Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Contrattazione di 2° livello, produttività e welfare aziendale: l’Italia e il Mezzogiorno

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di: Rocco Vincenzo Santandrea

EyesReg, Vol.4, N.1 – Gennaio 2014.

La crisi della produttività italiana viene da lontano, da almeno un ventennio: il periodo di profonda recessione degli ultimi cinque-sei anni ha solo confermato e aggravato questa tendenza di lungo periodo (1). In un recente rapporto l’OCSE (2013) sottolinea come l’Italia evidenzi un ampliamento del gap in termini di produttività per ora lavorata nei confronti della media della metà dei Paesi OCSE con i più elevati valori, nel corso dell’ultimo ventennio, facendo registrare nel 2011 una differenza percentuale del 21%. L’aspetto interessante è che questo gap di produttività aumenta in modo significativo nel decennio tra il 1996 e il 2007, alla vigilia della crisi.

Fig. 1 – Gap della produttività in Italia rispetto alla media della metà dei Paesi OCSE (17) con i più elevati valori di produttività* 

Fonte: OCSE 2013; *PIL per ora lavorata (a PPP costanti 2005).

Mentre per tutti gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso il sistema economico italiano ha mantenuto i livelli di competitività attraverso ripetute “svalutazioni competitive”, consentite dalla possibilità di fluttuazione dei cambi; a partire dal 1993, con l’accordo trilaterale Sindacati, Confindustria e Governo Ciampi del 23 luglio si delineò un nuovo percorso di politica dei redditi e dell’occupazione, degli assetti contrattuali e delle politiche del lavoro.

L’accordo prevedeva due livelli di contrattazione: contratto nazionale e contratto decentrato, assegnando al primo il ruolo di proteggere il potere di acquisto delle retribuzioni attraverso il meccanismo della “inflazione programmata” e al secondo il ruolo di incentivare la produttività aziendale e di ridistribuirne i guadagni (aumento delle retribuzioni reali). Il primo viene applicato rigorosamente, il secondo trova una scarsa diffusione a scapito dell’aumento della produttività e dei salari reali.

Dal 1996 inizia il percorso di adesione dell’Italia al sistema della moneta unica, che non consente più di operare con politiche di svalutazione competitiva, mentre viene perseguita la via della moderazione salariale e dell’incentivazione delle condizioni di flessibilità del lavoro, con effetti trascurabili sulla dinamica della produttività e dei salari reali.

Significative innovazioni si sono venute a configurare nella nuova stagione negoziale degli ultimi anni, che ha coinciso, forse non in modo causale, con il periodo di una profonda e lunga crisi finanziaria, economica, del lavoro e degli strumenti di protezione sociale del lavoro, con l’obiettivo di incrementare produttività e salari reali.

Salari e produttività

Per favorire maggiori aumenti retributivi in funzione della produttività, negli ultimi anni si sono sviluppate normative e politiche pubbliche di sostegno in termini di agevolazioni fiscali e contributivi, come forma di sostegno concreto alla contrattazione di secondo livello (territoriale, distrettuale, aziendale).

L’applicazione della retribuzione di produttività può basarsi su due modelli. Il modello orientato al risultato ottenuto (maggiormente applicato) si basa sostanzialmente sul passato della storia aziendale, mentre il modello orientato alla promozione del risultato (ancora scarsamente applicato) introduce meccanismi endogeni capaci di anticipare i cambiamenti negli assetti produttivi derivanti dalle turbolenze economiche e dai nuovi paradigmi tecnologici. Indubbiamente, il secondo modello, richiede una maggiore condivisione e cooperazione tra i diversi soggetti che compongono l’organizzazione produttiva e delle risorse umane dell’impresa, essendo a forte intensità di fiducia reciproca.

Sul piano operativo, per quanto riguarda la relazione tra retribuzione di produttività incentivata e aumenti di produttività aziendale, una misura importante introdotta riguarda la detassazione dei premi di produttività: il 2013 rappresenta il sesto anno di applicazione, fu introdotta per la prima volta con la L. 126/2008. Il premio di produttività ha un sostegno pubblico sia in termini di agevolazioni fiscali, con la detassazione di una quota della parte variabile della retribuzione, sia in termini di agevolazioni contributive, incidendo positivamente sulla riduzione del cuneo contributivo. Si tratta di una quota ancora molto contenuta rispetto alla retribuzione complessiva in Italia (intorno al 6-8%) in confronto all’Europa (7-12%) e soprattutto agli Stati Uniti (25-40%) (Lucifora, Origo, 2012).

