Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Le reti d’impresa come strumento di politica industriale per lo sviluppo economico territoriale

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di: Domenico Mauriello

EyesReg, Vol.3, N.3 – Maggio 2013.

Il 2012 si è chiuso con circa 600 Contratti di rete e oltre 3.000 imprese coinvolte in questa nuova formula di aggregazione. Un fenomeno che ha mostrato una continua e rapida crescita in due anni e mezzo dal suo avvio, a conferma della validità di tale strumento di politica industriale: moderno perché in grado di rispondere alle attuali esigenze di riposizionamento competitivo del sistema produttivo italiano ma, allo stesso tempo, direttamente ricollegabile alle tradizionali relazioni di collaborazione proprie dei nostri distretti industriali.

Le motivazioni strategiche che hanno spinto tante piccole e medie imprese a percorrere questa strada sono numerose, ma tutte frutto della volontà di avviare collaborazioni su programmi condivisi, monitorabili e verificabili: innovare, puntare sulla sostenibilità ambientale, ampliare o intercettare una nuova domanda, aprirsi ai mercati esteri, razionalizzare e rendere più efficienti i processi, migliorare la logistica. Tutto ciò grazie alla possibilità di mettere a fattor comune informazioni, competenze e know-how, pur mantenendo, al contempo, l’autonomia imprenditoriale, elemento ‘culturalmente’ ancora fondamentale per le nostre PMI. Ma non solo: più che semplici ‘sommatorie’ dei singoli apporti di ciascuna impresa, le reti dimostrano di poter diventare vere e proprie piattaforme per lo sviluppo di ulteriori contenuti (basti pensare alle opportunità legate all’e-business) o di particolari posizioni più favorevoli (ad esempio, nei rapporti con il sistema bancario).

L’elevata e diffusa attenzione che il tessuto produttivo sta mostrando nei confronti di tale strumento spinge tuttavia a riflettere sul suo carattere strategico, sulle modalità per renderlo sempre più rispondente alle esigenze delle imprese, sull’opportunità di migliorare le norme esistenti, sul ruolo che il sistema delle Camere di commercio, in partnership con altri attori del territorio (in primo luogo le associazioni di categoria), può giocare nella promozione e nella gestione di questo strumento. Oggi la priorità non è più soltanto favorire la diffusione dei Contratti di rete ma sostenere la loro qualificazione, a partire dalle formule di aggregazione già presenti e maggiormente diffuse, ovvero le reti di produzione lungo le filiere di subfornitura. Ma non solo. Nello scenario attuale, a queste bisogna affiancare lo sviluppo delle reti della conoscenza e del trasferimento di tecnologia, come pure di quelle che puntano sulla sperimentazione congiunta di innovazioni di processo o di prodotto, sul miglioramento delle strategie di comunicazione&branding, sul rafforzamento della presenza all’estero attraverso la piena valorizzazione dei saperi e delle tradizioni produttive dei nostri territori. Si pensi, ad esempio, alle opportunità offerte dal rafforzamento delle filiere dell’industria culturale, una dimensione della quale sono espressione, secondo una ricerca Unioncamere, più di 443mila imprese che vanno da quelle dell’information-technology a quelle del Made in Italy, passando per l’artigianato e le performing arts: imprese collocate in settori apparentemente distanti ma tutte ‘figlie’ delle tradizioni produttive tipiche del nostro Paese e fortemente riconosciute all’estero.

Il rafforzamento di reti intersettoriali come quelle nate nella sfera dell’economia della cultura dimostrano che è possibile unire alla complementarietà delle competenze settoriali i positivi effetti delle economie di scala, andando quindi al di là del modello tipico delle catene di subfornitura o dei consorzi acquisti, finalizzato al raggiungimento di maggiore ‘massa critica’ ed efficienza aziendale. In questa direzione, una opportunità nuova, che molte imprese tendono già a cogliere, è quella della green economy, non solo attraverso lo sviluppo delle rinnovabili e l’efficientamento energetico ma soprattutto puntando alla ‘riconversione verde’ dell’offerta di beni e servizi. Conseguendo, proprio grazie al Contratto di rete, quelle economie di scala spesso indispensabili per tali tipologie di investimento e che, invece, la piccola dimensione in sé non permette di raggiungere. Secondo la ricerca Unioncamere-Fondazione Symbola “GreenItaly 2012”, a metà settembre dello scorso anno erano quasi 90 i contratti di rete ‘green’, nati sotto la spinta di innovare processi e prodotti in chiave eco-sostenibile applicando tecnologie a maggior risparmio energetico o a minor impatto ambientale. Un connubio virtuoso di tecnologia e sostenibilità rispetto al quale si potrebbe prevedere, in futuro, l’introduzione di meccanismi di ‘premialità’ per queste tipologie di rete.

In tema di innovazione, sviluppare le reti significa anche ridurre il “time to market”, consentendo a un’idea di realizzarsi concretamente e raggiungere il mercato prima che diventi superata. In questa direzione, acquisirebbe una valenza strategica riuscire ad inserire le reti di impresa nella programmazione comunitaria 2014-2020, in modo da fare leva sui fondi europei disponibili nel campo della ricerca e dell’innovazione.

