relazione al loro livello standard di spesa, l’intero processo intergovernativo di perequazione fiscale non può raggiungere il suo obiettivo finale: la produzione di servizi locali che garantiscano un livello medio di benessere a tutti i cittadini indipendentemente dalle caratteristiche socio-economiche della giurisdizione in cui essi vivono.
La determinazione della spesa e del livello del servizio standard viene spesso vista come un problema politico o come scelta legata a criteri soggettivi.
La presente proposta mira a contrastare questa visione, fonte di ritardi ed arbitrarietà dei molti soggetti decisionali, ed è molto attuale in Italia, in quanto a partire dal 2009 è iniziato un deciso percorso di autonomia per gli Enti Locali – negli ultimi due anni parzialmente frenato – legato anche ad un cambiamento fondamentale nei criteri di finanziamento dei servizi pubblici locali.
La legge sul federalismo fiscale (legge n ° 42 del 5 maggio 2009), infatti, e le successive disposizioni attuate per la determinazione dei fabbisogni standard per gli Enti Locali (Comuni, Province e Città metropolitane), emanate con Decreto Legislativo n 216 del 26 novembre 2010, hanno permesso all’Italia di modernizzare le relazioni finanziarie intergovernative e di poter rendere in prospettiva efficienti i costi delle autorità locali.
Tale riforma, inoltre, si è legata ad una necessità contingente causata dagli squilibri strutturali delle finanze pubbliche (soprattutto a livello di spesa locale di parte corrente, si veda la figura 1): quella di “riqualificare” la spesa locale, con l’obiettivo di eliminare i fattori di squilibrio e di ottenere una maggiore efficienza anche da un punto di vista territoriale.
Nel 2012 il Decreto Legislativo n.95 (denominato “spending review“), ha sottolineato la necessità di adottare nel breve termine “disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini“. Ciò nondimeno il livello del servizio non è mai stato preso in considerazione nella determinazione dei criteri per la revisione della spesa.
Figura 1. Amministrazioni centrali e locali- spese in conto corrente e capitale per anno, Anni 1990-2010, Fonte: ISTAT
L’autore, quindi, propone un modello statistico ed economico di stima della spesa standard, dell’efficienza tecnica ed allocativa e del livello medio o efficiente delle prestazioni, le cui principali caratteristiche sono illustrate in figura 2 [1].
Figura 2. Il modello logico di stima dei fabbisogni standard di spesa e del livello essenziale dei servizi delle Amministrazioni locali
Un primo approccio al modello può essere ottenuto con la lettura della figura 2 in senso antiorario; nel quadrante 1 la spesa dell’ente locale, funzione dei fattori di domanda e di offerta del territorio, viene stimata tramite un approccio di tipo regressivo sui livelli medi (Regression base Cost Approach o Representative Expenditure System) o sui livelli minimi in modo da ricavare rispettivamente la stima del fabbisogno standard o minimo.
Una volta ottenuta la stima standard tale fabbisogno è utilizzato nel quadrante 2 per stimare il livello di input compatibile con tale spesa standard, livello ottimo, quindi, da un punto di vista allocativo.
Successivamente, utilizzando le informazioni riguardanti l’input stimato è possibile confrontare (quadrante 3) tale livello rispetto all’output prodotto analizzando la frontiera di produzione del servizio pubblico. La quantità di output sulla frontiera relativa all’input compatibile con la spesa standard restituisce quindi la misura del livello standard efficiente da un punto di vista produttivo e di spesa.
In ogni quadrante le quantità storiche (linea tratteggiata rossa) potranno inoltre essere confrontate con le quantità stimate (linea tratteggiata verde) fornendo un utile strumento di gestione e di controllo.
Naturalmente è anche possibile leggere lo schema del modello in senso inverso, ricavando la spesa da finanziare solo dopo aver fissato un livello essenziale delle prestazioni; è infatti possibile ricavare il livello di servizio desiderato da erogare – medio o minimo – tenendo conto dei fattori di domanda e di offerta locali (quadrante 4), e, partendo da tali livelli di output, ricavare i corrispondenti livelli di input (quadrante 3) per poi tradurre tali quantità in spesa da finanziare (quadrante 2).
In figura 3 si riporta la stima del modello relativa ai dati delle Local British Authorities per l’anno 2008 evidenziando in particolare (in verde) la spesa ed i livelli di input e di output di un sobborgo di Londra (Lewisham) rispetto ai relativi standard stimati (in rosso). In particolare si noti come tale unità locale spenda più dello standard (1 quadrante), allochi la sua spesa in modo non ottimale (2 quadrante) e con gli input impiegati non produca un output ottimo (3 quadrante). Tale evidenze portano quindi a considerare lo schema proposto come uno strumento intuitivo ed efficace per comprendere ex-post il comportamento degli Enti Locali disentangle le inefficienze di spese dovute a spesa storica inadeguata, inefficienza allocativa (rispetto quindi agli input) e non corrispondenza tra un livello del servizio fornito ed uno ottimale. Ex-ante, parimenti, tale schema può essere utilizzato per disegnare un modello di finanziamento virtuoso in termini di spesa e livello del servizio erogato.