La discussione sugli effetti della contrattazione di secondo livello in termini di incremento della produttività e dei salari reali sia in ambito europeo che nazionale è aperto. Tuttavia, diversi elementi di riflessione possono essere evidenziati

Un primo elemento riguarda i risultati derivanti dalle applicazioni dei contratti rispetto a diverse variabili quali: gli andamenti della produttività settoriale e di impresa; la dimensione delle imprese, le diverse tipologie di raggruppamenti di impresa, i territori di localizzazione delle imprese. Diverse indagini condotte dalla Banca d’Italia evidenziano da un lato la scarsa diffusione della contrattazione aziendale (7,6% di imprese industriali con almeno 20 addetti nel Mezzogiorno con una copertura del 17,6% degli addetti, contro il 27% delle imprese industriali e il 53,6% degli addetti nel Centro-Nord), dall’altro la crescita negli anni più recenti del peso delle voci retributive fissate in azienda sul salario totale. Inoltre, questa differente situazione e dinamica incide sull’aumento dei differenziali retributivi tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese (Banca d’Italia, 2013)

Un secondo punto riguarda l’analisi delle retribuzioni orarie che evidenzia una differenziazione in termini sia settoriali sia territoriali. Sotto il profilo settoriale, comparando l’economia nel suo complesso e l’industria (comprendendo l’industria manifatturiera, energetico-estrattiva e le costruzioni), si osserva come la retribuzione media oraria per il totale dell’economia sia nettamente superiore a quella che si rileva nell’industria: a livello medio nazionale vi è una differenza di 1,35 euro/ora; le differenze maggiori si riscontrano nelle ripartizioni Isole e Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria).

Inoltre, mentre le retribuzioni orarie per il totale dell’economia risultano più equilibrate tra le ripartizioni territoriali, quelle dell’industria evidenziano un divario più ampio tra il massimo e il minimo; le ripartizioni territoriali Isole e Sud rilevano i più bassi valori medi nell’industria.

 

Tab. 1 – Retribuzione per ora retribuita – 2010 – Euro


Fonte: ISTAT, Struttura delle retribuzioni, 2013

Sotto il profilo dinamico si può osservare come nel quadriennio 2006-2010 (gli ultimi dati disponibili) l’industria rilevi una dinamica di crescita delle retribuzioni orarie nettamente superiore a quella che si verifica per il totale dell’economia; tale dinamicità è riscontrabile in tutte le ripartizioni territoriali.

Inoltre, mentre per le ripartizioni Sud e Isole si rilevano andamenti negativi e prossimi allo zero per il totale dell’economia, per l’industria si rilevano incrementi positivi intorno a circa il 12% nel periodo considerato.

Questo diverso andamento tra totale economia e settore industriale nella retribuzione oraria può essere attribuita al differente profilo della dinamica della produttività (maggiore nell’industria rispetto al totale dell’economia) solo per le ripartizioni Nord-Ovest e Nord-Est; per le altre tre ripartizioni l’aumento delle retribuzioni orarie tra industria e totale economia non sembra riflettere le variazioni delle rispettive produttività.

Un terzo punto riguarda i tempi, l’ampiezza e la regolamentazione delle deroghe tra Contrattazione Collettiva Nazionale e Contrattazione di secondo livello, soprattutto con la introduzione normativa della contrattazione di prossimità. Le questioni sono molto complesse in quanto investono l’area dei diritti del lavoro e delle loro fonti. Tuttavia, è significativo che alcune applicazioni contrattuali di prossimità hanno consentito di risolvere difficili situazioni di crisi aziendale o rinnovare percorsi di sviluppo di impresa: sono i casi, ad esempio, della Golden Lady Group, dell’IFOA, dell’ENAIP Veneto, InfoCert S.P.A.