Sul versante dell’organizzazione e della governance delle reti, ampi spazi sembrano ancora esistere per lo sviluppo di reti ‘lunghe’ e ‘plurilaterali’, ossia composte da un maggior numero di soggetti e caratterizzate da un più ampio raggio geografico d’azione. Affinché il territorio sia sempre più lo snodo di partenza di una rete e non il punto di arrivo, occorre infatti favorire lo sviluppo di reti che coinvolgano soggetti appartenenti ad aree diverse, in grado di apportare competenze differenti e complementari. Una strategia che potrebbe certamente favorire anche il processo di convergenza economico-territoriale, permettendo alle aree più in ritardo di tessere ‘trame’ di relazioni imprenditoriali con centri di eccellenza produttiva e innovativa nel resto del Paese. In questa direttrice, ben si inserirebbe la scelta di puntare sullo sviluppo di “reti di reti” e persino su reti transeuropee, così da consentire alle PMI maggiori vantaggi in termini di accesso ai mercati internazionali. Un obiettivo che non può prescindere da precise direttive, a livello comunitario, sui comuni principi alla base della disciplina del contratto di rete, del suo mutuo riconoscimento tra Paesi membri, così come sulla sua regolazione. Solo così possono efficacemente avviarsi tutte le policy europee di sostegno a questo strumento, ponendo le reti di impresa sullo stesso piano dei cluster territoriali all’interno dei programmi comunitari.

I prossimi mesi rappresentano un banco di prova decisivo per lo strumento del Contratto di rete. A partire dalle nostre imprese. È il momento che tutto il sistema imprenditoriale acquisisca la consapevolezza dei vantaggi legati al contratto di rete, per essere in grado di poterlo utilizzare al meglio: non avendo come fine l’agevolazione, ma intendendolo – sulla scia delle migliaia di imprese che già lo hanno attivato – come strumento per lo sviluppo di un’ulteriore progettualità comune nel campo dell’innovazione, della sostenibilità, dell’internazionalizzazione. In questo senso, sarà fondamentale potenziare al massimo i servizi di sensibilizzazione e di assistenza tecnica a favore di questo strumento. Un’assistenza che deve svilupparsi secondo network capillari ‘di prossimità’, facendo leva sullo sforzo di tutti gli attori dello sviluppo locale (a partire dalle Camere di commercio e dalle associazioni imprenditoriali, in stretta collaborazione con il mondo delle professioni), mossi dall’obiettivo di promuovere le reti, offrire know-how specialistico per avviare e gestire le dinamiche di aggregazione tra imprese, gestire risorse finanziarie per progetti di fattibilità del progetto industriale di rete.

Un modello che ben si presta all’azione delle Camere di commercio, luoghi di democrazia economica, di progettazione istituzionale e di coesione, presenti ‘sul territorio per il territorio’, perché nate per stare al fianco proprio delle imprese, con il compito di rappresentarle, sostenerle, accompagnarle verso i percorsi di crescita più solidi. Per questo, sin da subito il Sistema camerale si è mosso, in modo coordinato insieme ad altri attori istituzionali, per rendere i Contratti di rete uno strumento concreto di politica industriale. Già nel 2010, Unioncamere ha siglato un accordo con il Ministero dello Sviluppo Economico con l’obiettivo di promuovere e attivare lo strumento delle reti di impresa. Sempre guidata dallo stesso principio e secondo una logica improntata a un’azione di sistema, Unioncamere ha stipulato specifici Protocolli d’intesa con varie associazioni di categoria, quali RetImpresa, Alleanza delle Cooperative Italiane, Confapi e R.ETE Imprese Italia. L’obiettivo prioritario, in tutti i casi, è stato quello di diffondere la ‘cultura delle reti di impresa’ attraverso l’informazione, la formazione e la realizzazione di specifiche attività di assistenza tecnica dirette a valutare la pre-fattibilità del progetto imprenditoriale di Contratto di rete, prevedendo in alcuni casi anche la promozione di “incubatori” dai quali far nascere nuove reti. Un impegno che si è poi voluto rinnovare attraverso un nuovo Accordo di programma tra Unioncamere e Ministero dello Sviluppo Economico per il biennio 2012-2013.

Qualsiasi futuro intervento a favore dei contratti di rete dovrà però essere realizzato affinché sia sempre più uno strumento ‘a misura di impresa’, portando al minimo la dose di ‘burocrazia’. Proprio in merito a quest’ultimo aspetto, sarebbe necessario estendere ai contratti di rete i vantaggi della semplificazione amministrativa in termini di avvio di nuove attività, in materia urbanistica, nella rendicontazione degli incentivi e per i sistemi di certificazione.

Quest’anno il contratto di rete rischia di perdere la spinta incentivante degli sgravi fiscali, visto che il tetto dei 48 milioni stabiliti nel 2010 risulta ampiamente superato dai contratti di rete in essere, senza considerare che la durata di applicazione è terminata. Ai fini dell’obiettivo di un serio e strutturale ispessimento delle reti appare necessaria una prosecuzione dell’incentivazione fiscale, con un parallelo innalzamento del limite massimo di esenzione del reddito previsto per ciascuna impresa nel caso di progetti riguardanti temi strategici per la nostra competitività, come la sostenibilità ambientale o il rafforzamento della presenza commerciale all’estero. Con questi obiettivi, le reti possono senz’altro rappresentare un’opzione credibile per ridare fiato alla nostra economia: perché vi si innesta quel ‘di più di strategia’ che serve alle imprese del Made in Italy per mantenere la loro leadership sullo scenario internazionale, in attuazione di quel principio di “promozione dell’aggregazione nel sistema produttivo attraverso il sostegno dei distretti e delle reti di imprese” alla base dello stesso Statuto delle imprese.

Domenico Mauriello, Responsabile Centro Studi Unioncamere

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