Figura 3. Spesa, input, output e livelli di domanda e di offerta – funzioni stimate per il caso Inglese
La costruzione di un sistema di stima quantitativo deve comunque sempre poggiare su basi statistiche solide ed affidabili allo scopo di ottenere stime robuste. In particolare per la concreta applicazione del modello economico proposto sono essenzialmente due le sfide che si pongono dinanzi al ricercatore: la prima è quella di stimare in modo corretto la funzione di spesa (primo quadrante) dato che tale stima può essere fatta sul breve periodo (ovvero sui dati medi), nel medio (tramite ad esempio a modelli regressivi quantilici) o al fine di ottenere benchmark di lungo periodo tramite modelli di frontiera parametrici (del tipo ad esempio Stochastic frontier analysis ,SFA), non parametrici (Data Envelopment Analysis, partial order-m frontiers o si veda ad esempio la proposta in Vidoli, 2011) o semi parametrici (Stochastic semi-Nonparametric Envelopment of Data (StoNED) o Vidoli e Ferrara, 2014b) tenendo il più possibile conto dei fattori ambientali e spaziali (Fusco e Vidoli, 2013).
La seconda sfida riguarda l’utilizzo di tecniche di costruzioni degli indicatori compositi (specialmente per la stima del 3 e 4 quadrante) che siano sia non compensativi (ovvero che non portino alla costruzione di “valori medi” tra gli Enti Locali) sia robusti ovvero non influenzabili da valori anomali o da situazioni particolari (si veda in particolare Vidoli et al., 2014a).
Per la descrizione delle tecniche statistiche sviluppate per risolvere in modo robusto ed econometricamente corretto il modello proposto, si rimanda a Vidoli (2013) in quanto tale trattazione esula dallo scopo del presente articolo [2].
Prendendo esempio da questa esperienza, è dunque possibile (e non solo auspicabile) per il decisore politico in Italia affrontare finalmente la questione del finanziamento degli Enti Locali in modo nuovo: (i) più trasparente, ovvero basato su modelli e criteri oggettivi, (ii) prendendo in considerazione il livello del servizio fornito senza ricorrere a tagli lineari di spesa che penalizzino gli Enti che producono un buon livello del servizio ed in modo (iii) coerente nel tempo, ovvero realizzando un sistema di valutazione che duri negli anni e che sia al servizio dell’Amministrazione e dei cittadini stessi.
Francesco Vidoli, Dipartimento Scienze Politiche, Università Roma Tre
Riferimenti bibliografici
Bloomfield J. (2006), Controlling, cajoling or co-operating?, Tech. rept. Council of European Municipalities and Regions, Brussels.
Blochliger H., Merk O., Charbit C., Mizell L. (2007), Fiscal equalization in oecd countries, Tech. rept. OECD network on fiscal relations across levels of government, Working paper, n. 4.
Dafflon B., Mischler P. (2008), Expenditure Needs Equalization at the Local Level: Methods and Practice, in J. Kim and J. Lotz (eds), Measuring Local Government Expenditure Needs, Korea Institute of Public Finance, Seoul, and Danish Ministry of Social Welfare, Copenhagen, Proceedings of the Copenhagen Workshop 2007, pp. 213-240.
Fusco E. and Vidoli F. (2013) Spatial Stochastic Frontier models: controlling spatial global and local heterogeneity, International Review of Applied Economics, Volume 27, Issue 5, pp. 679 – 694.
Reschovsky A. (2007), Compensating Local Governments for Differences in Expenditure Needs in a Horizontal Fiscal Equalization Program in Boadway R., Shah A. (eds), Intergovernmental fiscal transfers: principles and practice, Public Sector Governance and Accountability Series, The World Bank, Washington D.C, pp. 397-424.
Vidoli F. (2011) Evaluating the water sector in Italy through a two stage method using the conditional robust nonparametric frontier and multivariate adaptive regression splines, European Journal of Operational Research, Volume 212, Issue 3, pp. 583-595.
Vidoli F. (2013), A comprehensive model for the evaluation of the local governments’ expenditure needs and the essential level of local services, Tesi di dottorato in “Analisi economica, matematica e statistica dei fenomeni sociali”, Università di Roma La Sapienza, XXV Ciclo, http://padis.uniroma1.it/handle/10805/2054.
Vidoli F., Fusco E., Mazziotta C. (2014a) Non-compensability in composite indicators: a robust directional frontier method, Social Indicators Research, Springer Netherlands, http://dx.doi.org/10.1007/s11205-014-0710-y.
Vidoli F., Ferrara G. (2014b) Analyzing Italian citrus sector by semi-nonparametric frontier efficiency models, Empirical economics, Springer, accepted for publication.
[1] Per la descrizione delle tecniche statistiche sviluppate per risolvere in modo robusto ed econometricamente corretto il modello proposto, si rimanda a Vidoli (2013).
[2] Le opinioni espresse ed il progetto di ricerca sono da attribuire esclusivamente all’autore e non coinvolgono la relativa istituzione di appartenenza