 

Welfare aziendale e produttività

Non tutto il lavoro viene retribuito e non tutto il lavoro è retribuzione. Questa affermazione, che può sembrare paradossale, trova una spiegazione nei modelli che considerano il contratto di lavoro come parziale scambio di dono “labor contracts are partial gift exchanges” (Akerlof, 1982, p. 567) tra lavoratore e impresa. Il modello cerca di spiegare perché a fronte della disoccupazione involontaria presente sul mercato del lavoro, le imprese non riducono il salario ad un livello di efficienza che riporti in equilibrio il mercato del lavoro. La motivazione alla base del modello è che le imprese preferiscono remunerare di più il lavoratore rispetto al salario di equilibrio del mercato poiché così facendo si attendono un di più in termini di lavoro, di attenzione, di sforzo da parte del lavoratore rispetto a quello che avrebbero ottenuto con un lavoro equivalente al salario di equilibrio nel mercato. Tale processo ha effetti positivi sulla produttività dell’impresa.

Questo di più si può configura anche in forme integrative alla retribuzione monetaria di produttività quale il welfare aziendale, che sempre di più è oggetto sia della contrattazione nazionale che della contrattazione di secondo livello territoriale, distrettuale e aziendale.

Nel welfare aziendale rientra un’ampia categoria di beni e servizi: dai servizi socio assistenziali, ai servizi per il benessere dei dipendenti e dei loro familiari, ai servizi di previdenza integrativa, ai servizi di conciliazione vita familiare-vita lavorativa, ad altre tipologie di servizi.

La crescita del welfare aziendale di natura negoziale costituisce un fattore rilevante oltre che degli incrementi di produttività aziendale, anche dello sviluppo locale.

L’applicazione delle misure di welfare aziendale negoziate tra l’impresa e i sindacati dei lavoratori può contribuire ad ampliare situazioni di diseguaglianza nell’accesso ai servizi di welfare tra le diverse componenti all’interno dello stesso mondo del lavoro alle dipendenze, tra imprese grandi, piccole e micro, tra i lavoratori alle dipendenze e i lavoratori autonomi, tra aree territoriali del Paese.

Sotto il profilo territoriale, secondo i dati dell’Osservatorio sulla contrattazione di 2° livello (CISL, 2012), fatto 100 il numero di contratti di secondo livello registrati nella banca dati nel periodo 2009-2012, più della metà di tali contratti risultano stipulati nella ripartizione Nord (54%), nella ripartizione Centro sono il 27%, mentre appena il 9% dei contratti stipulati riguarda le ripartizioni Sud e Isole. Il restante 10% riguarda contratti di gruppo validi sull’intero territorio nazionale.

Per contrastare tale rischio sembra opportuno, anzitutto aumentare la diffusione tra le imprese della contrattazione di secondo livello in merito alle misure di welfare aziendale, soprattutto tra le piccole imprese e nel Mezzogiorno.

In secondo luogo, date le difficoltà applicative delle azioni di welfare aziendale da parte delle piccole e micro imprese, è necessario promuovere presso tali tipologie di imprese percorsi di contrattazione decentrata di natura territoriale e distrettuale, attualmente ancora poco utilizzati.

Questo percorso promozionale della contrattazione di secondo livello può essere sostenuto attraverso forme incentivanti da parte delle Regioni, soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno.

Rocco Vincenzo Santandrea, IPRES, Bari 

Riferimenti bibliografici

Akerlof G.A (1982), Labor contract as partial gift exchange, Quarterly Journal of Economics, Vol. 97, n. 4, 543-569.

Banca d’Italia (2013), L’industria meridionale e la crisi, in Questioni di Economia e Finanza, Occasional Paper, n. 104.

CISL (2012), 1° Rapporto sulla contrattazione di secondo livello, Dipartimento Industria CISL.

Lucifora C., Origo F. (2012) Accordo sulla produttività: istruzioni per l’uso, lavoce.info, 7 Luglio.

OCSE (2013), Economic Policy Reforms 2013: Going for Growth, Paris.

Santandrea R.V. (2012), Retribuzione, produttività e contrattazione di secondo livello e welfare locale, in IPRES, Puglia in cifre 2012, 242-276, Cacucci, Bari.

Santandrea R.V. (2013), Contrattazione di secondo livello, retribuzione e welfare aziendale, in IPRES, Progetto APR-Rapporto finale, 63-118, Cacucci, Bari.

Note

(1) Il presente contributo riprende e sviluppa le riflessioni maturate dall’autore in precedenti contributi. In particolare: Santandrea, 2012 e 2013.

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